Il Messaggero, 12 agosto 2017
Il caso delle uova contaminate: in Italia controlli su galline, mangime e codici ma c’è l’incognita dei prodotti derivati
ROMA Il codice stampigliato sulle uova dà una buona mano. Il problema si pone laddove il codice non c’è, ma la questione non riguarda il prodotto che portiamo a casa, ma la triangolazione commerciale. Le uova arrivano sulle nostre tavole anche sotto forma di prodotti derivati e sull’etichetta di dolci o pasta non figura l’indicazione della provenienza della materia prima. Ammesso pure che in Italia non siano in commercio le uova contaminate dal fipromil, c’è sempre il rischio che le uova partite da Olanda e Belgio siano arrivate in un altro paese europeo, siano state trasformate e siano arrivate nel nostro Paese come derivati. E infatti ieri – ha comunicato il ministero della Salute – le autorità sanitarie hanno sequestrato in Italia alcuni prodotti provenienti da un’azienda francese.
«È la differenza tra l’uovo alla mensa (consumato direttamente, ndr) e l’uovo industriale» spiega Giorgio Apostoli, responsabile Zootecnia della Coldiretti. «Nel primo caso, il consumatore sa da dove arriva la materia prima e se vuole evitare di mangiare l’uovo belga, basta che prenda il prodotto che riporta il simbolo dell’Italia IT: magari bisogna aguzzare gli occhi, ma c’è. Ed è riportata anche la sigla della provincia di produzione. Nel secondo caso, invece, il consumatore mangia un dolce o la pasta senza sapere da dove arriva la materia prima. Qui può nascere il problema in caso di eventuali allerte. La rintracciabilità c’è, perché la ditta sa da dove arriva l’uovo, ma il consumatore no. E la verifica è molto più lunga».
I PASSAGGIDalla produzione alla tavola, un ciclo complesso. Soprattutto in Italia, perché i controlli, a livello europeo, non sembrano univoci. Ma cosa accade durante il percorso? «I controlli nel nostro Paese sono moltissimi – spiega Apostoli – Peraltro, gli allevamenti non sono molti e sono tutti conosciuti. Le verifiche riguardano le strutture, gli animali e le uova, dal benessere all’uso dei prodotti veterinari per l’alimentazione. Abbiamo uno dei sistemi veterinari più potenti al mondo. E gli allevatori hanno una bella sensibilità anche nel benessere degli animali. Laddove c’è un’allerta, si è molto ferrei. Ci vuole un po’ di orgoglio: sulla salubrità del nostro prodotto non c’è alcun dubbio. Il problema più grave dell’uovo è la salmonella e per questo vengono effettuati controlli molto severi».
LA CARTA D’IDENTITÀLa serie di passaggi è incredibile, per i non addetti al settore. Intanto, si passa attraverso tre tipi di allevatori. «Il primo produttore segue l’animale selezionato per la deposizione delle uova da cui nasceranno i pulcini. Il secondo alleva le pollastre. Il terzo alleva la gallina per la produzione dell’uovo da vendere. Ciascun animale produce in media trecento uova all’anno». Nella fase finale, «le uova vengono stampigliate, imballate e consegnate ai centri di distribuzione attraverso le filiere operative. È un ciclo. Anche per questo è un problema quando ad esempio ci sono casi di aviaria: si blocca l’attività». Ma c’è un ciclo parallelo. «Un’altra gran parte di uova è lavorata in stabilimenti: si sgusciano, vengono pastorizzate e la materia viene venduta alle catene dolciarie e pastaie, per la trasformazione in derivati» aggiunge Apostoli.
E proprio qui sta il distinguo sull’indicazione di origine. L’uovo che arriva sul banco di vendita porta in sé una carta d’identità. Per quanto, sottolinea Coldiretti, «non sono più sufficienti quattro codici e una data sul guscio. Bisogna scrivere chiaramente, anche sulle confezioni e sui cartoni, da dove arrivano le uova e rendere riconoscibile ogni possibile informazione ai consumatori». Il primo numero sul guscio indica il tipo di allevamento, la seconda sigla lo Stato in cui è stato deposto (vedi IT). Seguono il codice Istat del Comune, la sigla della provincia e il codice distintivo dell’allevatore. Poi ci sono le indicazioni A e B, a seconda che il prodotto sia per il consumo umano o per quello industriale, e le diverse classificazioni in base al peso: XL, L, M, S.
LA PRODUZIONE«Quella dell’uovo è una delle poche filiere italiane che soddisfa il fabbisogno nazionale e anzi produce anche di più, andando oltre il cento per cento – dice Apostoli -. Poi c’è sempre una quota di esportazione e una quantità di importazione». Perché si è verificato il caso delle uova contaminate da Belgio e Olanda? «Purtroppo abbiamo la sensazione netta che all’estero non vengano effettuati gli stessi controlli che facciamo noi – sottolinea il responsabile Zootecnia di Coldiretti -. E non può essere che scatti un’allerta dopo mesi. I nostri produttori hanno controlli su tutto. Non so che controlli vengano effettuati sulle uova che arrivano dall’estero per essere lavorate qui». Coldiretti chiede che vengano resi «pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero».