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 2017  agosto 23 Mercoledì calendario

La polvere di Amatrice che torna

Le mani dei vigili del fuoco sanguinano. Sanguinavano anche 364 giorni fa ad Amatrice. Sanguinavano nel 2012 in Emilia e nel 1997 ad Assisi. Un anno fa un’intera famiglia era morta sotto il crollo del campanile di Accumuli. Lunedì sera una donna è morta colpita dalle macerie di Santa Maria del Suffragio di Casamicciola. «Esprimiamo vicinanza alle popolazioni», dicono dai palazzi romani e da quelli di Napoli. «Esprimiamo vicinanza alle popolazioni», dicevano la mattina del 24 agosto del 2016, mentre la polvere ancora si depositava sui morti e sui vivi, e da sotto i calcinacci si sentivano le sveglie suonare all’ora prestabilita.
Le voci potremmo sovrapporle, quelle dei sindaci, delle telefonate di disperazione, dei pompieri esausti, dell’orgoglio e del cordoglio. Sono ventuno milioni gli italiani che vivono in aree a rischio sismico, «è l’allarme lanciato da Gilberto Pambianchi, presidente dei geomorfologi italiani», dicono oggi le cronache. «Il quaranta per cento degli italiani vive in zone a rischio sismico», aveva detto il sottosegretario Silvia Barbieri nel ’97 dopo il terremoto dell’Umbria. «Lancia l’allarme», diceva l’Ansa. «Sono ventuno milioni e mezzo gli italiani che vivono in zone a rischio sismico», spiegava l’agosto scorso il Consiglio nazionale degli ingegneri.
Lanciava l’allarme. Ieri il presidente nazionale dei geologi, Francesco Peduto, ha fatto il punto: «Ora sarebbe facile parlare dei ritardi della ricostruzione in Italia centrale, della necessità di accelerare interventi e azioni, ma quello che lascia più interdetti è la mancanza di atti concreti per la prevenzione. Siamo andati in Parlamento, abbiamo parlato di tutto, dal fascicolo del fabbricato al rifinanziamento della carta geologica, ma in un anno non si è fatto niente, assolutamente niente».
Una differenza c’è: tre bambini di Ischia si sono salvati in modi definiti miracolosi e commoventi. Di Amatrice si ricordano due bambini, di nove e sette anni, tirati fuori morti e la mamma ferita non voleva partire senza di loro, glieli misero a fianco e quando l’ambulanza arrivò in ospedale era morta anche lei. E poi c’è l’abusivismo. Più della metà delle case della Campania sono abusive. Ci sono sempre piccoli e medi leader del Pd, del Pdl, dei cinque stelle, di formazioni tattiche e occasionali, che vanno lì e dicono «no alle ruspe». Lo chiamano abusivismo di necessità. Nel 2012, per difendere le loro case abusive, gli abitanti di Ischia tirarono bombe carta sui poliziotti e ne ferirono undici. Ad Amatrice, calcola Legambiente, è ancora da raccogliere il 91 per cento delle macerie. Non si tirano su le case che si devono tirare su, non si tirano giù le case che si devono tirare giù. L’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ieri ha detto che «dobbiamo correre di più su Casa Italia». È il progetto di messa in sicurezza delle abitazioni dei ventuno milioni di italiani residenti in zone sismiche, almeno dodici milioni di case vecchie o abusive o mal costruite. Costo, da 40 ai 90 miliardi di euro. Per ora sono partiti cantieri per 25 milioni, il prezzo di un buon centrocampista.