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 2017  agosto 15 Martedì calendario

Lance Armstrong, i podcast per restare nel giro

«Froome vuole tentare di vincere la Vuelta dopo il Tour? Io non l’avrei fatto, ma forse Aso avrà bussato alla sua porta con un pacco di soldi». «Bardet? Sembra che abbia 12 anni, non 26». «Barguil? Che sorpresona». Tutto questo gran parlare di ciclismo proviene da un van parcheggiato da qualche parte nella campagna texana. Da lì si diffonde nell’etere, in realtà su Internet, “The Forward Podcast”, una quarantina di minuti che Lance Armstrong dedica al suo caro vecchio ciclismo per gioco, per soldi, perché, come ha avuto modo di dire lui, «una persona senza una piattaforma su cui esprimersi è un uomo perduto». L’ha fatto durante tutto il Tour de France, ha proseguito durante il recente Colorado Classic. È un anno circa che in un modo o nell’altro la voce di Lance arriva ai suoi fedeli ascoltatori, circa tremila, registrati su Soundcloud.com. Tanti commenti, molti gli apprezzamenti. Lance rimane l’uomo che ha portato nel ciclismo ciò che Travis Tygart, il suo grande accusatore, definì «il più grande inganno nella storia dello sport». Eppure, il 45enne di Plano, sette Tour vinti e depennati, un bando a vita dall’agonismo, non sa rinunciare al suo vecchio mondo. Si è fatto vedere ad alcune gare amatoriali, a una di esse finanche in compagnia dei suoi vecchi gregari Hincapie e Vande Velde a Tucson, Arizona, o in allenamento con un giovane pro americano, Lawson Craddock, intento a elargire generosi consigli, chissà quali. «Lui cerca di ricostruirsi una socialità, una rispettabilità, una presenza e ha capito che solamente il ciclismo può dargli tutto questo, nient’altro» commenta David Walsh, il giornalista irlandese del Sunday Times che per primo ha lavorato intorno alla decostruzione del personaggio Armstrong (i suoi articoli e i suoi libri hanno fatto da sottotesto al film “The program”), «però ricordo che una volta Lance immaginava il suo futuro su una spiaggia con una birra in mano, lontanissimo dal ciclismo, e invece tutto è andato diversamente. Ma buona fortuna a lui». Paolo Savoldelli, che è stato suo compagno di squadra alla Discovery Channel e suo gregario nell’ultimo dei Tour vinti, quello del 2005, non si scandalizza: «Armstrong ha pesantemente pagato dal punto di vista sportivo, ma questo non può privarlo della libertà di esprimere le sue idee, non ci trovo nulla di male».