Limes, 1 marzo 2015
Raqqa, L’Is tra sharia e affari
1. KALLINIKOS: È QUESTO IL NOME CON cui era conosciuta nel III secolo a.C. la città di Raqqa, nel nord della Siria, dal nome del suo fondatore, il re seleucide Seleuco II Callinico. Dopo essere diventata un forte militare romano per passare poi sotto il dominio bizantino, la città fu conquistata, assieme a tutta la Siria, dall’esercito musulmano guidato del secondo califfo dell’islam, ‘Umar ibn al-Ḫaṯṯāb, nel 639 d.C.
Ma per comprendere il forte valore simbolico di questa città per l’islam in generale e per la corrente jihadista in particolare bisogna prendere come riferimento il periodo tra il 796 e l’809 d.C., durante il quale Raqqa fu la capitale de facto del califfato abbaside guidato da Hārūn al-Rašīd. È da qui, sulle rive dell’Eufrate (al-Furāt, in arabo), che il califfo al-Rašīd conduceva le operazioni militari contro i bizantini, i rūm, ed è qui che il nuovo autoproclamato califfo, Abū Bakr al-Baġdādī, leader dello Stato Islamico (Is), ha fondato la prima entità statuale dell’organizzazione.
Raqqa è stata la prima città a cadere sotto il controllo di quelle che nel marzo 2013 erano ancora definite «forze ribelli siriane», e ciò le valse il titolo di «sposa della rivoluzione» 1. Oggi sono passati due anni dalla liberazione della città dalle forze di al-Asad. La città fu conquistata dai militanti del Fronte al-Nuṣra, l’ala ufficiale di al-Qā‘ida in Siria, e da altri gruppi, che per celebrare la loro vittoria demolirono la statua dell’ex presidente siriano Ḥāfiẓ al-Asad, padre dell’attuale presidente Baššār, nella piazza centrale della città. La stessa che oggi i militanti dell’Is utilizzano per esibire le teste mozzate dei loro nemici.
Come primo provvedimento, questi gruppi iniziarono ad applicare la šarī‘a (la legge islamica) nella città. Dopo pochi mesi, l’allora Isis (Stato islamico nell’Iraq e nel Levante), in lotta contro il principale gruppo jihadista antagonista sulla scena siriana (al-Nuṣra), cominciò a intensificare le sue operazioni contro i miliziani di questo gruppo e le comunità non islamiche di Raqqa. Già nel gennaio 2014 l’Isis esercitava il pieno controllo militare e amministrativo su Raqqa, ad eccezione della base della 17a divisione dell’Esercito siriano. La base fu conquistata il 25 luglio dello scorso anno: i miliziani dello Stato Islamico fecero irruzione nel campo e decapitarono numerosi soldati, esibendone le teste. Questo episodio, ampiamente propagandato dall’Is, sancì il pieno controllo dell’organizzazione su Raqqa, trasformata in città Stato e da allora bersaglio dei raid lanciati dalla coalizione arabo-statunitense. Dal milione di persone iniziale, dopo la conquista dell’Is gli abitanti di Raqqa sono scesi a circa 400 mila.
2. «E pensare che eravamo noti per non essere praticanti: ironia della sorte», ha dichiarato un residente di al-Ṯabaqa, vicino a Raqqa, citato in un articolo di Sarah Birke apparso sulla New York Review of Books 2. La prima misura imposta dall’Is agli abitanti rimasti a Raqqa è stata, non a caso, la pratica rigorosa della religione. Per far ciò, l’organizzazione ha preso il controllo di tutte le moschee, imposto ai «fedeli» di pregare cinque volte al giorno e ai commercianti di chiudere i negozi durante gli orari di preghiera. E ha «invitato» i cittadini a partecipare ai numerosi incontri religiosi e di propaganda organizzati negli edifici della città trasformati in centri di preghiera e propaganda.
