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 2017  agosto 13 Domenica calendario

Kenya, un voto di sangue scontri in tutto il paese. L’opposizione: «100 morti»

Nove morti e pochi feriti per il governo, ventiquattro per Medici senza Frontiere e per la Croce Rossa, oltre cento vittime a detta dell’opposizione. «Terrore di Stato, meticolosamentr preparato», urla James Orengo, esponente della National Super Alliance. I numeri che arrivano dal Kenya sono discordanti, ma dopo dieci anni l’incubo è tornato. Tra le vittime anche una bimba di 8 anni, Moora Nyarangi, la cui morte è stata documentata in un video che gira sui social. Le zone prese d’assalto dalla ferocia della polizia, secondo quanto riferiscono attivisti e testimoni, sono le roccaforti di Raila Odinga, il perdente: Kisumu, Kibera e Mathare. Non sono state neanche risparmiate le chiese. Fotografie e video documentano l’irruzione della polizia durante una messa a Litevan, nella contea di Kawangware. Nel filmato, diffuso su Twitter, si vedono gli agenti irrompere attraverso le finestre e lanciare gas lacrimogeni. Erano presenti molti bambini. Il ministero degli Interni, che sta coordinando le operazioni di polizia, sostiene che non ci sono morti e che gli agenti non stanno usando proiettili. Diversa la versione di Msf, che ha dichiarato di avere accolto almeno 7 feriti gravemente colpiti da armi da fuoco. «L’avevano annunciato: ‘Non riunitevi’. E hanno deciso di far rispettare l’ordinanza, sparandogli addosso e facendo irruzione nelle case, brutalizzando donne e bambini». Questa è la testimonianza di uno dei blogger e attivisti per i diritti umani più famosi del Paese, Kefah Wesley. Lo raggiungiamo al telefono mentre sta lasciando Kusumu, regno di Raila Odinga. «Ho visto decine di morti – ha raccontato – La polizia attacca chiunque si raduni. Ho visto i manifestanti protestare in strada. Erano disarmati. E la polizia ha comunque sparato sulla folla. Non erano proiettili di gomma, ma di armi da fuoco. Non si può parlare di pace, che è la conseguenza della giustizia. Qui non è stata fatta giustizia. La Commissione elettorale non ha dato la possibilità all’opposizione di verificare i dati dei voti. I kenyani non lo accetteranno mai. Qui la pace è finita. Ma il vero problema sono i media che non parla delle morti ingiuste di chi ha protestato e impediscono ai cittadini di accedere alla verità». Anche Human Rights Watch, denuncia l’uso eccessivo della forza da parte degli agenti. Le violenze sono iniziate venerdì, il giorno in cui Uhuru Kenyatta, figlio del primo presidente dell’indipendenza kenyana, è stato dichiarato il vincitore delle elezioni appena concluse. Raila Odinga ha perso per la quarta volta e ha denunciato brogli e hackeraggio del sistema elettorale. Wafula Chebukati, capo della commissione elettorale, ha dichiarato che hackeraggio c’è stato, anche se il danno sarebbe stato arginato. Dov’è la verità? Kenyatta fa parte dell’etnia più potente e ricca in Kenya, i kikuyu, che governano il Paese dall’indipendenza. Con lui l’economia è cresciuta insieme alla corruzione. E il suo vice presidente, William Ruto, sembra avere una forte influenza – a detta di molti nefasta – su Kenyatta. In molti attribuiscono a lui la malgestione del Paese. Kenaytta ha fatto un appello alla pace e all’unità. Odinga no: «Non ho controllo sulla mia gente», ha dichiarato due giorni dopo le elezioni, quando i risultati lo davano chiaramente perdente. Non è stata una dichiarazione rassicurante. E le conseguenze le stanno subendo i kenyani.