Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  agosto 23 Mercoledì calendario

La Guerra in versi di Pj: le poesie della cantautrice. Tre anni di viaggi insieme con il fotografo Seamus Murphy

Per Pj Harvey, che si esibirà a Torino il 25 agosto nella sua unica data italiana del 2017, un libro di poesie non è che lo sbocco naturale. Uscito in Inghilterra nel 2015, Il cavo della mano viene ora proposto meritoriamente da La nave di Teseo. Alle poesie della cantante britannica, nata a Yeovil nel 1969, si affiancano le fotografie di Seamus Murphy. I due hanno viaggiato insieme dal 2011 al 2014. Kosovo, Afghanistan e Washington DC: sono questi i tre luoghi che fungono da teatro – drammatico e violato – del libro.
Un giornalismo da lei stessa chiamato “pigro” l’ha definita “voce femminista”, che vuol dire tutto e più che altro niente, e poi “erede di Patti Smith”, forse l’unica leggenda non facente parte della playlist della giovane Polly Jean. La quale, negli anni della formazione, si nutriva bulimicamente di John Lee Hooker e Jimi Hendrix, Captain Beefheart, Pixies e U2. Tutti imprinting che, nella sua produzione poliedrica, sono puntualmente confluiti. Il cavo della mano è figlio di viaggi in luoghi di guerra e potere: un libro in qualche modo “politico”, come lo sono i suoi ultimi due lavori in studio, Let England Shake (2011) e The Hope Six Demolition Project (2016).
Il primo, in particolare, è da intendersi come concept album sulla guerra: quelle in corso, ma anche quelle del passato (la battaglia di Gallipoli del 1915). Due anni dopo quel lavoro, inimmaginabile per lei a inizio carriera quando si presentava ben più “intimista”, le è stato conferito dalla Regina Elisabetta l’onorificenza di Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico. I suoi esordi vennero giustamente celebrati dalla critica.
Per molti resta quella la Pj Harvey migliore: un po’ è vero, un po’ suona quasi sempre figo dire così. Per qualsiasi artista. Come scrisse John Peel su Melody Maker, pareva che lei stessa fosse “investita dal peso delle sue stesse canzoni e arrangiamenti, come se l’aria fosse letteralmente risucchiata da questi”. Dotata di un magnetismo smisurato e di una sensualità quasi intollerabile, il suo To Bring You My Love resta una pietra miliare.
Era il 1995 e si presentava con gonne a pallone e pose da vamp. Una maschera “da Joan Crawford in acido” e, al tempo stesso, la sua “fase Ziggy Stardust”. Dietro l’apparente divertimento estetizzante, si celava però la realtà brutale: “Quella era una sorta di maschera. Ero persa come persona a quel punto. Non mi era rimasto più senso di me stessa». In quel disco compare anche uno dei suoi pochi singoli noti a tutti o quasi, Down by the water.
Un’altra sua opera sontuosa è Stories from the city, stories from the sea (2000). Polly Jean ha inciso dischi suonando tutto da sola tranne la batteria (Uh Huh Her). Ha collaborato con colleghi navigati (John Parish, Mark Lanegan, Bjork, Thom Yorke). E ha pure recitato in un film dedicato alla storia – in chiave moderna – del personaggio di Maria Maddalena. Artista mai doma, costantemente inquieta e dalla stoffa rara: altalenante in studio, convincente come poetessa, devastante dal vivo.
 
Nel libro “Il cavo della mano”
Il primo colpo
Un giorno/un colpo risuonò tra i monti./Risuonò e risuonò./I bambini del villaggio/accorsero dalle loro case/ per raccogliere ciò che restava./Oggi/i loro occhi ci attraversano/fissando vaste luci./Si avvicinano/chiamandosi a vicenda/e si riuniscono al bordo della strada/con le loro fionde/per lapidarci.
 
Anacostia
Un minuscolo sole rosso/come un fanale posteriore/lungo il cavalcavia
 
Adhan
Nella base aerea si accesero le luci./Le voci si fecero più forti e numerose/ed emisero una singola preghiera./Ascoltavo, ma non ero una di loro/quindi rilasciai nell’aria la mia voce/per vedere se lì fosse gradita./La montagna velata incombeva su di noi./Una ragazza in rosso ci fissò passando./La montagna oscurata non si mosse./La mia voce si disperse e non potè dar prova/di se stessa in quella melodia straniera./La notte vigilava con la sua mezzaluna.