A Raqqa l’Is ha istituito nuovi tribunali basati sulla šarī‘a, forze di polizia che ne garantiscono l’applicazione e apparati che gestiscono l’economia, un aspetto fondamentale per la sopravvivenza dello Stato. Inoltre amministra scuola, sanità, elettricità e telecomunicazioni, nonostante alcuni servizi siano ancora garantiti dal governo siriano. In base alla rigida interpretazione salafita della legge islamica, le donne hanno l’obbligo di indossare il niqāb, il velo integrale islamico che lascia scoperti soltanto gli occhi; gli uomini non possono indossare magliette con sopra dei disegni, pena l’accusa di idolatria; il fumo – di sigarette, narghilè o altro genere – è bandito. Recentemente, l’Is ha anche imposto alle donne la compagnia di un uomo maḥram (ovvero, con cui siano impossibili rapporti sessuali), che secondo la šarī‘a deve essere un parente, di sangue o acquisito, per poter uscire in città. Due donne di casa hanno riferito che sono gli sceicchi sauditi dell’Is a Raqqa a valutare l’entità delle trasgressioni morali.
Come dichiarato alla Cnn dall’attivista di Raqqa Abū Ibrāhīm al-Raqqāwī, nome fittizio di uno dei fondatori del gruppo di attivisti anti-Is «Raqqa Is Being Slaughtered Silently», i membri dell’Is obbligano i cittadini a donare il sangue, prezioso oggi più che mai per l’organizzazione di Al-Baġdādī, soggetta a pesanti raid aerei.
È principalmente sulla repressione che lo Stato Islamico ha basato e continua a basare il suo potere politico, militare e amministrativo. Simbolo di questo Stato del terrore è la piazza centrale di Raqqa, in passato nota come Piazza del Paradiso, oggi chiamata Piazza dell’Inferno, in cui l’Is esibisce i cadaveri e le teste mozzate di chi ha trasgredito. Una repressione che i vertici dell’organizzazione applicano anche ai foreign fighters disertori, giustiziandoli. Raqqa ha rappresentato fino ad oggi un modello amministrativo per lo Stato Islamico, sotto gli aspetti giuridici, religiosi, educativi, militari e, soprattutto, economici. A Raqqa l’Is si è assunto l’onere, dopo la conquista della città, di garantire servizi che spetterebbero allo Stato, come la corrente elettrica e l’acqua, il versamento degli stipendi e la viabilità, la gestione di forni, banche, scuole, tribunali e moschee. Raqqa rappresenta il modello di vita ideale per l’Is, sotto il regime del califfato.
In particolare, è qui che il gruppo ha sperimentato un sistema di tassazione che garantisce importanti introiti. Un commerciante di Raqqa fuggito verso il Sud della Turchia ha raccontato che l’Is raccoglie la zakāt (l’elemosina rituale prevista dall’islam pari al 2,5% dei guadagni), oltre a una tassa mensile pari a 1.500 lire siriane (7 euro circa). Inoltre, ha imposto a Raqqa una tassa di 400 lire siriane (2 euro circa) al mese per le linee telefoniche. Questo denaro serve anche a «stipendiare» i membri dello Stato Islamico – sia civili che militari – retribuiti con una somma che va dai 400 ai 600 dollari al mese, più che sufficienti in un’area relativamente povera come quella della Siria nord-orientale. Come segnala il quotidiano saudita al-Wi’ām 3, l’Is ha fondato a Raqqa un’istituzione dedita al versamento degli stipendi ai combattenti e ai dipendenti civili, nota come Bayt al-māl, letteralmente «La casa dei soldi», versione jihadista del ministero delle Finanze.
