Corriere della Sera, 20 agosto 2017
La «Madre di Satana»: l’Isis ora vuole l’autobomba
I coltelli. Il veicolo-ariete. L’esplosivo. Sono le tre armi – insieme ai kalashnikov – con le quali lo Stato Islamico ha insanguinato l’Europa, strumenti di morte in alcuni casi legati ad una disponibilità operativa, in altri dettati da una scelta obbligata: non avendo fucili e pistole sono stati costretti a cercare soluzioni alternative. Ma sempre con la voglia di migliorare, ripetendo quanto fatto sul campo di battaglia mediorientale dove i mujaheddin hanno mostrato inventiva, iniziativa e abilità. È un passaggio chiave che troviamo anche nel teatro occidentale con il tentativo di confezionare ordigni rudimentali, magari con il ricorso alla «madre di Satana», la miscela esplosiva che si prepara con prodotti facilmente reperibili sul mercato civile ed è comparsa in alcuni attentati, come a Parigi e Bruxelles. I terroristi dilaniati nella casa-covo di Alcanar stavano impastando gli ingredienti e volevano aggiungerli ad un gran numero di bombole di gas, un mix da innescare vicino ad un obiettivo simbolico. L’episodio deve essere studiato e valutato perché introduce alcuni elementi. Vediamoli in sintesi. Primo. La «madre» è notoriamente instabile, presenta dei pericoli per chi la manipola, capita che non funzioni o tende «a bruciare». Serve una mano esperta e anche in questo caso non è detto che l’artificiere superi tutti gli ostacoli. Secondo. L’Isis vuole chiaramente impiegare un’autobomba (o una serie) in Europa. Per imitare i combattenti in Iraq, per provocare un alto numero di vittime, per confermare le sue capacità «belliche» davanti agli occhi del nemico, per creare nuovi problemi agli apparati di sicurezza. La barriera antisfondamento, per capirci, non basterà più. Terzo. Il ricorso al furgone per schiacciare persone inermi continuerà ad essere usato, giustamente è stato definito il missile da crociera a basso costo. Però ai criminali non basta. È possibile che i killer intendano potenziarne gli effetti con l’inserimento di cariche detonanti, sia pure «artigianali». Magari tendendo una trappola alle squadre di soccorso. Un micidiale secondo colpo. Quarto. Il salto di qualità potrebbero raggiungerlo quando ad una cellula come quella catalana, composta da aspiranti mujaheddin, si unisce un veterano della Jihad, con un bagaglio tecnico adeguato. Che avrà il vantaggio di poter acquistare ciò che gli serve senza destare sospetti. Non è poco. Anzi, è molto.