9 agosto 2017
APPUNTI PER GAZZETTA - QUATTRO MORTI NELLA FAIDA DEL GARGANOREPUBBLICA.ITFOGGIA - Una pioggia di proiettili
APPUNTI PER GAZZETTA - QUATTRO MORTI NELLA FAIDA DEL GARGANO
REPUBBLICA.IT
FOGGIA - Una pioggia di proiettili. E una strada di solito poco trafficata che si trasforma in una scena da Far West. La strage era stata pianificata nei minimi dettagli. Tutto è accaduto in pochi minuti intorno alle 10 sulla strada provinciale 272, nei pressi della vecchia stazione di San Marco in Lamis, in provincia di Foggia: quattro persone uccise da un commando armato e formato, forse, da quattro o cinque killer. Le vittime erano a bordo di due mezzi, trovati a una distanza di circa 500 metri l’uno dall’altro: due uomini sono stati uccisi mentre erano su un Maggiolone Wolkswagen blu scuro, gli altri due erano in un Fiorino bianco.
· IL BOSS NEL MIRINO
L’obiettivo dei killer era nel Maggiolone: si tratta del boss Mario Luciano Romito, cinquant’anni, di Manfredonia, a capo dell’omonimo clan che negli ultimi anni si è contrapposto al clan Li Bergolis nella cosiddetta ’faida del Gargano’. Con lui, nella vettura, c’era il cognato Matteo De Palma, che gli faceva da autista, anche lui morto all’istante. Secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri del comando provinciale di Foggia, un’automobile con i sicari a bordo avrebbe affiancato il Maggiolone e i killer avrebbero aperto il fuoco con un fucile d’assalto kalashnikov Ak-47 e un fucile da caccia calibro 12, uccidendo sul colpo con una sventagliata di proiettili Romito e De Palma. Foggia, 4 morti nell’agguato: inutile la fuga nei campi Navigazione per la galleria fotografica 1 di 8 Immagine Precedente Immagine Successiva Slideshow · LA CACCIA AI TESTIMONI
Poi il commando si è messo all’inseguimento del Fiorino a bordo del quale stavano tentando di fuggire due contadini, testimoni scomodi - a quanto sembra - del duplice omicidio. I due agricoltori, i fratelli Luigi e Aurelio Luciani, di San Marco in Lamis, rispettivamente di 47 e di 43 anni, hanno visto uccidere e hanno capito di essere in pericolo: avrebbero tentato la fuga, ma sono stati raggiunti e uccisi. Uno dei due contadini ha cercato anche di fuggire a piedi, ma i killer non hanno avuto alcuna pietà e hanno continuato a sparare.
Uno dei due fratelli era ancora vivo quando è stato trasportato nell’ospedale di San Severo, dove però è morto poco dopo. Nel Fiorino sono stati trovati dai carabinieri attrezzi utilizzati per coltivare la terra e raccogliere verdure: i due agricoltori nulla avevano a che fare, secondo quanto emerso finora, con il boss e il cognato. Questi ultimi probabilmente erano arrivati per un appuntamento che si è rivelato invece essere una trappola mortale. L’agguato è stato compiuto da un gruppo di feroci criminali per affermare il proprio potere. Foggia, agguato di mafia. Foschini "Il silenzio dello Stato agevola le bande armate" Condividi · I PRECEDENTI A SAN SEVERO E APRICENA
Secondo quanto emerge dalle indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Bari - sul luogo dell’agguato c’era il magistrato antimafia Pasquale Drago - i sicari potrebbero aver agito per una vendetta collegata a omicidi avvenuti in precedenza nella stessa zona. L’agguato è avvenuto in un tratto di strada che si trova a pochi chilometri da San Severo e Apricena, altri due comuni della Capitanata in cui recentemente sono avvenuti omicidi a causa della lotta tra clan per la spartizione degli affari illeciti sul territorio.
· DICIASSETTE MORTI DALL’INIZIO DELL’ANNO
Dall’inizio dell’anno sono 17 gli omicidi avvenuti nel territorio foggiano. L’ultimo delitto, il 27 luglio, è stato quello di un ristoratore di Vieste, il 31enne Omar Trotta, freddato a colpi di pistola all’ora di pranzo mentre si trovava nel suo locale. "Quello che è accaduto - ha detto il sindaco di San Marco in Lamis, Michele Merla - è terribile, non ci sono parole per descrivere quello che è avvenuto". l punto della situazione dopo l’ennesimo agguato avvenuto nel Foggiano sarà fatto giovedì 10 dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, che presiederà a Foggia una riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, al quale parteciperà anche il governatore pugliese Michele Emiliano.