È difficile misurare con esattezza il livello di sostegno sociale di cui l’Is gode a Raqqa, sia perché i cittadini rimasti in città (per la stragrande maggioranza musulmani sunniti) non hanno avuto altra scelta che giurare fedeltà ad al-Baġdādī, sia perché a Raqqa è mancato uno scenario iracheno, in cui i gruppi sunniti si sono alleati con la formazione jihadista contro il governo a guida sciita. Inizialmente, gli abitanti locali si sono più volte lamentati degli eccessi dello Stato Islamico, ma alcuni si sono compiaciuti del fatto che, nonostante il rigore, in città non vi fossero più corruzione e caos: si tratta per lo più di persone che hanno in qualche modo tratto beneficio economico dalla presenza dell’Is a Raqqa. Al riguardo, un uomo d’affari che ora vive in Turchia ha affermato che, nonostante fosse contrario all’Is e alla sua ideologia, riusciva a spedire le sue merci attraverso i territori controllati dall’Is con più facilità, non dovendo pagare tangenti ai posti di blocco. «La gente ha paura di loro», ha raccontato ad Aljazeera 4 Zubayr, uno studente di 27 anni che ha lasciato Raqqa alcuni mesi fa. «La vita a Raqqa è molto triste: manca ogni tipo di servizio e se cammini per la strada in prossimità degli orari di preghiera non puoi tirarti indietro: gli uomini dell’Is ti costringono a entrare in moschea e pregare».
3. Per rafforzare il controllo su Raqqa, l’Is ha iniziato lo scorso anno a intensificare le intimidazioni agli attivisti locali, per indurli al silenzio. A molti sono arrivati messaggi come: «Vi daremo un biglietto per l’inferno», scrive Īlāf 5. Per sfuggire a queste restrizioni della libertà d’espressione, numerosi attivisti hanno lasciato Raqqa alla volta della vicina Turchia. Sono questi «giornalisti improvvisati» a rappresentare la principale fonte d’informazione per i media occidentali su quanto sta accadendo nella città.
Il pragmatismo dell’Is a Raqqa si è palesato chiaramente nell’amministrazione dei servizi municipali. Al riguardo, il gruppo ha «assunto» esperti tecnici nei vari settori, sostituendosi al governo di Damasco nella fornitura di servizi e posti di lavoro. L’Is ha permesso agli insegnanti delle scuole di continuare a esercitare la propria professione, intervenendo però sul percorso degli studi, eliminando materie come la chimica, la filosofia e la lingua francese e introducendo le materie islamiche. Nell’ambito sanitario, l’Is ha sostituito i medici degli ospedali di Raqqa con i propri dottori, definiti «emiri di medicina generale». Inoltre, seguendo il modello delle due polizie religiose (la Ḥisba per gli uomini, la brigata al-Ḫansā’ per le donne), all’interno degli ospedali ha imposto la separazione tra uomini e donne, introducendo l’obbligo del niqāb alle donne e alle dottoresse, che possono curare soltanto pazienti di sesso femminile.
Come segnala il quotidiano saudita al-Wi’ām 6, l’abilità dell’Is nell’amministrare Raqqa è stata anche quella di mantenere alcuni funzionari locali che ieri lavoravano per lo Stato siriano e che oggi sono al servizio dello Stato Islamico. Ciò non ha impedito all’Is di richiamare a Raqqa esperti dal Nordafrica e dall’Europa, come nel caso di un tunisino nominato responsabile delle telecomunicazioni.
Per facilitare il controllo del territorio, l’Is ha diviso l’area amministrativa di Raqqa in settori, come confermano alcuni abitanti locali a Syria Deeply 7. I numerosi attivisti fuggiti in Turchia o in altri paesi paragonano spesso i metodi repressivi dell’organizzazione a quelli del regime di Baššār al-Asad, in particolare nell’ambito del monitoraggio della popolazione. Non avendo l’Is, fino ad oggi, la possibilità di intercettare i telefoni e il traffico Internet, che resta sotto controllo di Damasco, ha dispiegato a Raqqa molti uomini incaricati di sorvegliare i cittadini. Molti abitanti della città hanno rivelato di aver cancellato foto e musica dai propri telefoni per paura di essere arrestati. Abū Ḥamza, siriano ed ex membro dell’apparato d’intelligence dell’Is, ha riferito che tra i reclutatori dell’Is a Raqqa vi era un cittadino islandese esperto in video editing, tra i responsabili della produzione di filmati per il reclutamento e la propaganda. Secondo Ḥamza, a Raqqa tra le file dell’Is vi sarebbero anche cinesi esperti di droni e hackers egiziani. Fonti di Raqqa hanno confermato ad al-Wi’ā m che nella città l’Is gestisce tre fabbriche di armi e missili, impiegando scienziati stranieri.
