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 2017  agosto 20 Domenica calendario

Vasco Errani lascia i terremotati sotto le macerie

Quando guarderanno il suo curriculum e leggeranno: “commissario straordinario del governo per la ricostruzione post sisma 2016”, dal 9 settembre 2016 all’8 settembre 2017, magari qualcuno chiederà a Vasco Errani: «Ah, e cosa ha ricostruito?». Non gli ci vorrà molto per rispondere: nulla, nemmeno qualche scalino distrutto dal terremoto che devastò Amatrice, Accumoli, Arquata e Pescara del Tronto e poi con le scosse successive altre ampie zone di Marche, Lazio, Abruzzo e Umbria. Ma Errani anche senza potere mettere un solo piccolo edificio ricostruito nel suo curriculum, se ne va perché ha voglia di ricostruire la sua carriera politica e di tornare in Parlamento al seguito di Pierluigi Bersani, Mdp o quel che si metterà insieme fra le macerie sparse della sinistra italiana. 
Non si metteranno a piangere i terremotati, che non hanno mai vissuto un grande feeling con lui. Ma un po’ si sentiranno abbandonati dallo Stato proprio ora che si sta per ricordare tristemente il primo compleanno della scossa più letale. Errani non è riuscito mai ad ingranare davvero in quelle zone, e la sua nomina è stata fin dall’inizio piuttosto confusa. Eppure pur a lungo senza struttura e di fatto senza missione svolgibile (la scarsa efficacia del suo ufficio specie nei primi mesi non è responsabilità sua), il commissario per la ricostruzione che non si fa era pur sempre il simbolo della presenza dello Stato e del governo centrale in quelle zone. Se si pensa che a un anno dal sisma gli unici due punti di riferimento dello Stato centrale sul territorio (a parte visite sporadiche e spesso fastidiose e inutili delle principali autorità) sono stati il capo della protezione civile Fabrizio Curcio e il commissario Errani ed entrambi se ne vanno via per motivi personali prima che sia stata posta una sola pietra della ricostruzione, è chiaro come quelle popolazioni possano sentirsi abbandonate. 
Oggi nulla è stato ricostruito, poco è stato messo in sicurezza, pochissimo è stato recuperato perché non gravemente danneggiato, e quasi sempre per iniziativa privata. In ogni zona colpita dal sisma fra l’80% e il 90% delle macerie sono lì a impedire ogni passo necessario verso la ricostruzione, e di fatto il solo sistema che ha funzionato è stato quello dell’ emergenza delle prime settimane e quello che ha permesso fin qui di dare una sistemazione del tutto provvisoria a chi era rimasto senza un tetto. 
L’esperienza Errani è stata fallimentare fin dalle sue radici, e va verso questa triste conclusione che per altro era contenuta nelle sue premesse. Non c’era alcuna esigenza di nominare un commissario per la ricostruzione a quindici giorni circa dal terremoto, perché era evidente che la sua missione per lungo tempo sarebbe stata senza contenuto. Ma la scelta che fece al tempo il presidente del Consiglio Matteo Renzi era esclusivamente politica e non guardava alle esigenze di quelle terre. Nella migliore delle ipotesi il commissario straordinario serviva per fare il segno di una presenza del governo in quelle zone. La scelta di Errani fu fatta perché il politico del Pd che da presidente dell’Emilia Romagna aveva già affrontato l’emergenza recente di un terremoto era molto stimato da Renzi, che lo avrebbe voluto con sé per tutt’altro: progetto che non andò in porto per una indagine della magistratura che coinvolgeva lui e il fratello. Da quella indagine Errani uscì, e Renzi pensò di nominarlo lì anche a titolo di risarcimento per quello che aveva subito dai pm. Fu un errore perché in quel momento la ricostruzione non c’era e l’incarico aveva come solo contenuto un compenso fisso di 50 mila euro lordi e uno variabile di altri 50 mila euro (anche questa una anomalia). Errani è stato sul territorio, ha partecipato ad ogni riunione, ma non aveva nessun potere, e alla fine quella presenza ha creato più confusione che risoluzione dei problemi. La gente gli poneva problemi, perché era il rappresentante ufficiale del governo in zona e lui non aveva strumenti né a lungo poteri per fornire delle risposte. Non avendo ricostruito un solo mattone, Errani se ne va per buttarsi nella prossima campagna elettorale, e non è immagine esemplare. 
Il fallimento di questa esperienza sembra riconosciuto dallo stesso governo di Paolo Gentiloni, che non ha intenzione di nominare un successore, assegnando invece la funzione commissariale ai quattro presidenti delle Regioni coinvolte. Così il governo centrale si tirerà anche simbolicamente fuori da quelle macerie, che restano tutte in zona.