Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 1977  dicembre 24 Sabato calendario

Berlinguer non è la Madonna

Voglio anch’io intervenire nella polemica – come debbo chiamarla? – Forattini-Pci a proposito dell’ormai famosa vignetta sul «borghese Berlinguer».
Quando stampammo quella vignetta nessuno di noi, credo, si aspettava una fazione e un dibattito così vivaci. La vignetta era, artisticamente parlando, assai bella e politicamente molto pungente. Ma non era la prima e certamente non sarà l’ultima del genere. Come mai, allora, tanto discutere? Quali sono i veri termini della questione?
Una premessa, per quanto ovvia, mi pare necessaria: nessuno di noi pensa che Paolo Spriano, scrivendoci la sua lettera di militante comunista risentito ed offeso da una satira diretta contro il segretario del Pci, abbia abusato dei suoi diritti o abbia limitato i nostri: ha semplicemente manifestato una sua rispettabile opinione e come tale noi l’abbiamo registrata.
La questione dunque non è questa, ma un’altra. E cioè: come mai, in un mondo ormai abituato a dissacrare persone, istituzioni, miti, un militante comunista non riesce ad accettare con un sorriso la satira diretta contro il leader del suo partito? Come mai l’ottimo Fortebraccio, che ogni giorno irride con tanta sapida ironia i Potenti del Palazzo, si sente anche lui ferito dai tratti di matita di Forattini? C’è dunque ancora, all’interno del Pci, una specie di culto della personalità?
L’opinione pubblica democratica è giustamente sensibile di fronte ad un’ipotesi di questo genere, perché all’interno del Pci e, più in generale, del movimento comunista internazionale il culto della personalità, con tutti gli effetti che ne sono derivati, ha rappresentato ben di più che un banale incidente di percorso. Il culto della personalità non è stato altro che la manifestazione visibile della natura quasi-religiosa e comunque chiesastica e totalizzante d’un partito; quella natura si è scontrata duramente e profondamente con un’altra concezione, interamente laica, della organizzazione sociale. Ne è derivato un lungo periodo di rottura e separazione, che ha privato – almeno in Italia – la democrazia dell’appoggio decisivo d’una grande forza popolare.
Se oggi quella separazione può ricomporsi, una delle condizioni consiste nella piena «laicizzazione» del partito comunista. Saper sorridere di se stessi e delle persone che sono pro-tempore alla guida del partito, non vuole affatto dire non prendersi e non prenderle sul serio, ma non ignorare – quando ci sono – i loro errori e difetti. Oppure, ancor più semplicemente, accettare che altri veda difetti ed errori, senza che ciò sia sofferto come un delitto di lesa maestà.
Si spiega dunque perché la polemica abbia avuto su tutti i giornali e in televisione un’eco così ampia: essa toccava infatti un problema reale, mettendo sotto esame la laicità del Pci o lo spessore dei suoi residui «clericali».
Si comprende anche l’enfasi con la quale da alcuni si è sottolineato il permanere di quei residui, per valersene contro ogni mutamento, come garanzia d’immobilità. Dal canto nostro siamo abbastanza esperti di questo tipo di reazioni per non conglierne la natura strumentale.
Mentre si svolgeva questa polemica, è accaduto che Giampaolo Pansa abbia pubblicato su questo giornale una lunga e bella intervista col segretario del Psi, Bettino Craxi. In essa, insieme a molte e interessanti affermazioni e risposte dell’intervistato, se ne trovano alcune che ci hanno molto colpito. Sgradevolmente colpito. Riguardano le vicende del Corriere della Sera e del Messaggero, cioè di due giornali d’informazione, rispettivamente di proprietà dell’editore Rizzoli e della Montedison.
Ne parliamo in quest’occasione e in questo contesto perché, come nel caso Forattini-Pci, si ripropone anche con Craxi il problema delle autonomie della stampa rispetto alle forze politiche e, più in generale al Potere.
Dice il segretario del partito socialista: «Da tempo lamentavo l’indifferenza o l’ostilità del Corriere verso i socialisti. Mi è stata chiesta un’opinione e l’ho detta. Ed era che avrei visto volentieri un’accoppiata Ronchey-Di Bella. Poi mi hanno informato che la scelta era per Di Bella. Per il Messaggero, quando passò alla Montedison, il Psi aveva garantito una certa linea del giornale. Se la Montedison oggi vuole venderlo, io chiedo che si faccia prima una discussione su chi lo compra e su quale sarà la linea futura del quotidiano. Non voglio trovarmi di fronte ai fatti compiuti».
Il che significa che il segretario d’un partito ritiene di sua spettanza indicare chi deve dirigere un certo giornale; quale debba essere la linea d’un certo altro e si pone come potere condizionante e quindi, anche in tal caso, totalizzante.
Ahinoi, siamo assai mal combinati! Gli amici di Berlinguer lo considerano poco meno dell’Immacolata Concezione; Craxi decide lui – non si capisce investito da chi e con quali arroganti poteri – della sorte dei giornali. Caro Forattini, finché ci saranno fenomeni di tal genere, l’Italia non sarà certo una gran democrazia, ma a te di certo il lavoro non mancherà. Coraggio.