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 2017  agosto 15 Martedì calendario

Il caso Regeni: la scelta di Roma e il ruolo dell’Egitto in una regione instabile ma strategica

La convinzione che il ricercatore Giulio Regeni sia stato massacrato da mani barbare tra le quali rientrano almeno parti del sistema di sicurezza del Cairo non elimina un dato di fatto: l’Egitto è troppo importante perché il nostro Paese potesse ancora rinunciare ad avervi rapporti anche a livello di ambasciatori. Da quando, nell’aprile 2016, era stato richiamato alla Farnesina Maurizio Massari, il rappresentante precedente, la necessità indiscutibile di protestare e chiedere la verità sulla fine mostruosa di un nostro concittadino ha aperto una crisi nelle relazioni italo-egiziane priva di precedenti analoghi nel dopoguerra.
Con il futuro invio al Cairo dell’ambasciatore Giampaolo Cantini non cambierà tutto in un giorno. Ma il governo di Paolo Gentiloni ha deciso di modificare la propria postura per allontanarsi da una rotta di collisione che non avrebbe dato risultati positivi, se mai ci saranno, neppure sull’inquietante buco nero del caso Regeni.
Benché dal 2014 abbia come presidente Abdelfatah al Sisi, non certo un liberale, piaccia o non piaccia con i suoi quasi 95 milioni di abitanti l’Egitto è il più popolato tra i Paesi arabi. Con 2.612 chilometri di confini (di efficacia relativa, in tanti tratti) si trova incollato a due Stati fondamentali negli equilibri delle rispettive aree e a due non-Stati turbolenti e pericolosi. Gli Stati sono Israele e il Sudan, quest’ultimo fonte di migrazione e non privo di tensioni. I non-Stati sono la frammentata Libia, di fronte a casa nostra, e la striscia di Gaza, giacimento di malessere e di bande armate.
Per avere un’idea dell’interesse italiano a non restringere troppo i canali di dialogo con le autorità egiziane – di qualunque tipo esse siano o saranno, perché neppure sulla stabilità di lungo periodo dell’Egitto si può essere certi – non basta soltanto un corposo dato economico: l’interscambio di 5.180 miliardi di euro nel 2014.
Sono Al Sisi e il presidente russo Vladimir Putin gli stranieri che influenzano il generale Khalifa Haftar, capace di controllare la Cirenaica, e dal quale, benché non sia ritenuto in grado di colpire a Ovest, sono venute minacce di bombardare navi italiane in acque libiche. Può l’Italia contribuire a rendere sicura la Libia senza parlare normalmente anche per le vie ufficiali (non solo quelle dei servizi segreti e dell’Eni, canali mai interrotti) con i referenti di Haftar? E, una volta che non ci fosse Haftar, può sperarlo senza almeno un assenso della potenza militare regionale con la quale la Libia ha 1.115 chilometri di bucherellati confini?
Gli impegni ribaditi ieri dalla magistratura del Cairo a informare l’Italia di indagini sulla morte di Regeni, scoperta nel gennaio 2016, costituiscono l’elemento che ha permesso al governo Gentiloni di annunciare la futura partenza da Roma dell’ambasciatore Cantini. La scelta di non lasciare la sede del Cairo senza titolare in carica rientrava comunque in un percorso imboccato da mesi.
L’insediamento di Cantini non sarà questione di giorni. A essere stato sbloccata è la presentazione della richiesta di gradimento del diplomatico da parte del nostro ministero degli Esteri, una procedura indispensabile. Non va escluso che la risposta dal Cairo arrivi più rapidamente del solito. Il passo italiano potrà aprire la strada all’arrivo di un ambasciatore egiziano a Roma. Il titolare della sede non è ancora stato sostituito con Hessan Badr, nominato l’anno scorso, dopo che Amr Helmi ha terminato il suo mandato.
È doloroso. Non può non porre problemi di coscienza l’esistenza di un caso truce come quello Regeni sulla via di un ripristino di relazioni ordinarie. In ogni caso, l’Egitto che Al Sisi ha schierato contro il terrorismo fondamentalista islamico ha un peso destinato ad aumentare dopo l’individuazione di giacimenti di gas nel Mediterraneo Orientale, con la prospettiva di linee sottomarine per trasportarlo da costruire tra Israele, Cipro, Turchia. Può essere portatore di pace o polveriera. Conta troppo per far finta che non ci sia.