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 2017  agosto 08 Martedì calendario

Delrio critica Minniti: «Assurda la sua assenza. Facciamo la guerra agli scafisti, non alle Ong»

ROMA «Facciamo la guerra agli scafisti, non alle Ong. Non possiamo venire meno agli obblighi umanitari, il soccorso in mare non è discrezionale». In una vicenda che ha i contorni di una crisi di governo latente, con un capo dello Stato che da Palermo si sente in dovere di intervenire per encomiare gli sforzi del ministro dell’Interno, l’altro ministro della contesa, Graziano Delrio, che ha le deleghe sulla Guardia costiera, per buona parte della giornata tiene il punto e cade quasi dalle nuvole se gli si prospetta uno scontro interno all’esecutivo.
Eppure sembra chiaro che Minniti ha disertato il Consiglio dei ministri del pomeriggio, pur essendo a Roma, in modo voluto e plateale. Sembra che addirittura abbia minacciato le dimissioni e che Paolo Gentiloni, il presidente del Consiglio, si sia trovato in qualche modo in difficoltà, addirittura bisognoso di un intervento della prima carica della Repubblica. Mentre nel merito dei trasbordi in mare, e del caso ultimo di Lampedusa, le distanze fra i due membri dell’esecutivo, con il passare delle ore, sono rimaste in qualche modo incolmabili.
Alla fine della giornata anche Palazzo Chigi, dopo tre giorni di polemiche, sente il dovere di intervenire, per rimarcare che è il ministero dell’Interno ad avere la delega sull’immigrazione. Un appoggio a Minniti che è anche un’implicita bacchettata al ministro delle Infrastrutture. Ma lo scontro, almeno nel merito, non appare risolto, se lo stesso Delrio continua a sostenere che «le deleghe sulla Guardia costiera sono mie e ho il dovere, non solo il diritto, di preoccuparmi che centinaia di persone non muoiano di fame al largo delle coste italiane. Che Minniti non sia venuto in Consiglio è semplicemente assurdo».
Di sicuro è successo molto più di quanto emerso pubblicamente. Ufficialmente i due ministri delle contesa, ognuno con la propria versione, continuano a tenere il punto: Minniti sostenendo che la Guardia costiera dovrebbe distinguere fra le richieste di quelle Ong che hanno firmato il codice di condotta e quelle che non l’hanno fatto, e Delrio che dal suo canto continua a richiamare le norme del diritto internazionale, l’impossibilità di sottrarsi a dei doveri umanitari, oltre che d’ufficio.
Durante il Consiglio dei ministri, per i pochi presenti, l’argomento migranti è quasi un miraggio. In molti del resto sono già in vacanza, alcuni rispondono al telefono dalla spiaggia, nessuno sa nulla. La sedia vuota di Minniti sembra non susciti alcun dibattito. Certo, il tema non è all’ordine del giorno, lo sono le assunzioni di alcune migliaia di professori, nel prossimo biennio, alcune rimodulazioni di voci di spesa nel corso del Cipe che segue alla riunione, ma chi è presente comunque non ha il polso di quello che sta succedendo in altre stanze.
È uno scontro che viene vissuto dietro le quinte, attraverso gesti e indiscrezioni, che appartengono a un sistema di comunicazione fra addetti ai lavori. Un sistema che alla fine sembra trovare un punto di equilibrio, e di provvisorio epilogo, prima nell’appoggio della prima carica dello Stato al ministro dell’Interno, poi nella nota di Palazzo Chigi. Un doppio passo che non sconfessa il lavoro di Delrio, ma nemmeno si preoccupa di encomiare, in primo luogo, l’azione del governo, ma piuttosto esprime la necessità, e anche l’urgenza, di dare un sostegno al Viminale. Dunque la linea della fermezza.
Fra le pieghe di una crisi latente c’è anche un dato che sottolineano tutti: le azioni sin qui intraprese dal governo stanno producendo dei frutti, gli sbarchi sono in calo, una strategia che registra strappi personali e politici ma non istituzionali (sembra che il gabinetto di Minniti e la Guardia costiera su cui ha la delega Delrio fossero in contatto la notte dello sbarco a Lampedusa) funziona. Resta però il merito della contesa, che né la nota del governo né quella del Colle sembrano affrontare.