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 2017  agosto 15 Martedì calendario

L’ambasciatore italiano torna al Cairo. Polemiche e ira della famiglia Regeni

Un plico di documenti in arabo, spedito alla vigilia di Ferragosto, è servito a normalizzare, un anno e mezzo dopo, i rapporti tra Italia ed Egitto. La procura generale del Cairo ha inviato infatti ieri mattina ai colleghi romani nuovi atti d’indagine sulla morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano torturato e ucciso in Egitto il 5 febbraio del 2016. Poche ore dopo il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, «alla luce degli sviluppi», ha annunciato il rientro dell’ambasciatore italiano in Egitto, Gianpaolo Cantini. Una svolta brusca, nell’aria da mesi per ragioni politiche, rallentata fin qui dalla scarsa collaborazione degli investigatori egiziani che ieri hanno voluto compiere un gesto di distensione, seppur però senza alcun rilevante passo in avanti nelle indagini. «Siamo indignati» dicono infatti i genitori di Giulio, Paola e Claudio Regeni. «La decisione di rimandare ora, nell’obnubilamento di ferragosto, l’ambasciatore in Egitto ha il sapore di una resa confezionata ad arte. La verità è ancora lontana». Al momento non si sa cosa c’è negli atti inviati in Italia. Sono in arabo, verranno tradotti a partire da domani e, a credere a un investigatore che da un anno e mezzo lavora al caso, «difficilmente conterranno delle rivelazioni significative». Secondo quanto comunicato dal procuratore generale Sadek al procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone e al sostituto Sergio Colaiocco, si tratterebbe dei verbali dei dieci poliziotti della National security che hanno investigato direttamente su Giulio prima della sua scomparsa. E che hanno effettuato la perquisizione nelle abitazioni dei cinque ladri ammazzati in un conflitto a fuoco con la Polizia: a casa di uno di loro fu ritrovato il passaporto di Giulio. È ormai appurato che a portarlo fu proprio un poliziotto e che quella mattanza altro non fu che un depistaggio. La Procura di Roma aveva chiesto di interrogarli. E il Cairo lo ha fatto. Ora i loro scarni verbali verranno tradotti e analizzati dai poliziotti dello Sco e i carabinieri del Ros per capire se ci sono menzogne, come avvenuto in passato, o invece elementi utili alle indagini. Il “passo avanti” a cui fa riferimento il procuratore Pignatone nel comunicato congiunto con il collega Sadek si riferisce invece all’invito ottenuto per settembre. «Collaborazione» scrive infatti Pignatone non a caso: gli italiani, con la collaborazione dei nostri tecnici, parteciperanno alle riunioni operative con la società russa, messa sotto contratto dagli egiziani, per recuperare le immagini delle telecamere della fermata metro sotto casa di Giulio che invece erano state cancellate, perché nessuno nell’immediatezza dei fatti aveva ordinato di acquisirle. È il primo invito di questo tipo: dal Cairo avevano sempre negato agli italiani di partecipare a riunioni operative. «Entrambe le parti – dicono Sadek e Pignatone – hanno assicurato che le attività investigative e la collaborazione continueranno fino a quando non sarà raggiunta la verità su tutte le circostanze che hanno portato al sequestro, e alla morte di Regeni». «Alla luce di questo – ha spiegato Alfano, – il Governo ha deciso di inviare l’ambasciatore Giampaolo Cantini al Cairo». E il premier Paolo Gentiloni poco dopo ha aggiunto: «L’ambasciatore avrà, tra l’altro, il compito di contribuire alla azione per la ricerca della verità sull’assassinio. Una ricerca su cui prosegue la collaborazione tra le procure dei due paesi, come chiarito dal procuratore Pignatone. Un impegno al quale non rinunceremo, come ho confermato ai genitori di Giulio».