la Repubblica, 17 agosto 2017
Air Berlin getta la spugna. Dalla Merkel 150 milioni Ryanair: «È aiuto di Stato»
Air Berlin è ufficialmente fallita. A Ferragosto la compagnia aerea ha portato i libri in tribunale e il governo tedesco ha fatto sapere immediatamente di aver messo 150 milioni di prestito-ponte sul tavolo per garantirne la sopravvivenza fino a novembre. In attesa che si facciano avanti degli eventuali compratori, ma anche per non provocare nell’immediato un totale caos nel mezzo dell’alta stagione turistica. Angela Merkel si è affrettata a far sapere che la possibilità che il salvataggio della low cost tedesca con soldi pubblici sia pagato dai contribuenti è «relativamente bassa». Ma intanto il sottosegretario all’Economia Matthias Machnig ha spiegato ieri mattina in tv di essere già in trattativa con la Commissione europea per ottenere il via libera al prestito, citando come precedente Alitalia «che ha potuto usufruire di un prestito-ponte del governo da 600 milioni». Anche perché Ryanair è già sul piede di guerra. Gli irlandesi hanno fatto immediatamente ricorso all’Autorità tedesca per la concorrenza e a Bruxelles perché sentono odore di un «palese complotto», insomma di una trama di Lufthansa e del governo Merkel per tenere Ryanair fuori dalla ricca eredità di Air Berlin, a partire dagli slot. «Questa bancarotta è stata creata artatamente perché Lufthansa possa accaparrarsi una Air Berlin liberata dai debiti», si legge sul sito di Ryanair. Machnig ha respinto le accuse e ha puntualizzato che proprio per ragioni di antitrust, Lufthansa non potrà assorbire la concorrente tedesca. E in effetti le compagnie accorse al capezzale di Air Berlin per conquistarne i pezzi migliori sono più d’una. Lufthansa sembra interessata a prendersi la flotta di aerei e di slot per il lungo raggio. Così, l’ad di Ryanair Micheal O’Leary non ha torto quando subodora nel fallimento dichiarato di Air Berlin una manovra per ripulire la compagnia dai debiti prima di consegnarne quote importanti al gigante di Duesseldorf. Intanto, pare che anche il più importante tour operator tedesco, Tui, si sia messo in fila per Air Berlin, insieme alla controllata di Thomas- Cook, Condor. Infine, secondo una fonte vicina al dossier citata da Reuters, anche Easyjet sarebbe della partita, in particolare per le tratte da Berlino e Duesseldorf. L’obiettivo, sostiene la fonte, «è tenere fuori Ryanair». Altra fonte di polemiche: il ruolo dell’azionista Etihad, socio con una quota del 30 per cento, che avrebbe comunicato nello scorso fine settimana la propria indisponibilità a continuare a finanziare Air Berlin, accelerandone il fallimento. La compagnia degli Emirati Arabi si è sfilata dopo il fallimento dell’ennesimo piano di rilancio e dopo aver sborsato 250 milioni di nuova cassa soltanto nell’aprile scorso. Sono stati gli ultimi, però: «In queste circostanze, Etihad non può offrire finanziamenti che possano aumentare ulteriormente la nostra esposizione finanziaria», si legge in una nota della compagnia del Golfo. A cui si sommano quattro anni di bilancio in rosso, con una perdita di 782 milioni solo nel 2016. Esattamente quanto accaduto con Alitalia, dopo tre anni di tentativi per rilanciare la compagnia di bandiera. Nel caso italiano, Etihad si è sfilata dopo il referendum con cui i lavoratori hanno bocciato il piano di tagli occupazionali (e di retribuzioni), condizione necessaria per un nuovo rifinanziamento. Il fallimento dell’avventura europea di Etihad si misura in una cifra: tra Alitalia Air Berlin ci ha rimesso due miliardi di euro.