il Fatto Quotidiano, 9 agosto 2017
Rio 2016, ecco l’eredità. Palazzi in disuso e povertà
Se c’è qualcosa che manda in bestia Nelma Gusmão de Oliveira – ricercatrice in pianificazione urbanistica e territoriale dell’Università Statale del Sudest di Bahia – è udire la parola legado, “eredità”, indicata assieme agli eventi calcistici e olimpici disputati negli anni passati a Rio de Janeiro. “Non mi piaceva fin dall’inizio – spiega Gusmão al Fatto Quotidiano, l’autrice dell’acclamato libro O poder dos jogos e os jogos de poder – perché è stata introdotta forzatamente dal Comitato olimpico internazionale (Cio) per persuadere la gente che gli investimenti destinati ai Giochi fossero giustificati, in quanto avrebbero lasciato qualcosa di positivo allo sviluppo urbanistico della città. No, non vedo assolutamente nulla di positivo lasciato in eredità dai mega-eventi”.
Rio è oggi il simbolo di una crisi socio-economica brasiliana di proporzioni gravissime. Gusmão rammenta i 43 miliardi di real prelevati in parte dal Fondo di garanzia dei lavoratori e dalla Caixa Economica Federal che furono stanziati per realizzare i Giochi; e di cui solo 5 furono usati per organizzare le competizioni, mentre il resto servì a finanziare infrastrutture urbanistiche non sempre necessarie, come quelle legate alla mobilità di Rio.
Molti dei finanziamenti erano presentati come se venissero dall’iniziativa privata, mentre in realtà si trattò di “cessione di beni pubblici, terreni, venduti a prezzi molto irrisori”. La studiosa cita l’esempio dell’immenso Parco olimpico, costruito su quello che è stato uno dei santuari ecologici più belli della città, dopo esser stato venduto a prezzi stracciati alla speculazione immobiliare. Che ha poi eretto impianti sportivi prefabbricati, oggi in abbandono e depredati.
“Era del tutto prevedibile. I mega-eventi non sono mai serviti allo sviluppo economico”, concorda Alberto de Oliveira, economista e professore dell’Istituto di ricerche e pianificazione urbana e regionale dell’Università federale di Rio de Janeiro. Gli investimenti, spiega, furono concentrati per agevolare le nuove aree d’espansione del mercato immobiliare a Barra da Tijuca e nella regione portuaria. “I progetti erano nei cassetti dell’amministrazione pubblica e nei radar del capitale privato almeno 10 anni prima che Rio si aggiudicasse i mega-eventi”, rivela l’economista. Gli appartamenti sono oggi in gran parte invenduti a causa della loro remota ubicazione e dell’assenza di un trasporto pubblico adeguato.
“L’unico aspetto positivo lasciato dai Giochi – nota l’economista – è la mobilitazione delle coscienze dei movimenti di lotta cittadini che, per la prima volta, si sono organizzati, anche a livello accademico”. 65 mila famiglie sono state rimosse dalle loro case a causa dei mega-eventi carioca. I movimenti hanno denunciato non solo rimozioni urbane e abusi di diritti umani, ma anche il deliberato progetto di una città divisa e finanziata da un’urbanizzazione neo-liberale che accompagna questo tipo di competizioni. Le proteste brasiliane hanno prodotto degli effetti anche nel mondo. Oltre a Roma, sono anche Oslo, Stoccolma e Monaco ad aver desistito nei piani di spesa pubblica per accogliere eventi analoghi.
“Lo stesso Cio – nota Gusmão – ha iniziato a cambiare le regole per evitare fughe di patrocinatori che non vogliono essere associati a un’immagine olimpica negativa, come è avvenuto per Rio de Janeiro, dove gli abusi di potere sono serviti anche a facilitare la corruzione negli appalti”. Il colossale investimento pubblico, sostenuto dal governo federale, statale e municipale, ha contribuito ad “aggravare” la crisi della Capitale carioca e, in parte, del Brasile nel suo insieme, che risente delle odierne tensioni politico-istituzionali (che coinvolgono perfino la presidenza e l’ex presidenza brasiliana) e da una percezione di vuoto di potere.
“La Fifa e il Cio – nelle parole di un’altra urbanista, l’architetta Raquel Rolnik, docente alla Statale di São Paulo, ed ex Special Rapporteur delle Nazioni Unite sul Diritto a un’abitazione adeguata – rappresentano la propaganda subliminale di un’operazione di speculazione immobiliare e finanziaria che si muove per il mondo alla costante ricerca di potenziali mercati da sfruttare”. In definitiva, conclude, “I Giochi olimpici e le Coppe del mondo aprono uno spazio per fare sì che questi investimenti possano avvenire”.