Al termine il ministro incontrerà il sindaco di Foggia e i primi cittadini di alcuni dei comuni della Provincia. Il governo non fa "niente", accusa il leader della Lega, Matteo Salvini, che invoca l’esercito per le strade del Gargano. Libera, invece, per dare un segnale annuncia che il prossimo 21 marzo la Giornata della memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie si terrà a Foggia.
· GLI ALTRI AGGUATI AL BOSS
Il boss Romito era sfuggito ad altri agguati. Fra gli episodi più eclatanti c’è quello del 18 settembre 2009: il boss uscì illeso da un attentato dinamitardo mentre si stava recando, in compagnia del fratello Ivan, nella caserma dei carabinieri in cui aveva l’obbligo di firma. Il cofano dell’Audi A4 station wagon sulla quale viaggiavano lui e il fratello - anche lui non ebbe ferite - saltò in aria a causa di una bomba. E’ stato inoltre coinvolto nel blitz contro la faida del Gargano portato a termine dai carabinieri il 23 giugno del 2004, ma due anni più tardi venne assolto da tutte le accuse.
Mario Luciano è fratello di Franco Romito, anche lui considerato dagli inquirenti uno dei presunti boss delle famiglie coinvolte nella faida. Il regolamento definitivo dei conti tra le famiglie Romito e Li Bergolis cominciò subito dopo la sentenza di primo grado del secondo maxiprocesso alla mafia garganica (sentenza del 7 marzo 2009): poco più di un mese dopo, il 21 aprile 2009, Franco Romito venne ucciso insieme col suo autista. Da anni - è scritto negli atti giudiziari - Franco Romito aveva svolto un ruolo di confidente dei carabinieri e aveva perfino partecipato con i carabinieri a posti di blocco per riconoscere alcuni latitanti della mafia garganica.
· LA VECCHIA ALLEANZA ROMITO-LI BERGOLIS
I Romito e i Li Bergolis erano stati alleati per anni, nella loro lotta contro il clan rivale degli Alfieri-Primosa, ma l’alleanza era durata fino alla lettura degli atti giudiziari, sino a quando i Li bergolis avevano scoperto che Franco Romito li aveva traditi da tempo, quando era diventato confidente degli investigatori, anche barattando, dunque, i suoi amici di un tempo con la libertà. Franco Romito soltanto una decina di mesi prima di essere ucciso era stato assolto da accuse pesanti: associazione mafiosa, traffico di droga, duplice omicidio. Sia in primo sia in secondo grado era emersa la sua collaborazione con i carabinieri a varie operazioni tra le quali una trappola tesa nella sua masseria di Manfredonia (nella quale aveva fatto piazzare microspie agli investigatori) per far confessare omicidi ed estorsioni ai boss dei clan rivali dei Li Bergolis e Lombardi.
All’uccisione di Franco Romito seguirono varie feroci esecuzioni con una scia di morti, tra cui il figlio di lui il 23enne Michele, freddato il 27 giugno del 2010 in un agguato mentre era in auto con lo zio, Mario Luciano Romito, scampato alle pallottole e ferito in maniera lieve.
CORRIERE.IT
Un agguato feroce, forse una vendetta. Quattro persone sono state uccise da colpi di arma da fuoco. Il delitto è stato compiuto da persone non ancora identificate. La sparatoria è avvenuta sulla strada provinciale 272 verso Apricena, nei pressi della vecchia stazione ferroviaria di San Marco in Lamis, in provincia di Foggia. Sul posto sono intervenuti i carabinieri del comando provinciale. Il movente potrebbe essere ricercato in una vendetta: forse l’antica e mai sopita “faida del Gargano”.
