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 2017  agosto 09 Mercoledì calendario

Viaggio a Gorizia sulle tracce di Michelstaedter

Piazza della Vittoria, ricca di storia e di arte, è il punto nevralgico di Gorizia, a cui sono giunto nel corso della tarda mattinata del 14 luglio scorso, dopo una notte trascorsa su un rapido preso alla Stazione Termini di Roma. L’arrivo in città è avvenuto il giorno successivo al momento in cui ho completato gli impegni di lavoro, dando inizio a un periodo di vacanza che non ero del tutto pronto a gestire.
Dopo aver vagliato varie possibilità, avevo compreso di dover assecondare un bisogno interiore che mi suggeriva di tornare a Gorizia. Per questo motivo, ho deciso di rompere gli indugi e partire. Non desideravo visitare questa città per scopi turistici. Avevo avuto modo di farlo dieci anni prima, quando accettai l’offerta di un collega del posto, che propose di farmi da guida tra le vie del centro. Egli adempì a questo compito nel migliore dei modi perché, tra i luoghi visitati, ebbe cura di condurmi anche alla Biblioteca Statale Isontina, dove è presente il Fondo Carlo Michelstaedter, che prende il nome dal grande poeta e filosofo goriziano, morto tragicamente nel 1910 a soli 23 anni. Qualche tempo dopo presi spunto dalla parte de La Persuasione e la Rettorica, intitolata Un esempio storico, per comporre L’areostato che lessi durante un reading poetico tenuto a Trieste in occasione dell’anniversario dei cento anni del volo umano. Dell’evento furono promotori gli amici del Club Zyp che pubblicarono i testi prodotti dai partecipanti, con il titolo Il cielo è lassù.
Quando sono giunto a Gorizia per la seconda volta ho donato una copia di questa raccolta alla Biblioteca, onde adempiere a un compito particolarmente sentito. Non mi rimaneva quindi che recarmi alla tomba del poeta isontino, che ricordavo di non aver visitato la volta precedente. Erano le prime ore del pomeriggio e Piazza della Vittoria era sovrastata da un silenzio irreale, interrotto di tanto in tanto dal rumore rattrappito di alcune auto di passaggio. Il gran caldo m’induceva a seguire una sottile striscia d’ombra fino all’entrata del tunnel che passa sotto il Castello. L’aria fresca della galleria mi ristorò subito, ma fu un attimo, perchè all’uscita una nuova ondata di calore mi aggredì senza pietà. Ho oltrepassato il confine con la Slovenia, senza avere dalla mappa stradale che mi portavo dietro un riferimento preciso sul luogo da trovare. Tutti i passanti che interpellavo sapevano che il Cimitero ebraico era a Valdirose, ma non ne conoscevano l’ubicazione esatta per cui, dando retta a indicazioni generiche, mi ero allontanato così tanto dal confine da essere costretto a fermarmi. Mi trovavo solo, sfatto dalla calura, ai bordi di una strada poco servita dai mezzi pubblici. Per fortuna una persona del posto ha chiamato un taxi, che nel giro di poco tempo mi ha ricondotto in albergo.
Il mattino dopo ho fatto un nuovo tentativo e ho raggiunto finalmente il posto che cercavo. Un basso muretto, intonacato di bianco racchiudeva un’area in cui l’erba copriva lapidi e sepolcri in rovina. Dopo un primo sopralluogo infruttuoso, ho deciso di fermarmi per decidere sul da farsi. Quando ho ripreso infine a muovermi il luogo mi è apparso familiare e ho avuto l’impressione di camminare tra due realtà parallele. A seguito di un lento flusso emozionale, ho ricordato d’averlo visitato in compagnia dell’amico goriziano. Quando sono tornato a Piazza della Vittoria e ho riflettuto con calma sull’accaduto, ho capito che Gorizia e Carlo li ho avuti sempre dentro di me.