Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  agosto 08 Martedì calendario

F-35, lo scandalo Lockheed del terzo millennio

La relazione della Corte dei conti disegna la traiettoria dell’F-35 come quella dello scandalo Lockheed del terzo millennio. Un programma con costi fuori controllo, scadenze sballate, prestazioni acerbe e soprattutto ricadute economiche per il nostro Paese di gran lunga inferiori alla previsioni. Ma il problema più grande sfugge all’analisi dei magistrati ed è quello di avere riportato la nostra industria aeronautica indietro di quasi 40 anni, retrocedendola dalla progettazione di tecnologie avanzate al mero ruolo di produttore di componenti e assemblatore, come se un ingegnere fosse degradato ad operaio. Ormai però – lo riconoscono pure i giudici contabili – non si può saltare giù da questo caccia lanciato a velocità supersonica: bisogna trovare un modo di atterrare senza schiantarsi. I dati del rapporto infatti guardano soprattutto il passato. Oggi i vertici dell’Aeronautica si mostrano entusiasti dei primi sette caccia tricolore, ritenendoli «realmente una nuova concezione del volo militare». E per volontà di Trump il piano di riduzione del prezzo di ogni F-35 sta venendo rispettato. I prossimi esemplari quindi costeranno intorno ai 90 milioni, molto meno dei possibili competitori: per ciascun Eurofighter i contribuenti italiani ne pagano oltre 120. Un risparmio che però rappresenta un pericolo per le aziende italiane coinvolte nelle forniture di componenti: si abbasseranno i margini di guadagno, con il rischio di azzerarli come è già accaduto in un’occasione. Sta al governo tutelare le imprese, perché quella del supercaccia è stata una scelta politica, che ha indebolito la cooperazione europea a vantaggio degli Usa e per la quale è legittimo aspettarsi una compensazione industriale. Tanto più che il ministero della Difesa con una decisione surreale e inedita ha costruito a sue spese – ben 800 milioni – l’impianto piemontese dove si assemblano gli F-35 italiani. Per impedire che questo investimento si trasformi nell’ennesima cattedrale nel deserto è necessario che venga concretizzata la promessa americana di concentrare lì tutta la manutenzione dei jet presenti in Europa, in modo da ottenere almeno in futuro quei posti di lavoro che oggi non si sono ancora materializzati. Insomma, l’Italia si è infilata in un gioco d’azzardo, una partita in cui – nonostante ora stia perdendo malamente – deve continuare a puntare. Ma farlo in modo diverso, mettendoci tutto il peso del governo nel raddrizzare il rapporto con gli Usa. A partire da quella che i magistrati chiamano la “questione di sovranità nazionale”: i software che controllano tutta l’attività dell’F-35 sono di proprietà statunitense e restano top secret per le aziende e per lo Stato maggiore italiano. Volendo, il Pentagono potrebbe “spegnere a distanza” gli aerei da noi costruiti e pagati a peso d’oro. Una prospettiva sicuramente remota, ma comunque inaccettabile.