Le quattro vittime erano a bordo di due diversi mezzi, un Fiorino ed un Maggiolone Volkswagen. Il commando avrebbe sparato colpi di arma da fuoco prima contro questa ultima vettura, uccidendo le due persone che erano a bordo e che erano gli obiettivi degli assassini: sull’auto si trovava Mario Luciano Romito di 50 anni — ritenuto dagli investigatori uno degli esponenti di spicco dell’omonimo clan di Manfredonia — e suo cognato Matteo De Palma che fungeva da autista. Un’autovettura, con i killer a bordo, ha affiancato il Maggiolone di Romito e De Palma. Subito dopo è stato aperto il fuoco con un Kalashnikov Ak-47 e un fucile da caccia calibro 12. Romito e De Palma sono morti sul colpo. Il nome di Romito — scarcerato il 3 agosto scorso — è legato alla cosiddetta “faida del Gargano” e alla rivalità con la famiglia Li Bergolis di Monte Sant’Angelo.
shadow carousel La mafia del Gargano uccide due innocenti La mafia del Gargano uccide due innocenti La mafia del Gargano uccide due innocenti La mafia del Gargano uccide due innocenti La mafia del Gargano uccide due innocenti La mafia del Gargano uccide due innocenti La mafia del Gargano uccide due innocenti La mafia del Gargano uccide due innocenti La mafia del Gargano uccide due innocenti La mafia del Gargano uccide due innocenti PrevNextDopo aver sparato contro il Maggiolone, i killer si sono scatenati contro gli occupanti del Fiorino, uccidendo sul colpo uno dei due e ferendo gravemente l’altro, poi morto nell’ospedale di San Severo. Questi ultimi, dei contadini della zona, sono stati eliminati perché testimoni scomodi. Si tratta di due fratelli: Luigi e Aurelio Luciani, rispettivamente di 47 e di 43 anni. Erano a bordo del Fiorino e dopo il duplice omicidio avvenuto sotto i loro occhi, sono fuggiti ma sono stati inseguiti e costretti a fermarsi. A quanto sembra, uno dei due fratelli è sceso dal mezzo ed avrebbe tentato di fuggire a piedi ma dopo aver percorso solo pochi metri è stato raggiunto dai killer e ucciso.
Mario Luciano Romito, ritenuto dagli investigatori a capo dell’omonimo clan che negli ultimi anni si è contrapposto alla famiglia Li Bergolis di Monte Sant’Angelo, era sfuggito ad altri agguati. Tra tutti gli episodi, quello più eclatante avvenne il 18 settembre 2009: Romito uscì illeso da un attentato dinamitardo mentre si stava recando, in compagnia del fratello Ivan, alla caserma dei carabinieri dove aveva l’obbligo di firma. Il cofano della sua auto saltò in aria a causa di una bomba: non ci furono conseguenze per gli occupanti della vettura. Mario Luciano è fratello di Franco Romito, anche questo considerato uno dei presunti boss delle famiglie coinvolte nella faida. Il regolamento dei conti tra le famiglie Romito e Li Bergolis cominciò subito dopo la sentenza di primo grado del secondo maxiprocesso alla mafia garganica (sentenza del 7 marzo 2009): dopo poco più di un mese, il 21 aprile 2009, Franco Romito venne ucciso insieme col suo autista. Da anni — è scritto negli atti giudiziari — egli aveva svolto un ruolo di confidente dei carabinieri e aveva persino partecipato con i militari a posti di blocco per riconoscere alcuni latitanti.
I Romito e i Li Bergolis erano stati alleati per anni, nella loro annosa lotta contro il clan rivale degli Alfieri-Primosa. Ma l’alleanza era durata sino alla lettura degli atti giudiziari, sino a quando i Li Bergolis avevano scoperto che Franco Romito li aveva traditi da tempo, diventando confidente degli investigatori. All’uccisione di Franco Romito seguirono varie feroci esecuzioni: tra queste quella del figlio di lui, il ventitreenne Michele, freddato il 27 giugno del 2010 in un agguato mentre era in auto con lo zio, Mario Luciano Romito, scampato alle pallottole e ferito in maniera lieve.
Reagisce la politica. «Un urlo di disperazione — dice la presidente della commissione regionale per la lotta alla criminalità, Rosa Barone — si alza da questa terra abbandonata e disgraziata. La provincia di Foggia necessita di una sezione della Dia e della procura distrettuale antimafia. Non c’è più tempo. Auguro buon lavoro alle forze dell’ordine e agli inquirenti perché possano far luce sugli autori di questi efferati delitti». «Quello che è accaduto è terribile — commenta il sindaco di San Marco in Lamis, Michele Merla — e non ci sono altre parole per descrivere quello che è successo».