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 2017  agosto 17 Giovedì calendario

Quando lo sport cambia sesso. Renée, i 40 anni della rivoluzione. Agli Us Open del 1977 il debutto della prima atleta transgender

Un anno prima, quando aveva tentato di scendere dalla Rolls Royce dell’organizzazione per entrare all’Orange Lawn Tennis Club, nel New Jersey, era stata aggredita dai fotografi. Per raggiungere i campi di allenamento Gene Scott, il direttore del torneo, aveva dovuto trascinarla di peso dentro la Club House e farla passare da una finestra sul retro. Era il 1976 e Renée Richards in quel momento si era chiesta per la prima volta se ne fosse davvero valsa la pena.
Un’estate da ricordare
Renée era nata 43 anni prima a New York con un altro nome, Richard Raskind, e soprattutto con un altro sesso. Da uomo era stato un buon wide receiver nella squadra di football del liceo, e così bravo a baseball da meritarsi un provino con gli Yankees. A Yale, dove si sarebbe laureato in medicina, era invece diventato il capitano del team di tennis, entrando anche nel 1953 in tabellone ai Campionati degli Stati Uniti, gli attuali Us Open. Insomma: uno tagliato per lo sport. Il problema era che Richard si sentiva «una». E quando poteva si vestiva di conseguenza.
Così dopo il servizio militare in marina, la specializzazione in oftalmologia, un matrimonio naufragato, un figlio fatto e mille bugie, il dottor Raskind nel 1975 aveva deciso di cambiare sesso. Si era poi trasferita nella più liberale California, in cerca di anonimato, ma durante un torneo amatoriale over 35 a La Jolla era stata riconosciuta e smascherata. Gene Scott, ex tennista e vecchio amico di Renée in versione Richard, indignato per l’ondata di insulti piovuti sull’ex collega, decise subito di invitarla a South Orange, attirando l’attenzione del Paese ma provocando il forfait di 25 delle 32 iscritte. La neo-ragazza era mancina, alta (1,85), serviva, inevitabilmente, come un uomo, e altrettanto inevitabilmente divenne in un attimo l’eroina di tutte le minoranze. «Sembrava che tutto il mondo mi guardasse come una specie di Giovanna D’Arco», scrisse poi la Richards nella sua prima autobiografia («Secondo servizio»).
Scandalo globale
Lo scandalo era iniziato e divenne globale quando alla Richards, che si era rifiutata di sottoporsi ad un test ormonale, fu impedito di giocare agli Us Open. Renée però non si perse d’animo, portò in tribunale la federazione americana e il 16 agosto 1977 vinse in carrozza la causa per discriminazione. «In quel periodo folle», disse poi, «non credo che senza tennis sarei sopravvissuta». Così nell’anno dei Sex Pistols e di Star Wars e della vittoria di Virginia Wade a Wimbledon, alla fine di quella che per New York era stata the Summer of Sam, la lunga estate calda del serial killer che uccideva le coppiette, Miss Richards, la prima atleta transessuale dichiarata del tennis e dello sport mondiale, entrò trionfalmente al West Side Tennis Club di Forest Hills. In singolare, divorata dal nervosismo, perse male al primo turno proprio dalla Wade (6-1 6-4), ma in doppio arrivò in finale con Betty Ann Suart, sconfitta solo da Martina Navratilova – di cui sarebbe poi diventata l’allenatrice per due anni – e Betty Stove.
Due anni dopo agli Us Open arrivò fino al terzo turno e in semifinale in misto con (indovinate) Ilie Nastase. Si ritirò nel 1981, dopo essere stata anche n. 20 del mondo, da icona del movimento trasgender. Oggi ha 83 anni, è tornata a vivere a New York. Sostiene di non essersi mai pentita dell’operazione, ma a chi le chiede un consiglio risponde: «Se sei un uomo di mezza età con moglie e figli, meglio che ti prendi una pastiglia di prozac e tiri avanti, piuttosto che ritrovarti donna a metà».