Tuttavia, gli ultimi raid aerei condotti dalla coalizione arabo-occidentale contro l’Is a Raqqa, intensificatisi dopo l’uccisione del pilota giordano, hanno intaccato la fiducia dell’organizzazione e creato seri problemi alla fornitura di beni primari, come l’acqua e la corrente elettrica. In questo senso, i raid sembrano provocare maggiori danni alla capacità amministrativa dell’Is piuttosto che alla sua forza militare. Questi attacchi hanno anche colpito un settore vitale per la sopravvivenza dell’Is: le raffinerie petrolifere, principale fonte di finanziamento dell’organizzazione. Inoltre, hanno reso più tesa e paranoica la leadership del gruppo, che ha iniziato a ordinare arresti indiscriminati.
A Raqqa, l’Is gestisce anche numerose prigioni. Lo scorso anno, Amnesty International ha accusato l’organizzazione di torture e omicidi ai danni dei detenuti 8. Due ex detenuti hanno riferito di aver sentito le urla di una ragazza di quattordici anni, presa a frustate mentre veniva interrogata. I centri di detenzione dell’Is sarebbero sette, tutti nella provincia di Raqqa: alcuni si trovano nella sede della provincia, nella direzione della motorizzazione e in un impianto petrolifero nell’area di al-‘Akīršī.
4. A Raqqa i vertici dell’Is hanno creato, negli ultimi due anni, una struttura gerarchica basata sulla disciplina e sulla lealtà ai leader. Abū Ḥamza ha svelato 9 che l’organizzazione dispone di un vertice composto da una ventina di comandanti, che guidano l’ala militare e quella civile dell’Is. Alcuni leader sono responsabili delle forze militari e di sicurezza, mentre i ministeri civili sono retti da ministri nominati ad hoc. Come le altre province siriane controllate dall’Is, anche Raqqa ha il suo emiro, il leader locale, dal quale dipendono delegati militari e civili che amministrano la città. Come in un vero e proprio Stato, l’Is ha separato a Raqqa l’apparato militare da quello amministrativo, nominando emiri e vice-emiri per entrambi i settori.
La struttura piramidale ha al suo vertice il califfo (al-Baġdādī), che esercita pieni poteri politici e religiosi sulla comunità e gode del beneficio della bay‘a, il giuramento di fedeltà da parte dei membri dell’organizzazione. Lo Stato Islamico è poi composto da diversi «ministeri», che in ambito jihadista hanno nomi diversi, ma che sostanzialmente rispecchiano i tradizionali dicasteri occidentali: il Consiglio della šūrā (Mağlis al-Šūrā), che equivale al Consiglio dei ministri; un comitato consultivo, di cui fanno parte i leader locali, i comandanti e gli emiri; il comitato della šarī‘a, che si occupa di tutti gli aspetti legislativi; il comitato mediatico, che diffonde l’ideologia salafita-jihadista e i comunicati ufficiali; la citata Casa del denaro (Bayt al-māl), sorta di ministero delle Finanze; il Consiglio di sicurezza, un vero e proprio apparato d’intelligence; il Consiglio militare, equiparabile al ministero della Difesa; il dipartimento per la Divisione amministrativa, che si occupa di dividere per settori e province il territorio dello Stato.
