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 2017  agosto 13 Domenica calendario

Diecimila volte Cara Giulietta

Cara. Cara. Cara. Ti scrivo da Torino. Da Mosca. Dall’Arkansas. Sono felice, ho trovato il fidanzato dei miei sogni. Sono solo, non trovo la donna giusta. Mio marito è violento. Cerco l’uomo della mia vita. Ho abortito, sono triste. Cosa devo fare? Lo lascio. Mi ha abbandonata. Aiutami. E le giuliette rispondono, con carta intestata e penna. Diecimila lettere all’anno, malcontate, in aumento. I tempi però corrono veloci, e così arrivano anche tante mail, nel flusso continuo di messaggi di amore e di odio, di storie tutte vere, richieste di conforto e di consiglio, annunci di fidanzamenti, di nozze finite male, nascite, molte lacrime, talvolta sangue, e tutto questo arriva all’indirizzo semplice “Giulietta, Verona”. Arrivano comunque nel piccolo ufficio di corso Santa Anastasia 29, sede del Club di Giulietta, o Juliet Club, formato da una trentina di donne, età variabile dai diciotto ai sessanta, tutte graziose, sarà l’amore che gli fa bene alla pelle ma sono davvero carine e a volte molto belle. Come api operaie aprono leggono, riflettono e rispondono, Gratis et amore Dei, l’amore non si compra e comunque non è in vendita, sia ben chiaro. Questa è una posta del cuore anomala, non si scrive a una persona fisica definita, come succede nelle rubriche dei giornali, ma a una ragazza morta forse nel 1303, a neanche 14 anni, per un celebre amore tenuto nascosto alle famiglie che si odiano: una triste storia di cronaca con doppio suicidio finale che piacque tanto a Shakespeare, che la lanciò nel mondo, e nell’iperuranio. Comunque, questo non è un circolo di zie che credono nel vero amore, o un sodalizio femminile di self help. Piuttosto, un clan di ragazze concrete, e con un grande senso di responsabilità. Tutte amano scrivere, ciascuna si prende un mazzetto di lettere e attacca a rispondere, talvolta ci si confronta davanti a una pizza. Non ci sono personalismi, «anche se ognuna di noi è diversa dalle altre». Niente melassa, no cuoricini. Risponde Giulietta e basta. «Giulietta è una forte, coraggiosa, basta pensare a quello che ha fatto, al contrasto con la famiglia e la società. È una molto seria, non dà mai risposte standard», dice Giovanna Tamassia, presidente del Club. Ha ereditato il ruolo di capo delle giuliette dal padre Giulio, che nel 1990 prese in mano le lettere che arrivavano a Giulietta Capuleti ( il Comune non sapeva che farsene), e cominciò a cercare ragazze capaci, in grado di dare risposte sensate, e vere. «Sembrava una cosa da un cento lettere l’anno, poi è esplosa». La sede la paga ancora il signor Giulio, il Comune fa finta di niente, eppure il Club è incaricato dall’assessorato alla Cultura, evidentemente ignaro che trattasi di istituzione, come la Treccani e la Settimana Enigmistica. C’è un grande archivio, molte richieste di diventare “segretaria di Giulietta”, si fa una prova e, se va, avanti a rispondere. «Giulietta è un’amica. Una confidente. Che non giudica». Ma è molto chiara. Esempio: «Sono fidanzata da un anno e mezzo con Luca, un biondo che mi ha fatto impazzire al primo sguardo. Molti mesi fa ho abortito quello che doveva essere il nostro piccolo principe, ma lui non ha mostrato interesse per la situazione… poco dopo mi ha chiesto di sposarlo, ho detto sì, lo amo e pensavo avesse capito il mio dolore ma ha ritirato la sua proposta…». E cosa rispondere a quest’anima addolorata. Giovanna legge la risposta (lunga due volte la lettera): «Forse non era il momento giusto per un matrimonio, che era stato così affrettato per colmare il vuoto lasciato da un evento doloroso…. Spesso gli uomini sembrano non mostrare interesse, ma in fondo la loro è una corazza… Se è vero amore, insieme troverete tutti i pezzi che sono andati perduti… quelli che completeranno l’immagine perfetta della vostra unione…». La risposta sottintesa è: ma è vero amore? Insomma, niente melassa e piangiamoci addosso, ma, scritto ben chiaro in fondo, e chi deve capire