la Repubblica, 15 agosto 2017
Addio roaming, liberi di errare è la stagione senza più limiti
“Mi ami? Ma davvero mi ami?”. “Mamma hai preso la pastiglia?”. “Clotilde hai bagnato i fiori?”. “Papà ma dove sei? Maria è con te?”. Estate favorevole, e col vento in poppa, per i cellulare-dipendenti. Le telefonate dall’estero ora non costano più le tariffe improponibili del passato: “Non mi chiamare, sono in…”. Così ora si può cercare sul telefonino il ristorante greco consigliato da TripAdvisor senza spendere una fortuna, o il volo low cost dalla Scozia all’Irlanda, oppure guardare la posta elettronica senza dover ricorrere al wifi dell’albergo, oppure a quello del ristorante o del bar dove ci si è fermati a bere una bevanda fresca. Estate alla grande con il cellulare incollato all’orecchio per parlare con genitori, figli, amici, fidanzati, amanti, come quando si chiamava dal telefono di casa senza-limiti. Un’estate senza limiti, poi, con la musica e le parole di “Despacito”, i ritornelli di Luis Fonsi e dei suoi succedanei e imitatori: “Mostrami il cammino che io vado. Tu sei il magnete e io il metallo… Tutti i miei sensi mi stanno chiedendo di più…”. Nell’anno dell’elezione di un presidente nordamericano bianco trionfa una canzone portoricana simbolo di quella cultura che dovrebbe starsene a sud del muro che Trump ha promesso di erigere. Eppure una buona percentuale di machismo il video di “Despacito”, che ha raggiunto milioni di condivisioni e di spettatori nel web, lo contiene, così da risultare non troppo distante, alla fin fine, dal maschilismo esibito dal Comandante in Capo, il quale, dal canto suo, s’appresta a svolgere il ruolo di dottor Stranamore nel confronto con Kim Jong-Un, novello Pokemon coreano. Movimento, danza e ritmo del rap, mentre le minacce volano da un lato all’altro del Pianeta. Tutto è movimento, come i missili messi in orbita dalle basi nordcoreane o i fidget spinner che s’agitano in rotazioni circolari tra le mani gli adolescenti. Oggetti antistress, macchine entropiche, gadget che tengono occupate le mani, e forse anche la mente grazie al loro movimento ipnotico. Estate in cui dormire non serve a nulla, perché lo spettacolo continua senza posa nelle stazioni balneari più alla moda, dove è dato d’osservare l’estate d’influencer, e di quelli che un tempo si chiamavano Vip (la differenza è che Vip si nasce, mentre influencer, come promette il web 2.0, si può sempre diventare). Stessa spiaggia e stesso mare, ma con i bermuda. L’importante non è portarli con stile, quanto piuttosto che costino tanto e, presentandosi al Circolo nautico, si possa far valutare dagli astanti l’abbigliamento indossato non meno di 2.000 euro, soprattutto se si è sindaci eletti nella lista Pd. Estate positiva, visto che il calzone corto, o lungo sotto il ginocchio, è stato sdoganato alla faccia del bon ton del bel tempo andato. Estate semicafona, e neppure troppo. Si tratta sempre di una questione di misura. Le app s’infittiscono sui visori degli smartphone. Negli scambi a voce o per iscritto, ce ne presentano sempre di nuovi, così si è costretti a inseguire. Ma se non si è dei devoti di WhatsApp (costa nulla si pensa e si dice), si può scegliere l’anonimato di Sarahah. Creato per abolire le differenze di status, sembra diventato il regno della consegna-senza-firma: frasi, definizioni, epiteti, critiche. La responsabilità non è del tecnico petrolifero che l’ha inventato per comunicare senza remore tra persone di differente status (questa la spiegazione fornita), ma di chi lo usa. Come spesso capita le nuove “invenzioni” non sono né cattive né buone. Dipende solo dall’uso che se ne fa. Tariffe telefoniche a parte, che sembrano la cosa migliore di questa estate al calor bianco, tutto il resto può servirci per renderci meno tristi, più allegri e più gioiosi. Il termine “roaming”, parolina magica del risparmio, che, come è noto, indica l’accordo tra un gestore telefonico e l’altro per l’utilizzo della reciproca rete da parte dei propri clienti, ha in inglese un significato perfetto: “errare”, “andare a zonzo”, “vagabondare”. Questa è la cosa migliore in assoluto che ci ha portato con sé questa estate oggi al suo culmine, e quindi incamminata verso il suo termine: la possibilità di circolare liberamente, non solo nello spazio fisico, cosa che, vista la situazione di tanti paesi del mondo, non è poi così facile o scontata, ma di farlo anche nello spazio virtuale, dove ancora esistevano, ed esistono, recinzioni, fili spinati, campi chiusi, strade vietate. Errare, senza paura di sbagliare, come del resto fa Zuleyka Rivera o come fanno i vari rapper nel video diventato virale e perciò trionfante. Camminare senza meta, che è poi il senso stesso dell’andare e anche dell’essere in vacanza: “vacare”, ossia mancare, essere assenti. Mancare, ma per esserci, s’intende, gadget, bermuda e app compresi. Beati quelli che d’estate non si muovono: che fanno roaming da fermi. Li invidio profondamente. Immobili e scollegati, e magari anche senza bermuda, in mutande, per via del caldo, senza aria condizionata, come i protagonisti di qualche film neorealista. Indietro, credo, non si torna più. Solo si va un po’ più avanti.