Per quanto concerne le fonti di finanziamento, un lungo studio 10 ne individua otto: le donazioni e i contributi di soggetti privati, associazioni e organizzazioni (numerosi personaggi degli Emirati avrebbero donato all’Is); la zakāt, l’elemosina rituale che ogni fedele musulmano deve fare; i riscatti; i servizi pubblici e privati (ospedali, ristoranti, corrente elettrica e acqua); le risorse naturali (principalmente petrolio e gas); tasse e imposte (vi sono quelle che devono essere versate da commercianti, artigiani e agricoltori musulmani, e quelle che devono essere versate dai non musulmani per non essere uccisi, la cosiddetta ğizya); il denaro del governo siriano trafugato da banche ed edifici governativi; l’agricoltura.
In funzione dell’idea di Stato, negli ultimi due anni la leadership dell’Is ha esortato i mujāhidīn stranieri a trasferirsi a Raqqa assieme alle proprie famiglie o a sposare donne siriane, traendo in questo modo diversi benefici. Lo Stato Islamico, ad esempio, mette a disposizione dei combattenti abitazioni private e garantisce alle vedove un sostegno materiale, pari a 100 dollari per la donna e altrettanti per ogni figlio. Per quanto riguarda le abitazioni, si tratta di case sequestrate agli abitanti locali non sunniti e ai dipendenti statali fuggiti da Raqqa. L’attivista siriano Abū Ibrāhīm al-Raqqāwī ha riferito ad al-Waṯan11 che ad oggi sono stati registrati 270 matrimoni imposti alle donne di Raqqa dall’Is.
A Raqqa l’Is sta ponendo la massima attenzione alle nuove generazioni. In particolare, gli addestratori stanno formando i bambini e i ragazzi alla dottrina islamica salafita e all’uso delle armi. Abū Ibrāhīm al-Raqqāwī, attivista di «Raqqa Is Being Slaughtered Silently», ha riferito 12 che nella provincia di Raqqa vi sono almeno tre campi di addestramento ideologico e militare riservati ai bambini e ai ragazzi molto giovani, detti «leoncini»: i campi al-Ḫalifa e al-Fārūq, nella città di Raqqa, e quello di al-Šarī‘a, ad al-Ṯ abaqa. Spesso i genitori sono obbligati a mandare i loro figli in questi campi, in cambio di un rimborso di oltre 200 dollari. Oltre all’ideologia jihadista e all’uso delle armi, ai leoncini del jihād vengono impartite lezioni di religione e arti marziali, proprio come accade nelle fasi di addestramento dei mujāhidīn adulti. Nel campo al-Fārūq, i bambini vengono addestrati anche a decapitare le vittime.
Di recente, l’Is ha inaugurato due scuole inglesi a Raqqa: una per studenti di sesso maschile, l’altra di sesso femminile. La scuola maschile si chiama Scuola Abū Muṣ‘ab al-Zarqāwī, in onore del fondatore dell’organizzazione jihadista nota come Stato Islamico in Iraq, realtà embrionale dell’Is; quella femminile Scuola ‘Ā’iša. Vi possono accedere i ragazzi di età compresa fra i 6 e i 14 anni figli dei foreign fighters, che non comprendono ancora l’arabo. Dunque, vengono loro impartite lezioni di religione, dottrina islamica, diritto, matematica e inglese. Sono previste anche ore di lingua araba. Le scuole sono gestite da un certo Abū Muḥammad 13.
5. Nei mesi scorsi, Vice News 14 ha pubblicato un documentario esclusivo girato nel giugno 2014 a Raqqa dal reporter Madyan Dayriya. Il documentario aiuta a comprendere come l’Is amministra la città. Tuttavia, risulta distorto dalla propaganda dell’organizzazione, il cui ufficio stampa ha organizzato e gestito il tour del reporter. Il filmato dimostra l’attenzione dell’Is per l’esercizio del controllo sociale attraverso le moschee, luoghi in cui si invita a ribadire il giuramento di fedeltà al califfo al-Baġdādī. Un secondo aspetto è la formazione ideologica delle nuove generazioni, in particolare dei bambini. Nel video appare un foreign fighter arabo che ha lasciato il Belgio e si è recato a Raqqa con la sua famiglia. ‘Abdullāh il Belga, questo il suo nome di battaglia, ha addestrato suo figlio Abdullāh ad adottare un linguaggio jihadista e a odiare «gli infedeli dell’Europa, perché uccidono i musulmani».