capisce. Antonia: «Stiamo insieme da tre anni. Mi avevi scritto “fai chiarezza dentro di te”, bene, avevo iniziato a farlo. A luglio ne abbiamo parlato, avevamo deciso di prenderci una pausa. Non è servito a niente. Ogni volta che lo vedo penso “non posso lasciarlo, ne soffrirebbe troppo”. Ma non voglio passare altri giorni a piangere…». Risposta: «Penso che la tua felicità venga prima di ogni cosa, se non sei felice tu, come pensi di poter rendere felice chi ti sta accanto? …Pensaci bene, io dalle tue parole leggo tanta tristezza, insofferenza e impossibilità di uscire da un tunnel buio. Questa impossibilità è solo apparente, perché la via d’uscita esiste sempre. A te la scelta» ( insomma: lascialo!). Marinella Fedrigoli è una delle primissime giuliette. Ha lavorato come impiegata per 40 anni, «scrivere è una passione, e questa è una faccenda seria. Il materiale è delicato, è la vita delle persone. Siamo tutte volontarie, ma penso sempre che dare da mangiare ai vecchietti è più facile. È molto difficile dire a uno, che non conosci, che cosa deve fare. E se sbagli?». Eh già. Scrivono da tutto il mondo, a flussi. Esce un articolo sul Wall Street Journal e «arrivano gli americani». Esce il film “Letters to Juliet” e boom di lettere. Barbara Vallani, insegnante di danza, anche lei nel gruppo storico con Manuela Uber e Elena Marchi: «Le tipologie sono tre. Richiesta di protezione per l’amore che si sta vivendo. Oppure: richiesta di trovare l’amore, e qui c’è l’aspetto di santa taumaturga che ormai Giulietta ha. Infine: storie vere, anche di amore contrastato». Ma così vere, e urgenti, che «capita di dover suggerire l’intervento di uno psicologo, quando capiamo che si tratta di un caso di depressione». Giulietta, che non è scema, capisce al volo quando serve «un medico, un insegnante, nei casi di bullismo raccontati dai ragazzini, un prete, se la persona è credente. Capita anche di invitare alla denuncia, se una ti scrive “ieri ho preso un altro ceffone…”, e altri abusi». Sempre «con tanto amore», ma lì la Capuleti indirizza la sventurata ai carabinieri. «Ci vuole tatto, e polso», spiega Giovanna alle aspiranti giuliette. Bisogna sapere le lingue, molte sono specializzate. Rieko, cantante lirica giapponese sposata a Verona, risponde alle giapponesi «che si innamorano del loro insegnante di matematica, ma ricevo anche lettere da bambini vittime di bullismo. E ricevo regolarmente da un signore triste triste, ha perso la moglie, io gli rispondo sempre che ora è uno spirito, che lo accompagnerà sempre…». Giselle, brasiliana-veronese, riceve da ragazzi e ragazze di 12/13 anni. Si pesa bene ogni parola, «ci vuole senso di responsabilità». Scrivono molti gay, magari più in passato, quando era difficile dirlo. Fabienne, tedesca, ha solo 18 anni, dice che «la gente è molto sola, spesso amano qualcuno e non sanno come dirglielo». Giovanna: «Ci ha scritto una ragazza americana di origine pakistana, la famiglia le ha combinato il matrimonio con uno sconosciuto, lei non ne voleva sapere. Che fare? Lì ne abbiamo discusso. Con delicatezza, l’abbiamo invitata a conoscerlo, prima di rifiutarlo. Ci ha risposto che in effetti andava benissimo, ma forse ha dovuto ubbidire, chissà». C’è gente che viene alla sede del Club solo per vedere, e magari lasciare una lettera, o un bigliettino. Magari arriva dalla Casa di Giulietta, un cortile infernale su cui si affaccia il famoso balcone, le pareti dell’androne coperte da scritte “Mario & Giusy per sempre”, “Tindra loves Kalla”, “Michael and Kizzy forever”, scritte d’amore su cerotti, per lo più, e anche su assorbenti salvaslip, migliaia di turisti sudati si fanno fotografare con la statua di Giulietta, «metti la mano sulla tetta, ché porta fortuna», infatti da quella parte è tutta consumata. Lì si sghignazza molto, per la storia della tetta, dimentichi degli amori appassionati, contrastati, sognati, finiti, magari a coltellate, magari anche loro soffrono ma a vederli non sembrerebbe proprio. Giulietta disapprova, e comunque abita da un’altra parte. ?