Il Messaggero, 12 agosto 2017
Debiti, bus guasti e ritardi: così l’Atac è finita in agonia
C’è un dato, più di tutti, che chiude ogni discussione sulla qualità del servizio offerto ai romani: i mezzi da sostituire, tra quelli utilizzati per il trasporto pubblico della Capitale, sono circa 1.500. Guasti, usurati, obsoleti: rappresentano ormai la maggioranza assoluta delle 2.281 vetture del servizio di superficie – tra bus, tram e filobus – a cui si aggiungono 83 treni della metropolitana e 88 convogli delle ex ferrovie concesse. Dietro queste cifre si nascondono le attese infinite alle fermate, la durata indefinita di ogni spostamento in città. Se la caratteristica irrinunciabile di ogni metropoli europea è quella di consentire ai propri cittadini, se vogliono, di rinunciare ai mezzi privati, Roma è ogni anno più lontana da questo obiettivo.
I CONTI
Si tratta della faccia visibile a tutti, e facilmente monitorabile dai romani, di un’azienda che cammina da tempo su un sottile filo sospeso sul fallimento. Un buco da 1.385 milioni di debiti, che si allarga di giorno in giorno. Le ultime tegole, in ordine di tempo, sono i 62 milioni di euro (più interessi) reclamati da Cotral (la compagnia regionale che gestisce i trasporti extraurbani su gomma nel Lazio) come quota di incassi sui bit, i biglietti integrati a tempo utilizzabili su tutti i mezzi pubblici in servizio a Roma, a cui si aggiungono i 45 milioni (42 più 3 di interessi) che la municipalizzata deve pagare a Roma Tpl, la società che gestisce alcune linee periferiche di bus. Ciliegina sulla torta, la multa da 3,6 milioni appena inflitta dall’Antitrust all’azienda di via Prenestina, a causa dei «tanti disservizi», soprattutto corse saltate, e delle «scarse comunicazioni» fornite agli utenti.
LO SQUILIBRIO
Del debito totale dell’Atac, 477 milioni rappresentano il passivo verso l’amministrazione controllante, ossia il Campidoglio. Nei confronti del Comune di Roma, però, la società del trasporto pubblico vanta anche crediti per 381 milioni: una partita di giro che però si è incastrata nelle varie operazioni finanziarie portate a termine negli ultimi anni – per salvare i conti di amministrazione e azienda – e così compare come voce passiva nei documenti contabili di entrambe le parti in causa. Ancor più preoccupanti i debiti che la municipalizzata ha accumulato nei confronti dei fornitori: 326 milioni complessivi reclamati da privati, che possono in qualsiasi momento avviare procedure di riscossione forzosa e pignoramento, per rientrare dai crediti. E con i quali, peraltro, andrebbe trovato un accordo per concretizzare l’ipotesi di concordato preventivo, in questi giorni sul tavolo del nuovo consiglio di amministrazione guidato da Paolo Simioni. Il rosso dell’Atac, peraltro, si è accumulato anche negli ultimi anni. Dopo il 2008 – anno in cui si è creata la bad company capitolina, con la gestione commissariale del debito pregresso di Palazzo Senatorio – la municipalizzata del trasporto pubblico ha accumulato altri 500 milioni di debiti. Tutto ciò, con il contorno di un’evasione tariffaria altissima: secondo le stime il 25 per cento degli utenti dei bus non paga il biglietto, e ciò provoca un danno per le casse dell’azienda tra i 70 e gli 80 milioni di euro annui.
IL CALO
Risultato pratico: nell’ultimo anno solare le corse saltate hanno raggiunto quota un milione di corse saltate, il doppio rispetto all’anno prima, con un mezzo su tre che resta in deposito, in media, perché guasto. Insomma, dodici milioni di chilometri spariti nel nulla. Compresi nel contratto di servizio che il Campidoglio ha siglato con l’Atac, ma mai messi a disposizione dei cittadini-utenti del tpl. Difficile anche risalire la china, in questa situazione: basti pensare che servirebbe mezzo miliardo soltanto per l’adeguamento di un parco mezzi sempre più vecchio e obsoleto. Tutto ciò mentre la forza lavoro aziendale resta poco al disotto delle 12 mila unità, ma l’offerta di trasporto è di appena 55 chilometri per abitante, contro i 64 dell’Atm milanese.