Corriere della Sera, 22 agosto 2017
Come era strutturata la cellula terrorista
Su tre livelli. I militanti, giovani, uniti da legami d’amicizia e parentela, votati al martirio nonostante un apprendistato islamista in apparenza ridotto. Sopra di loro la guida spirituale, l’imam Es Satty, la figura che ha fatto da cerniera ideologica, forse li ha condotti per mano fino al punto di rottura. Un pifferaio cattivo dietro il quale hanno camminato allineati gli aspiranti terroristi. Quindi il facilitatore, il proprietario di un call center, sembra in diretto contatto con lo Stato Islamico e pronto a conservare materiale per gli ordigni (esplosivi, detonatori). I killer di Alcanar hanno imitato i responsabili del massacro del 2004. Anche allora una serie di punti d’appoggio, un numero consistente di membri, legami esterni con figure di Al Qaeda, l’ormai storico asse Belgio-Spagna-Marocco. Da qui i punti di contatto, almeno a livello operativo, con il modus operandi di Al Qaeda. Stando ad alcune ricostruzioni la preparazione è iniziata un anno fa, altre riducono la finestra temporale a sei mesi. Comunque non si è trattato di una cosa improvvisa e ciò può essere stato determinato dalla presenza degli «anziani», che hanno portato disciplina. Nonostante la lunga gestazione, i killer sono passati indenni sotto il radar. Magari perché erano degli insospettabili oppure hanno adottato contromisure adeguate. I loro profili Facebook erano innocenti, stavano lontani da punti sorvegliati (la moschea), preferivano incontrarsi dentro un furgone e avevano scelto – come spesso fanno gli estremisti – un posto relativamente remoto dove la polizia non è abituata a fronteggiare questo tipo di emergenze.