20 agosto 2017
APPUNTI PER GAZZETTA - LA MESSA ALLA SAGRADA FAMILLA, LA CACCIA AL FUGGITIVOA CHE PUNTO SONO LE INDAGINIILPOSTAl terzo giorno di indagini sugli attentati di Barcellona e Cambrils, in Spagna, che hanno causato 14 morti e oltre 120 feriti e che sono stati rivendicati dallo Stato Islamico, la polizia ha detto di ritenere che la cellula terroristica dietro agli attacchi fosse composta da 12 persone
APPUNTI PER GAZZETTA - LA MESSA ALLA SAGRADA FAMILLA, LA CACCIA AL FUGGITIVO
A CHE PUNTO SONO LE INDAGINI
ILPOST
Al terzo giorno di indagini sugli attentati di Barcellona e Cambrils, in Spagna, che hanno causato 14 morti e oltre 120 feriti e che sono stati rivendicati dallo Stato Islamico, la polizia ha detto di ritenere che la cellula terroristica dietro agli attacchi fosse composta da 12 persone. Le persone detenute sono quattro, quelle morte a Cambrils sono cinque, e oggi la polizia catalana ha detto che ne sta cercando tre. Uno di questi è Younes Abouyaaqoub, un marocchino di 22 anni e considerato dai giornali il principale sospettato di aver guidato il furgone che ha investito la folla sulla Rambla. Josep Trapero, capo della polizia catalana, ha detto che il suo ruolo nell’attentato non è però ancora stato confermato: la polizia non sa dove si trovi, ha detto, ammettendo che non si può essere sicuri che non sia uscito dalla Spagna. Questa mattina c’è stato un grande dispiegamento di polizia nella zona di Girona, nei pressi di La Junquera, città al confine tra Spagna e Francia.
Da ieri sera c’è però una novità potenzialmente molto importante: le ultime ricerche hanno rilevato la presenza di resti umani di fino a tre nuove persone nella casa esplosa mercoledì sera ad Alcanar, che la polizia ha confermato essere il luogo dove i terroristi stavano preparando gli attacchi e che si pensa possa essere esplosa per un errore nella preparazione degli esplosivi. Due dei tre terroristi che la polizia non ha ancora localizzato, quindi, sono quasi certamente morti nell’esplosione, ha detto Trapero. Un’altra persona presente nella casa al momento dell’esplosione, e rimasta ferita, era stata arrestata venerdì. Su Twitter, però, la polizia ha scritto che visto che i resti non sono ancora stati identificati le persone ricercate sono da considerare ancora tre.
Domenica pomeriggio la polizia catalana ha confermato che Julian Cadman, il bambino australiano di 7 anni di cui non si avevano notizie da giovedì, è una delle 13 persone morte nell’attentato sulla Rambla di Barcellona. Soltanto ieri i giornali spagnoli, citando proprie fonti, avevano invece scritto che era stato rintracciato e che era vivo.
Intanto le indagini si stanno concentrando su Abdelbaki Es Satty, imam della città di Ripoll, città un centinaio di chilometri a nord di Barcellona dove sono stati fatti tre dei quattro arresti, e dove vivevano i fratelli Driss e Moussa Oukabir. Es Satty non è ancora stato trovato, e secondo i giornali spagnoli potrebbe essere una delle persone morte nell’esplosione di Alcanar di cui sono stati trovati i resti. La polizia non ha diffuso informazioni su di lui, ma ieri la sua casa è stata perquisita, e secondo le fonti vicine alle indagini della stampa spagnola è sospettato di avere avuto un ruolo importante nella radicalizzazione dei terroristi di Barcellona e Cambrils, anche se agli abitanti di Ripoll non sembrava predicare una versione radicale dell’Islam, secondo le testimonianze raccolte da El Pais. Sempre fonti di El Pais dicono che è stato in carcere nel 2012, dove potrebbe aver conosciuto alcuni dei terroristi coinvolti nell’attentato dell’11 marzo 2004 alla stazione di Madrid. Trapero ha detto che per ora la polizia non sa come si siano radicalizzati i terroristi.
