Corriere della Sera, 14 agosto 2017
Kakà scherza con un avversario l’arbitro chiede la Var e lo manda fuori
Così non Var. Stavolta la «vittima» illustre e innocente è l’ex milanista Kakà, 35 anni (foto), punto di forza dell’Orlando City. I fatti: sul 3-1 per i New York Red Bulls, si accende una rissa dopo uno scontro violento fra Davis e Higuita. Mani addosso, minacce, insomma le solite manfrine importate negli States dai campionati europei e sudamericani. Kakà, simbolo stesso del fair play, è dall’altra parte del campo ma, visto il protrarsi della zuffa, decide di intervenire a suo modo, per stemperare la tensione. Raggiunge il difensore francese Aurelien Collin, amico ed ex compagno di squadra proprio nell’Orlando, e da dietro, sorridendo, gli mette le mani sulla bocca per farlo smettere di pronunciare improperi contro gli avversari. Come un gioco tra bambini. Collin si gira e, quando riconosce l’amico, scoppia anche lui in una risata. L’arbitro a questo punto traccia con le mani l’ormai familiare gesto del quadrato: vuole il monitor della Var per vedere cosa è successo. Dopo la consultazione, esibisce il cartellino giallo per i due giocatori che si erano scontrati e addirittura il rosso per Kakà. Il quale non crede ai suoi occhi e cerca di spiegare all’arbitro che quello era niente più di uno scherzo fatto a un amico. Chiama a deporre lo stesso Collin che conferma la versione del brasiliano. Niente da fare: Kakà è fuori. La Var funziona, gli arbitri ancora no.