Raqqa, oltre al suo valore simbolico, si trova in una collocazione strategica per l’Is, essendo vicina al confine con la Turchia e in prossimità dei territori iracheni sotto il controllo dell’organizzazione. Per questo, e per la sua trasformazione in città Stato, Raqqa può essere considerata la capitale de facto dello Stato Islamico, come lo fu ai tempi del califfo abbaside al-Rašīd. L’Is ha trasformato in propri centri di controllo amministrativo i principali edifici della città, come il palazzo del governatore, il municipio e la chiesa armeno-cattolica dei Martiri, trasformata nel centro della da‘wa (predicazione e propaganda), ed esercita il proprio controllo su estese aree limitrofe, compresi alcuni pozzi petroliferi. Molte di queste postazioni sono state obiettivo dell’aviazione statunitense e dei suoi alleati.
Alcuni siriani hanno affermato di non poter fare altro che resistere in silenzio. I cittadini di Raqqa che per le strade sono costretti a rispettare le rigide norme dell’Is, all’interno delle proprie abitazioni criticano, a voce bassa, l’organizzazione di al-Baġdādī, guardano programmi televisivi non islamici e ascoltano musica. Ad oggi, per i sunniti siriani le alternative al regime di al-Asad sono due: il vuoto di potere o l’Is, come confermato da Abū Ḥamza. Tuttavia, le file dell’Is cominciano a mostrare segni di cedimento, soprattutto dopo l’intensificazione dei raid aerei. Attivisti del gruppo «Raqqa Is Being Slaughtered Silently», citati dal Times 15, hanno riferito che a Raqqa alcuni membri dell’Is cercano di rubare le carte d’identità ai cittadini, per falsificarle e usarle per fuggire in Turchia o nelle aree non soggette al controllo dell’organizzazione. Gli stessi attivisti parlano di tensioni all’interno del gruppo tra i combattenti iracheni e quelli provenienti dalla Penisola Arabica, aggiungendo che i foreign fighters europei sono spesso sospettati di essere potenziali spie legate alle agenzie d’intelligence occidentali. È presto per dire se questi segnali preludano alla fine dell’inedito esperimento statuale, ma di certo l’Is è meno monolitico di quanto possa apparire dall’esterno.
Note
1. goo.gl/910c4c
2. S. BIRKE, «How Isis Rules», The New York Review of Books, 5/2/2015.
3. goo.gl/5aUQfJ
4. U. FARŪQ, «Raqqa: “It Is a Very Sad Life under Isil”», Aljazeera, 28/1/2015.
5. www.elaph.com/Web/news/2013/11/847350.html
6. goo.gl/9XJFqx
7. «Isis Restructures Raqqa under Its New Ruling System», Syria Deeply, 17/11/2014.
8. alhayat.com/Details/583800
9. S. BIRKE, art. cit.
10.studies.aljazeera.net/files/isil/2014/11/2014112363816513973.htm
11. www.alwatanvoice.com/arabic/news/2015/02/26/669302.html
12. S.E. WILLIAMS, «Cub Camps Turn Boys into Junior Jihadists», Raqqa Is Been Slaughtered Silently, 28/2/2015.
13. «Isis Opens English-Language Schools in Syria’s Raqqa: Report», Al-Arabiya, 24/2/201514. «The Islamic State», www.youtube.com/watch?v=AUjHb4C7b94
15. T. COGHLAN, «Isis Hit by Desertions and Disgust at Brutality», The Times, 20/2/2015.