El Paìs, El Confidencial e l’Español hanno pubblicato una ricostruzione della polizia di com’era formata la cellula, anche se poche informazioni sono state ufficialmente confermate dalla polizia, e la maggior parte arriva da fonti vicine alle indagini dei giornali. Le altre persone ancora da localizzare, oltre a Abouyaaqoub, che potrebbero quindi essere morte ad Alcanar, sono Youssef Alla ed Es Satty. Tra i membri della cellula terroristica c’erano quattro coppie di fratelli: Moussa e Driss Oukabir, Said e Youssef Alla, Omar e Mohamed Hichamy, Houssaine e YounesAbouyaaqoub.
Nell’appartamento esploso mercoledì sera, la polizia ha trovato diverse bombole di butano e propano e tracce di TATP, il triperossido di triacetone, l’esplosivo che è stato definito “il marchio di fabbrica” dell’ISIS e che è già stato usato in diversi attentati in Europa. Rukmini Callimachi, affidabile giornalista del New York Times esperta di terrorismo e Stato Islamico, ha scritto che sue fonti vicine alle indagini le hanno detto che il piano per gli attentati cominciò circa un anno fa, quando i terroristi, che vivevano dalle parti di Girona, a nord est di Barcellona, si spostarono molto più a sud, ad Alcanar, per stabilire la propria base operativa. Qui cominciarono ad accumulare bombole di gas – fino a 100 – che portarono una a una nella casa. Sempre Callimachi aveva scritto, citando sue fonti vicine alle indagini, che i terroristi avevano progettato un piano diverso e più grande, che prevedeva il noleggio di un camion più largo, oppure in alternativa più furgoni da riempire con esplosivi. Un’ipotesi della polizia è che i terroristi abbiano fatto l’attentato sulla Rambla come ripiego, temendo che dopo l’esplosione di Alcanar sarebbero stati scoperti.
Secondo Callimachi, i terroristi non erano noti alle autorità, cosa insolita visto il livello di organizzazione: anche i loro account sui social network non lasciavano intendere una loro radicalizzazione, forse perché usati dai terroristi per depistare la polizia. «Penso che conosciamo soltanto la punta dell’iceberg di questo piano. Come abbiano fatto a rimanere nascosti così tanti uomini per così tanti mesi è incredibile», ha scritto Callimachi.
Ieri il ministro dell’Interno spagnolo Juan Ignacio Zoido ha detto che la cellula terroristica dietro agli attentati è stata smantellata, il suo omologo catalano e la polizia catalana hanno fatto capire che è ancora presto per dirlo. La Spagna ha deciso di mantenere il livello 4 di allerta per la minaccia terroristica, lo stesso che vige dal giugno 2015, perché non si ritiene ci sia la minaccia di un nuovo attentato.
Il bilancio dei morti nell’attentato, intanto, non è cambiato: 13 a Barcellona, 1 a Cambrils. Tre dei morti di Barcellona erano di nazionalità italiana: Bruno Gulotta, di Legnano (Milano), Luca Russo, di Bassano del Grappa (Vicenza), e Carmen Lopardo, residente in Argentina. Tra le altre persone morte c’è uno statunitense, un canadese, una belga, due donne portoghesi, quattro spagnoli (di cui una con doppia nazionalità spagnola e argentina). La persona morta a Cambrils è a sua volta di nazionalità spagnola: si chiamava Ana María Suárez ed era originaria di Saragoza.
REPUBBLICA.IT
Stavano preparando "uno o più attentati esplosivi a Barcellona" nella casa di Alcanar. In quell’edificio che era la loro santabarbara "c’erano oltre 120 bombole di gas". Ma la villetta è saltata in aria, e all’ultimo momento i terroristi hanno dovuto cambiare i loro piani di morte. La conferma viene dal capo dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, Josep LLuis Trapero. "Stiamo cominciando a vedere chiaramente le cose - ha aggiunto - questo era il luogo in cui si stavano preparando".
