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 2017  agosto 14 Lunedì calendario

La rivoluzione si chiama carbonio, il materiale di costruzione delle biciclette 2.0

Quel nero striato che ha rivoluzionato la bicicletta. Che sia opaco o lucido, colorato dalle decalcomanie o verniciato poco importa: il carbonio è il materiale di costruzione delle biciclette 2.0. Rigido, confortevole e, anche, economico, perché prodotto su scala industriale. E, in più, è anche plasmabile, assicurando così alle biciclette moderne disegni aerodinamici accattivanti. Chissà se Leonardo Da Vinci, nel Codice Atlantico del 1490, quando disegnò uno schizzo di veicolo simile a una bici con due ruote, un asse di legno, un manubrio e una catena che collegava i pedali alla ruota posteriore avrebbe mai pensato che si sarebbe arrivati a tanto.
La storia
La bici come prodotto industriale ha fatto la fortuna dell’Italia negli Anni 50. Anche perché, a supportare la produzione, ci pensarono le gesta dei campioni del ciclismo. Fausto Coppi, il campionissimo che ha vinto due volte il Tour de France e cinque volte il Giro d’Italia, pedalava su una bici italiana costruita in ferro con qualche particolare, come il manubrio e i pedali, in alluminio. Pesava tra gli 11 e i 12 chili. Dal ferro si passò all’acciaio: più leggero e resistente assicurò alla bici un’importante evoluzione. È il materiale con cui Eddy Merckx dominò cinque volte il Tour de France e il Giro d’Italia.
Bisognò aspettare gli Anni 90 per i nuovi materiali: l’alluminio e il titanio. Più economico, perché prodotto di nuovo su scala industriale in grande quantitivo il primo, più élitario e raffinato il secondo. L’alluminio fu il materiale della bici, di nuovo italiana come quella di Coppi, una Bianchi, con cui Marco Pantani vinse nel 1998 prima di Giro d’Italia e poi il Tour de France. Il peso scese drasticamente, arrivando a sfiorare i 7 chili. Gli anni 2000 segnano la nuova svolta. Arriva il carbonio, l’ultima frontiera della tecnologia. Più leggero, più rigido e, soprattutto, più lavorabile. L’utilizzo del carbonio spazia dall’ambito aeronautico a quello automobilistico per arrivare a settori di nicchia come il ciclismo.
La lavorazione
Ma come viene prodotto il telaio della bicicletta in carbonio? Si tratta di prendere un filamento, che può essere di vario spessore ma sempre piuttosto sottile, e intrecciarlo in una composizione simile a quella delle sedie impagliate. Così facendo si ottiene la «pelle di carbonio». A quel punto si tratta di posizionare le pelli in un apposito stampo che darà al telaio la forma definitiva. Dagli anni duemila ad oggi le aziende che producono il carbonio per uso ciclistico hanno lavorato molto sulla rigidità del telaio e sulla leggerezza. E sul design, perché l’immagine è anche piacevolezza delle linee. Ogni costruttore personalizza linee, incollaggi delle fibre, dimensioni dei «tubi» del telaio. Le biciclette 2.0 di alta gamma raggiungono pesi da far restare a bocca aperta. Le specialissime costruite con l’obiettivo della leggerezza possono raggiungere anche i 5 chili, 5 chili e mezzo di peso. Come? Utilizzando il carbonio di alta gamma in tutte le altre parti della componentistica: dal manubrio, al reggisella, alla sella stessa, al cambio, alle pedivelle, alle ruote. Ci sono coppie di ruote che pesano intorno ai 700 grammi.
A livello agonistico l’Uci (Union Cycliste International) ha imposto, per ragioni di sicurezza, il limite dei 6.8 chilogrammi. Le bici devono essere leggere ma sicure al tempo stesso e garantire la guidabilità in discesa. I prezzi delle bici da strada 2.0 in carbonio vanno dai 1000 euro di un prodotto di bassa gamma ai 10.000 euro, e anche più, delle repliche delle biciclette dei professionisti del ciclismo. Poi ci sono le bici artigianali, come quelle che raggiungono i pesi limite. E il quel caso non c’è limite nemmeno al portafogli. Il carbonio viene utilizzato anche per le mountain bike, le biciclette da montagna. Alcuni costruttori continuano anche la produzione di modelli in alluminio e in titanio. Ma il re della bicicletta è il nero, striato, carbonio.