Gazzetta dello Sport, 22 agosto 2017
Le macerie, le casette, le scosse. A un anno dal terremoto di Amatrice

Giovedì sarà passato un anno, ma la terra intorno ad Amatrice, Arquata, Accumoli, Pescara del Tronto registra ancora un centinaio di scosse al giorno, movimenti tenui e che non percepiamo, ma che dicono ai sismologi quanta inquietudine ci sia là sotto, faglie lunghe 20-40 chilometri che attraversano tutto l’Appennino e continuano ad aggiustarsi alla ricerca di un qualche equilibrio. L’anno scorso i morti furono quasi trecento. Senza accennare all’aspetto geologico della questione (che esiste ed è scientificamente di prim’ordine), il capo del governo Paolo Gentiloni ha convocato i giornalisti a Palazzo Chigi, ed ha assicurato che «la ricostruzione sarà certa, è un impegno preso. I cittadini mantengano la speranza. Ma la forza motrice non può che essere la fiducia dei cittadini di questi territori». Ha anche detto: «Il governo continuerà a svolgere un ruolo di coordinamento in un sistema che si evolverà con una maggiore responsabilità di Regioni e territori».
• Questa la capisco e non la capisco.
È un modo arzigogolato per dire che rimuovere le macerie e ricostruire è compito delle Regioni, non del governo. Concetto ribadito dal commissario uscente, Vasco Errani: «L’impegno della ricostruzione è il territorio, che in primo luogo deve assumersi la gestione di questo processo». Cioè quello che per amor di polemica con Berlusconi fu dimenticato nel caso dell’Aquila (e cioè che l’emergenza è questione del governo e dei suoi decreti legge accompagnati da stanziamenti, mentre la ricostruzione propriamente detta è compito degli enti locali e specialmente delle Regioni), viene ricordato adesso da tutti i democratici in carico, moderati alla Renzi o radicali alla Pisapia. Tipo Errani.
• Lei non ha nominato Pisapia invano.
Errani lascerebbe il posto di commissario al terremoto per candidarsi alle politiche con Pisapia. Lui nega, e Gentiloni pure. «L’impegno doveva durare un anno, la scadenza del 9 settembre è quella naturale». Può darsi. Per sapere come stanno le cose basterà aspettare. Intanto, benché naturale, la scadenza ha preso l’esecutivo di sorpresa. Non c’è, neanche a livello di pettegolezzo, un ipotesi sul successore. E se n’è andato da capo del dipartimento della Protezione civile, «per motivi strettamente personali», anche Fabrizio Curcio, un uomo giovane, di appena 51 anni. Mah. Gentiloni, che ieri ha ringraziato anche Curcio, è straordinariamente bravo nel troncare e sopire. Probabilmente è quello che ci vuole.
• Lei ha parlato di «rimuovere le macerie»...
Tasto dolentissimo, che ci riporta all’inefficienza italiana, frutto di garbugli burocratici e, temo, pigrizie mentali in quantità non irrilevante. Legambiente ieri ha diramato attraverso l’Ansa un comunicato che comincia così: «A un anno dal sisma che il 24 agosto ha colpito Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo e a nove mesi dalle scosse devastanti di fine ottobre è stato rimosso solo l’8,57%
delle macerie, cioè circa 227.500 tonnellate. Le quattro Regioni hanno stimato, per le macerie, un totale di 2.657.000 tonnellate». Quelli che stanno peggio sono marchigiani e laziali. All’ingresso di Grisciano, sulla Salaria, provincia di Rieti, campeggia ancora la scritta: «Mi’ nonno, co’ na pala, aveva fatto prima». Virginia Piccolillo e Valentina Santarpia hanno rivelato, sul Corriere, i retroscena - per dir così - di queste macerie: «I materiali vanno divisi: prima di tutto va smaltito l’amianto, che anche se in piccole quantità potrebbe inquinare. Poi vanno divisi ferro e legno dalla pietra. E smaltiti in appositi impianti. Nelle Marche i consorzi occupati a raccogliere le macerie, Cosmari e Picerno Ambiente, hanno allestito anche un capannone dei ricordi, dove conservano foto, gioielli, pupazzi». A tutto questo bisogna aggiungere le cosiddette macerie d’arte, la cui gestione tocca al ministero dei Beni culturali. Tutti i lavori vanno appaltati e le procedure sono lunghissime, anche per evitare le infiltrazioni criminali.
• E le casette?
Altra croce. I comuni ne hanno richieste 3.827, ne sono state consegnate 534. Ai cronisti che vanno a vedere, gli abitanti mostrano che, dopo cinque mesi, sono in condizioni pietose. Topi, buche, maniglie che si staccano e quant’altro. Giuliano Pazzaglini, sindaco di Visso (Macerata), che di casette non ne ha ancora ricevuta neanche una, ha raccontato il calvario burocratico: «Il sindaco deve stabilire quante casette servono, poi individua le aree dove metterle, poi la Protezione civile deve valutarle, poi interviene il genio civile regionale, poi si passa all’esproprio, poi la società incaricata disegna il layout, poi il layout deve essere autorizzato in municipio, poi torna in Regione, poi la Regione dà l’incarico per la progettazione, poi il progetto passa all’Ente per l’abitazione pubblica (Erap) di Pesaro e infine la gara la fa l’Erap di Macerata...». Undici passaggi.
• Perché il terremoto di Amatrice è «scientificamente interessante»?
Siamo nella fascia a più alta pericolosità sismica del Paese, quella che corre lungo tutta la dorsale appenninica ed è sottoposta a tensioni geologiche continue. Stira l’Italia da nord-est a sud-ovest, cioè estende la penisola e la allarga di 3-4 millimetri l’anno, che significa 3-4 metri ogni millennio. Dura da migliaia e migliaia di anni, e ne durerà altrettanti.