Trapero ha aggiunto di non sapere se il ricercato numero uno, il presunto autista del furgone, Younes Aboyaaqoub, si trovi ancora in Spagna: "Se lo sapessimo lo andremmo a prendere". Così proseguono le ricerche per catturare il ventidueenne marocchino invitato anche dalla madre a costituirsi. Il fratello minore, Houssaine Aboyaaqoub, giovanissimo complice, è morto nell’Audi bloccata dalla polizia a Cambrils. E c’è mistero anche su Youssef Aallaa e, soprattutto, sull’imam Abdel Baki Essati, di cui, da Ripoll, borgo ai piedi dei Pirenei a meno di 50 chilometri dal confine sulla Francia, si sono perse le tracce. Probabilmente due di loro sono morti saltando in aria ad Alcanar, ma ancora non si sa chi, forse proprio l’Imam e il giovane Youssef.
Quindi, "per ora continuiamo a lavorare sull’ipotesi che la cella era formata da 12 terroristi", giovani, quasi tutti imparentati l’uno con l’altro, "nessuno che avesse precedenti specifici legati alla jihad ", così ancora i vertici della polizia catalana. "Stiamo cercando 3 persone in fuga perché non abbiamo ancora la conferma delle identità sui resti biologici di Alcanar".
E intanto una massiccia presenza di polizia è stata segnalata alle prime luci dell’alba proprio a Ripoll, la cittadina dove vivevano altri membri della cellula terroristica che ha colpito a Barcellona e a Cambrils, ad esempio i fratelli Oubakir. Lo riferisce El Pais, mentre La Vanguardia parla di un grande dispiegamento di polizia a Girona, a nord di Barcellona, e nella vicina Manlleu, località frequentata abitualmente da Abouyaaqoub, dove era stato trovato uno dei furgoni noleggiati dalla cellula che ha colpito in Catalogna.
Intensificati in queste ore anche i contatti con le autorità dell’antiterrorismo francese anche se, secondo "Le Journal de Dimanche", "niente" collega "per ora" i membri della cellula con la Francia. Tuttavia, i servizi segreti di Parigi stanno lavorando ad un numero telefonico francese trovato nell’elenco dei contatti di uno dei sospetti.
E, in attesa delle risposte degli esami sul dna di tutte le vittime dell’esplosione della villetta di Alcanar, gli inquirenti catalani continuano a indagare anche sulla vicenda dell’auto che giovedì scorso, pochi minuti dopo l’attentato sulla Rambla, ha saltato un posto di blocco sulla Diagonal di Barcellona, e in cui è stato trovato il cadavere di un uomo pugnalato. Dopo essere stata colpita dai proiettili degli agenti, la Ford focus è stata abbandonata a tre chilometri di distanza, all’altezza di Sant Just Desvern. All’interno del mezzo, gli agenti hanno trovato sui sedili posteriori il cadavere del cooperante spagnolo di 34 anni e residente a Vilafranca del Penedès. In un primo momento, gli agenti hanno ipotizzato che l’uomo potesse essere morto per gli spari ma l’autopsia ha confermato la morte per ferite da coltello.
LA CERIMONIA ALLA SAGRADA FAMILIA
Commossa e blindatissima, in mattinata a Barcellona si è svolta la cerimonia per le vittime dell’attentato sulla Rambla. Una "Misa por la Pau", iniziata alle 10, per concludersi un’ora e mezza dopo, celebrata in cinque lingue per commemorare le 15 vittime di diverse nazionalità (tre gli italiani, Bruno Gulotta, Luca Russo e Carmen Lopardo) travolte giovedì scorso da un furgone con a bordo un commando jihadista. Il rito è stato ospitato all’interno della Sagrada Familia, l’imponente simbolo cristiano più celebre della Spagna e in prima fila - con un forte messaggio di unità anche politica - siedevano i reali di Spagna e il premier Mariano Rajoy, con il presidente della Catalogna Carles Puigdemont, la sindaca di Barcellona Ada Colau e il sindaco di Cambrils, Camí Mendoza.
