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 2017  agosto 10 Giovedì calendario

Uomini e donne: le diversità

Un documento di dieci pagine, destinato a essere discusso in una cerchia limitata di persone e naturalmente diventato di pubblico dominio, ha dato al pensiero unico una scossa che nessun libro, da tempo, riusciva a dargli. Lo ha scritto un tecnico di Google e lo ha messo online in un forum aziendale, per spiegare come funzionano le cose tra uomini e donne nel quartiere generale di Mountain View e nel mondo del lavoro in generale. La prima cosa ci interessa poco: è un problema di Google e dei suoi dipendenti. La seconda invece riguarda tutti. Perché non è di flirt in pausa pranzo tra colleghi che si parla, ma di come funziona il cervello umano. Anzi, i due cervelli: secondo James Damore (così si chiama) quello maschile e quello femminile sono diversi. Da qui, come è ovvio, lo scandalo. Quello che è successo al ragazzo, Libero lo ha raccontato ieri: è stato licenziato, così impara a non uniformarsi. Si rivolgerà agli avvocati, vedremo come andrà. È del suo documento che ci importa adesso. Tutti ne parlano, ma da come lo fanno si capisce che quasi nessuno lo ha letto. Sui siti d’informazione italiani la definizione più gentile che viene affibbiata all’autore di quelle dieci pagine è «sessista»; alcuni, come il sito di RaiNews, lo definiscono «il dipendente tecno-misogino». Giudizi buttati là da chi non ha perso un minuto a cercare il documento (disponibile in inglese sul sito Gizmodo), leggerlo e coglierne i riferimenti scientifici. Che sono tanti. Se pensavate che il caso di cui tanto si parla fosse il rantolo dell’ultimo burino convinto che le donne sono inferiori per via degli sbalzi ormonali e altri luoghi comuni del genere, sbagliate di grosso: non c’è nulla del genere in quello che ha scritto. L’ormai ex dipendente di Google cita almeno due studi di assoluto rilievo, in cui si sostengono le stesse cose che hanno portato al suo licenziamento. Uno è la teoria «Empathizing vs Systemizing», che possiamo tradurre come «Empatia contro Sistematicità». Chi l’ha formulata è uno dei maggiori esperti in materia di cervello umano. Si chiama Simon Baron-Cohen (e sì, se ve lo state chiedendo è il cugino di Sacha, quello del film Borat). Ha 59 anni, insegna nei dipartimenti di Psichiatria e Psicologia di Cambridge, dove dirige il Centro di ricerca sull’autismo, è membro della British Academy e così via. Un curriculum di livello mondiale. La sua teoria, ribattezzata per brevità «E-S», l’ha esposta in modo semplice in un articolo apparso sul quotidiano The Guardian nel 2003. Il cervello di tipo femminile, sostiene Baron-Cohen, è di tipo «E», nel quale l’empatia è più forte della sistematicità. L’empatia è l’impulso «a identificare i pensieri di un’altra persona e rispondere a questi con un’emozione appropriata. L’empatico capisce in modo intuitivo come la gente si sente e come trattare le persone con cura e sensibilità». Nel cervello di tipo maschile prevale invece la sistematicità, ovvero l’impulso «ad analizzare ed esplorare un sistema, ad estrarre le regole sottostanti che ne governano il comportamento e a costruire sistemi». L’intuito porta il «sistematizzatore» a capire come funzionano le cose, si tratti di un veicolo, un computer o un’equazione. Inutile aggiungere che secondo la teoria di Baron-Cohen «non tutti gli uomini hanno un cervello di tipo maschile e non tutte le donne lo hanno di tipo femminile»; in media, però, sono più i maschi che hanno un cervello di tipo S e le femmine che lo hanno di tipo E. Lo scienziato inglese cita esperimenti a bizzeffe. Già all’età di un anno, ad esempio, le bambine cercano il contatto con gli occhi altrui (segno di empatia) più dei loro coetanei maschi. Addirittura alla nascita, le femmine preferiscono osservare i volti delle persone, mentre i maschi sono più interessati a guardare un congegno meccanico sospeso davanti a loro. Molto dipende dal livello di testosterone prenatale: più è basso, più frequente sarà la ricerca del contatto con gli occhi degli altri e maggiore l’empatia. La morale, conclude Baron-Cohen, è che «ambedue i sessi hanno le loro forze e le loro debolezze. Nessuno dei due è superiore». L’altro studio cui si riferisce l’ingegnere di Google è apparso sulla rivista dell’Associazione americana di Psicologia nel 2008. Lo hanno firmato quattro scienziati e s’intitola: «Perché un uomo non può essere come una donna?». Google è convinta che in una società progredita le differenze tra uomo e donna non esistano, ovvero che le differenze attuali siano culturali e non biologiche, e infatti si è posta l’obiettivo di azzerarle al proprio interno; la ricerca in questione, però, giunge a conclusioni opposte: «Come una società diventa più prospera e più egualitaria, le differenze disposizionali innate tra uomini e donne hanno più spazio per svilupparsi e il divario che esiste tra gli uomini e le donne nei loro tratti di personalità si fa più ampio». Il progresso non cancella le differenze tra i sessi, ma le esalta. Damore non ha fatto altro che ripetere queste tesi e sostenere che l’imposizione di quote paritarie uomo-donna – ad esempio nel lavoro di programmazione, adatto a un cervello da «sistematizzatore» – è sbagliato sotto l’aspetto dell’organizzazione aziendale ed ingiusto. I suoi capi l’hanno contestato, e quindi licenziato, con la motivazione che Google intende «costruire un ambiente aperto e inclusivo».