la Repubblica, 9 agosto 2017
La mini atomica è il passo decisivo per l’arsenale di Kim
Le minacce della Corea del nord vanno prese sul serio: i servizi segreti americani sono convinti – o almeno così fanno capire – che il regime di Pyongyang sia in grado di lanciare missili balistici con testata nucleare, con almeno un anno di anticipo sulle stime degli esperti. Secondo un documento confidenziale che funzionari della Defense Intelligence Agency hanno letto al Washington Post, i tecnici del paese comunista sono riusciti a miniaturizzare una bomba nucleare, tanto da poterla utilizzare su un missile, arrivando dunque a poter colpire direttamente il territorio degli Stati Uniti. La rivelazione arriva subito dopo un altro rapporto dell’intelligence Usa, dello scorso luglio, che stima fino a sessanta armi atomiche nella disponibilità di Kim Jong-un. Analisti indipendenti credono però l’arsenale nordcoreano molto più modesto. E anche il nuovo allarme suscita qualche perplessità fra gli esperti. «Sono molto scettico sul fatto che la Corea del nord possa aver superato i problemi tecnici. Dopo i precedenti con Saddam Hussein, non mi stupirei se qualcuno nel mondo dell’intelligence fosse disposto a tutto per sostenere le tesi di Trump», dice Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore della Difesa e oggi vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali. Ma che il rapporto fatto trapelare al Wp sia autentico o sia invece un primo passo per giustificare un intervento americano, il problema però è un altro. Se anche Pyongyang non fosse in grado oggi di realizzare testate nucleari da montare su un missile, lo sarà presto. Tutte le risorse del paese sono investite nella tecnologia militare. E dunque la minaccia potrebbe non essere attuale, ma è comunque vicina. Pyongyang ha accelerato il passo anche con i vettori: i suoi Hwasong 14 sono considerati poco affidabili e imprecisi, nonostante il supporto tecnico dei cinesi. Come missili balistici di prima generazione, non c’è da aspettarsi una precisione estrema: possono colpire anche a due-tre chilometri dall’obiettivo designato. Dunque il loro utilizzo è legato all’arma atomica, visto che una testata tradizionale di duecento chili di esplosivo avrebbe un’efficacia molto modesta. I missili balistici di Pyongyang sembrano in grado di colpire la costa Ovest degli Stati Uniti, magari città come Seattle. La difesa potrebbe essere affidata a sistemi antimissile come il Thaad, che gli Usa hanno schierato anche in Corea del Sud. Il Thaad è basato su missili senza testata esplosiva che distruggono la testata nemica solo grazie all’energia cinetica dell’impatto. Ma anche ammettendo che sia facile colpire un oggetto lungo un metro o anche meno, che vola a ventimila chilometri orari, l’efficacia del sistema ha un limite di saturazione. In altre parole, a chi attacca basta lanciare tanti missili contemporaneamente per esaurire le capacità di reazione. E con i missili nucleari, basta che uno solo arrivi sul bersaglio perché l’attacco sia devastante. Gli analisti militari non vedono strade praticabili per impedire l’escalation delle potenzialità nucleari di Kim. Un attacco preventivo avrebbe conseguenze pesantissime anche se gli Usa riuscissero a distruggere tutti i siti di lancio dei missili. La rappresaglia nordcoreana si abbatterebbe sugli alleati dell’America: Giappone e soprattutto Corea del sud. E quest’ultima è a portata delle artiglierie. Se gli Usa sceglieranno la strada militare invece che quella della diplomazia, Seattle probabilmente sarà salva, ma Seul sarà rasa al suolo.