L’evento era aperto a tutti i cittadini, tanta gente comune, turisti e tantissimi giovani, ma con eccezionali misure di sicurezza anche perchè la chiesa, secondo i media spagnoli, era il primo obbiettivo nel mirino dei terroristi che poi hanno colpito i passanti sulla Rambla. Condividi La messa è stata concelebrata dall’arcivescovo e dal cardinale di Barcellona, Joan Josep Omella, insieme al vescovo ausiliare Sebastià Taltavull. Ed è stato proprio Omella a sottolineare il messaggio di fratellanza: "La pace è la migliore amica della nostra vita e chiediamo al Signore che ci dia la maniera di essere artigiani di pace". "E’ bello essere qui tutti uniti - ha aggiunto - questo è il mosaico sul quale si costruisce la società. Tutti uniti per un obiettivo comune: la pace, il rispetto e la convivenza fraterna. L’unione ci rafforza, la divisione ci corrode e ci distrugge".
HALIMA, MADRE DI MOHAMED E OMAR HYCHAMI
Mohamed mi ha chiamato e mi ha detto che sarebbe stato in vacanza fino al 27 agosto. Gli ho chiesto dove fosse e lui mi ha detto che era in spiaggia con i suoi amici. mi ha chiamato e mi ha mandato delle foto. Era tutto perfetto. Quando i ragazzi sono tornati stavano scherzando e ridendo, sorridevano ed erano rilassati. Giovedì, il giorno dell’attentato, Omat ha dormito fino all’una del pomeriggio, perché aveva fatto tardi, le quattro, la notte prima. Gli ho chiesto di ricaricare il credito del mio telefono e lo ha fatto. Mi ha detto che non avrebbe pranzato e che sarebbe uscito. L’ho chiamato e non mi ha risposto. Erano ragazzi normali, si prendevano cura di me, mi prenotavano i voli quando andavo in vacanza, avevano un lavoro, non rubavano. Non hanno avuto problemi con me o con altri, non riesco a capire.
No el meo nom
ACCOLTELLATA FINLANDESE
Sta meglio Lisa Biancucci, la ricercatrice di Bibbiena in provincia di Arezzo vittima dell’attentatore di Turku in Finlandia, che l’ha ferita con una coltellata alla spalla mentre passeggiava con la sua bimba di sei mesi sulla carrozina. Oggi è arrivato in ospedale, dove è ricoverata in terapia intensiva dopo un intervento chiurgico, il padre, un autotrasportatore in pensione.
Lisa Biancucci è una ricercatrice universitaria di 34 anni che vive e lavora a Turku, la città dove venerdì un diciottenne marocchino ha aggredito alcune donne in strada, ferendone otto e uccidendone due. "Abbiamo saputo cosa era successo venerdì alle 18 dal marito, che quando è avvenuta l’aggressione era al lavoro - racconta lo zio paterno, che si chiama Giuseppe ed è titolare di un bar a Bibbiena - L’altra mia nipote, Sara, e una zia sono partite appena possibile per raggiungerla in ospedale". Il primo volo disponibile era sabato. "I medici hanno spiegato che Lisa è stata operata alla spalla e per sicurezza la terranno in terapia intensiva ancora per alcuni giorni, quattro o cinque. Per fortuna non si trova in pericolo di vita. E per fortuna non aveva in braccio la bimba. Era stata battezzata la scorsa settimana qui a Bibbiena, erano ripartiti per la Finlandia sabato".
Lisa Biancucci ha studiato scienze dell’educazione e poi si è specializzata in antropologia. Da due anni e mezzo vive in Finlandia e lavora all’università di Turku come ricercatrice. Ha conosciuto il marito, ricercatore di zoologia di origine brasiliana, durante un progetto di studio in Lituania. Sono quasi dieci anni che si reca all’estero per condurre i suoi studi. "Mi interessa il modo nel quale l’educazione formale della scuola (o altre istituzioni educative) modifica lo sviluppo psicologico e sociale dei giovani individui, in particolare confrontando le diverse culture". Presenta così il suo lavoro nella scheda che ha preparato per un simposio a cui ha partecipato l’anno scorso a Turku. Nello stesso documento ricorda anche di essersi formata all’università di Siena, nella sede di Arezzo dove ha studiato scienze dell’educazione e poi in quella di Siena dove si è specializzata in etnologia e antropologia culturale. "È sempre stata molto impegnata nel sociale", racconta una sua compagna di corso, Elisa Cappelli di Spoleto.