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 2017  agosto 22 Martedì calendario

Anche Amazon ha bisogno di noi. Parla il presidente delle Messaggerie, una macchina che fa circolare il 37% dei libri italiani

È tra i protagonisti il meno noto al pubblico dei lettori, l’uomo in ombra, l’altra faccia della luna. Ma senza di lui il flusso che porta le copie dagli editori alle librerie e infine al pubblico non sarebbe possibile. È il distributore: regola e cerca di rendere sempre più agile e veloce la circolazione sanguigna di quel grande corpo che è il mondo dei libri. Sta dietro le quinte, se ne parla poco – e a volte maluccio, per lamentarsi dei titoli ordinati che non arrivano – ma per più d’un aspetto è lui il direttore d’orchestra.
Claudio Fanzini ha cominciato dalla gavetta, facendo un mestiere simile ma «parallelo», ovvero il rappresentante che va dai librai a presentare i titoli e raccogliere le prenotazioni (il cosiddetto «ispettore»), poi di gradino in gradino, sul fronte della distribuzione, è arrivato al vertice di Messaggerie, il maggior distributore indipendente italiano – e anche il maggiore in assoluto, perché è un po’ più grande rispetto a questa attività del Gruppo Mondadori, che si distribuisce da solo. Inoltre, Messaggerie è legato da accordi societari e sinergie con la distribuzione Feltrinelli. Insomma, un gigante.
Da pochi mesi, dopo esserne stato amministratore delegato, ne è presidente. Governa una macchina che fa circolare il 37% dei libri italiani (esclusa la scolastica) distribuendo in esclusiva 620 editori, rifornendo librai indipendenti e grandi catene, anche Amazon col cui magazzino può rivaleggiare. Il cuore del sistema sono 40 mila metri quadrati a Stradella (gestiti da altra società) con 190 mila titoli in lingua italiana e trecentomila files in lingua estera acquistabili col sistema di print-on-demand, ovvero stampabili anche in una sola copia, a richiesta.
Tre buoni motivi
È un mestiere complicato, si direbbe. «Insomma. Sono molti anni che me ne occupo, con tanti ruoli diversi. E devo dire che da una decina d’anni a questa parte le cose sono molto migliorate, non solo ma si sono ridotti i costi, anche se per gli editori ne sono aumentati altri che non dipendono da noi». È opinione corrente che la distribuzione rappresenti il peso maggiore per un libro, che si porti via quasi la metà del prezzo di copertina. «Non è così. L’editore tratta ovviamente col libraio uno sconto, che si aggira sul 30%. E nel caso delle grandi catene o di Amazon, insomma nel caso di acquirenti che hanno un forte potere di contrattazione, può essere di più. Ma questo aspetto non riguarda la distribuzione. Noi incidiamo fra l’8 e il 12% del prezzo di copertina».
E in cambio che cosa date? «Tre cose, direi. Anzi tre buoni motivi per rivolgersi a noi. Innanzi tutto la certezza dell’incasso, perché paghiamo periodicamente il venduto anche se il libraio non ci ha ancora saldati o ha difficoltà a farlo». Motivo numero due? «Quanto più è importante il distributore, maggiore sarà la certezza che i libri vadano effettivamente nelle librerie. Noi abbiamo tantissimi titoli, e proprio per questo garantiamo al 98% l’evasione dell’ordine in giornata. Ogni giorno ne spediamo 60-70 mila».
E ora c’è Amazon, sentita generalmente come una minaccia per la sua potenza smisurata. Cui però vendete libri. «La somma di titoli e editori è una buona garanzia. È vero che Amazon ha tutto l’interesse a dialogare direttamente con ciascun editore, ma una volta che ci riuscisse lo farebbe da una posizione di forza strabordante. La nostra mediazione è una difesa. Dobbiamo fare in modo che anche Amazon continui ad avere bisogno di noi». In ogni caso siete diversi, strutturalmente. Amazon vende al dettaglio, ai singoli lettori, voi solo ai librai. «Certo. In due parole, noi ci limitiamo a ricevere gli ordini, incassare per conto dell’editore e distribuire informazioni. Anzi, proprio questo è il futuro».
La raccolta di informazioni
E anche il terzo motivo che rende consigliabile o necessario il ruolo del distributore? «Facciamo un passo indietro. Quando ho cominciato, nel ’67, ero un ispettore, cioè convincevo i librai della bontà e dell’interesse di certi titoli». L’ispettore non è un distributore, e infatti si rapporta con l’editore. «Longanesi, ad esempio, mi mandava due libri ogni quindici giorni. Leggevo, riassumevo, facevo una scheda e poi li caldeggiavo con un libraio che mi stava ad ascoltare, allargando il discorso ad altre uscite, al catalogo. Dialoghi entusiasmanti. Oggi sarebbe impossibile. Distribuiamo 400 titoli ogni settimana. Mi dica, chi è più in grado di proporli in modo ragionevole al mercato?».
Temo la risposta. Non sarà il solito algoritmo? «Anche. Ma non solo. Il futuro della distribuzione si sta arricchendo con la raccolta di informazioni da tutti i canali, sui motivi per cui si sceglie un libro invece di un altro, sulle prospettive che gli si accreditano, sui suoi risultati, sugli umori dei clienti; tutto questo materiale, rielaborato, ci fornisce dati che servono a immaginare la domanda futura. Ci stiamo investendo molto, come Messaggerie: le informazioni saranno messe a disposizione dei nostri editori. Il termine tecnico è “data lake”».
Il corollario importante è che il lago sia nel vostro terreno e non in quello di qualche concorrente multinazionale. «Il distributore ha interesse che ci siano tante librerie e tanti editori per dare loro informazioni e servizi». Lei ne ha conosciute moltissime. E ha visto cambiare l’Italia del libro. «Da ispettore ho vissuto il periodo più bello dell’attività editoriale. Nel ’68 lavoravo per gli Editori Riuniti e a Milano piazzavo Marx a palate, ordinazioni da mille copie alla volta per la Cooperativa della Statale. Avevo un grande successo anche con le Lettere dal carcere di Gramsci; era un modo, come posso dire, per far festa».
Giovani editori bravissimi
Poi la festa è finita? «No, è finito il boom, ma ho continuato a incontrare librai straordinari e editori eccezionali, penso ai giovani emersi in questi anni, che sono bravissimi, aggressivi, fantasiosi. Forse anche più bravi dei loro predecessori. E penso soprattutto a Elvira Sellerio. Donna straordinaria. Ricordo quando, era il ’79, ci illustrò la nuova collana “La memoria”». Di cui sono stati festeggiati i mille titoli con La memoria di Elvira, un libro a più mani dedicato a lei.
«Andammo a Palermo, come Messaggerie. C’erano ad aspettarci anche Enzo, il marito, e Leonardo Sciascia. Tirò fuori un’ipotesi di veste editoriale, sul grigio, che non pareva convincente. Poi quella blu, che era eccezionale». Come un giocatore di carte. «Ci entusiasmammo, ma c’è di più. Sa quale fu il commento di Elvira? “Con questa collana diventerò uno degli editori più importanti d’Italia”».