la Repubblica, 15 agosto 2017
Nelle valli dell’orsa: «Non criticateci se abbiamo paura»
Il confine dell’orso lo traccia il silenzio, dove il sentiero si allontana dall’ultima presenza umana e si apre in una radura vellutata in cima al monte Bondone. Qui non c’è più segno del turista e neppure del montanaro, spariscono quelli che vogliono mostrare l’orso ai bambini e quelli che dall’orso temono di essere sbranati. Solo faggi e abetaie, e vento. Soltanto il sorbo, il pioppo, la betulla e una specie di estrema prateria: quassù tre giorni fa vennero uccise le ultime pecore forse proprio da KJ2, prima che un proiettile da caccia grossa la centrasse alla base del collo, esplodendo subito dopo essere penetrato nella carne. Il regno perduto di una vecchia bestia che cercava di difendere i cuccioli. Si lascia l’automobile di fronte al rifugio Viote e poi si sale nel bosco a piedi per un’ora. Bisogna far rumore, bisogna far capire all’orso che sta arrivando l’uomo, perché lui l’uomo non lo ama, anzi lo fugge. Bisogna fischiare, battere il bastone sui rami, bisogna far casino: fare gli essere umani. Ma l’orso non si vede. Troppo sole, troppo presto. Sente il nostro odore e non ha nessun interesse a incontrarci. Resteranno delusi Ilaria che ha nove anni e il suo fratellino Mattia, che invece ne ha cinque. Anche ieri ci sono rimasti male, finita l’escursione alla malga Brigolina. «I bambini volevano vedere i cuccioli, a un certo punto non ne volevano più sapere di camminare e allora io e il papà abbiamo scherzato, dài bimbi, sbrigatevi che altrimenti arriva l’orso. E loro: bene, evviva, noi lo vogliamo vedere». Silvia Zoccatelli è salita da Verona col marito Alberto Accordi, e della bestia non ha paura. «Si è spaventato solo mio fratello che sta in Puglia e mi ha telefonato, occhio all’orso mi ha detto. E io: quale orso?». Però su questi sentieri la Forestale ha censito cinque esemplari femmina con prole: almeno quattro orsacchiotti per una, in totale fanno più di venticinque orsi. «Le guardie mi hanno consigliato di non mettere fuori l’organico, ma io mica posso tenerlo in cucina». Maria Grazia Bonella gestisce il rifugio Viote in cima al cocuzzolo, dove nel pieno del mezzogiorno si fa la fila per canederli e sacher. «Orsi non ne ho mai visti, però so che ci sono. Mi è spiaciuto per quella povera bestia, ma credo che qui abbiano esagerato a ripopolare. Gli orsi ormai si sono abituati alla gente e hanno fame, si avvicinano cercando cibo. La notte sento i cani abbaiare e mi chiedo come farò a non morire di paura quest’inverno». Il Bondone è la montagna del ciclista Charly Gaul che al Giro del ’56 salì nella bufera di ghiaccio, e in questo agosto rovente è un tripudio di anemoni e iris. Lisa lavora al giardino botanico. «Penso che l’orso sia una ricchezza. Qui è tutto tranquillo, quest’anno ci sono più villeggianti che mai e nessuno mi sembra spaventato. Anzi, in tanti chiedono dove si possono vedere questi benedetti orsi, alla fine per il turismo possono diventare anche un valore aggiunto». Ma cambiando versante e riavvicinandosi a Trento, la percezione dell’orso è tutt’altra cosa. Siamo a Cadine, seimila anime dietro le tapparelle chiuse e ben poca voglia di parlare. All’ombra del Sorasass, con il Brenta sullo sfondo, questi sono i sentieri dove vennero aggrediti Vladimir Molinari nel 2015 e Angelo Metlicovec il 22 luglio. Al campanello di Molinari una voce femminile risponde «no grazie» e riattacca. C’è da capirla. Per colpa di quell’orsa, Vladimir Molinari non lavora più. Era decoratore, la bestia gli ha dilaniato i muscoli del braccio e anche l’equilibrio psicofisico ne ha sofferto. In paese lo sanno tutti e lo rispettano. Qui gli orsi la sera vengono a passeggiare a ridosso delle case, percorrendo i sentieri come fossero escursionisti. «Non portiamo nemmeno più fuori l’immondizia» racconta Mara Cestari, una mamma assai preoccupata. «Le offese ai trentini fanno male, noi siamo gente aperta e accogliente. Agli animalisti vorrei dire di provare a trovarsi di fronte un orso che allunga le zampe. Il progetto di ripopolamento è bello ed è anche giusto, però ormai i numeri sono eccessivi. Credo che permettere l’abbattimento selettivo come accade per i cervi potrebbe essere una soluzione». Perché è facile giudicare da lontano. «Ma a Saverio sono diventati i capelli bianchi dopo avere incontrato una di quelle bestie, ma bianchi per davvero, non per modo di dire». Il vecchio alpino Ferruccio Nardelli di anni 71 siede sotto le piante con i commilitoni Rino e Claudio, che di anni ne hanno quasi 80. Non ha voglia di scherzare. «Gli orsi ci sono e fanno paura. A Stefania mangiano le pannocchie, a Claudio le ciliegie, qui tanti agricoltori sono costretti a chiedere continuamente i danni alla Provincia. La gente delle città pensa che questi orsi siano come Yoghi: non sanno quello che dicono. E sui sentieri non andiamo più». Claudio ormai va per funghi parlando da solo ad alta voce «come i matti, chiamando qualcheduno che non c’è, ma almeno l’orso mi sente». Vola un pallone nel campo giochi, le mamme gridano ai bambini di non uscire mai dal recinto, per l’amor di dio. Sembrano proprio orsetti in gabbia.