CorrierEconomia, 7 agosto 2017
Perché in Italia si ferma tutto
Il Fondo monetario, qualche settimana fa, ha apprezzato i progressi dell’Italia, ma ha osservato che vi sono due cause di ritardi: costo del lavoro ed efficienza della
pubblica amministrazione, costosa e arretrata. Nelle stesse settimane l’inglese International Civil Service Effectiveness Index (InCISE), pur premiando l’Italia per l’eguaglianza di genere, la capacità di gestione delle crisi e la qualità della sicurezza sociale, ha segnalato i costi indiretti imposti alle imprese dalla cattiva gestione amministrativa.
Appalti e investimenti
A quali cause risalgono i guasti amministrativi italiani? La prima è
estranea alla burocrazia, dipende dal
Parlamento, che amministra legiferando, trasformandosi in Parlamento – amministratore. Un esempio è il recente codice degli appalti: a giudicare dai bandi di gara, esso ha prodotto una forte riduzione delle grandi opere, perché l’amministrazione è impaurita e poco preparata. Si pensa che, fatta la legge, il problema sia risolto. Seconda causa: si fan
no politiche di semplificazione, ma, nello stesso tempo, si aggiungono complicazioni, in nome dell’anticorruzione, della trasparenza, dei controlli preventivi. Poiché quel che conta è il saldo tra semplificazione e complicazione, se la seconda prevale, la prima diventa una fatica
di Sisifo. Terza: fatte le Regioni, nel 1970, ampliate le loro funzioni nel 2001, non si è pensato a rivedere l’organizzazione statale, anche riprendendo dalle Regioni compiti che dovrebbero essere ora nelle mani dello Stato. Il risultato è un’amministrazione binaria, con numerosi doppioni. La quarta causa è costituita dai tagli di spesa.
Poiché è difficile tagliare la spesa corrente, si diminuisce quella per gli investimenti. Il decremento nel periodo 2007 – 2015 è stato segnalato nei giorni scorsi dall’Ocse, ed ha per
conseguenza che strade, scuole pubbliche, università, edifici pubblici, cadono a pezzi.
La quinta causa sta nel personale. L’Ocse ha rilevato che il numero dei dipendenti è in diminuzione dal 2007, ma calcolando solo quelli diretti e di ruolo. Non ha valutato i
iti più della media dei Paesi Ocse, mentre gli insegnanti sono ben al di sotto. Ci si poteva aspettare, quindi, che, con l’eccezione della scuola, il pubblico impiego attraesse i migliori. Cosi non è, considerati comparativamente livelli di istruzione, competenze linguistiche, capacità di gestione e di risoluzione di problemi
complessi. Si aggiunga il rompicapo della dirigenza amministrativa. Questa, in passato, si accontentava di agire come esecutrice di volontà politiche, purché la politica non interferisse con la loro carriera. Ora ha conquistato poteri propri e retribuzioni cospicue (sia pur diminuite con il tetto renziano) e in cambio accetta una condizione di stabile precarietà.
Lo scambio
Insomma, una volta lo scambio era
tra potere e sicurezza, oggi tra sicurezza e poteri/retribuzione. Ma una dirigenza stabile si accompagnava una volta a ministeri transeunti. Che succederà col ritorno al proporzionale, quindi all’instabilità governativa, se continua l’andazzo di una dirigenza «ballerina»? Chi assicu
zione di un medico con il solo termometro, senza altri strumenti di analisi. Responsabile principale l’Istat, che pure aveva iniziato in anni lontani la pubblicazione di statistiche amministrative. Oggi i dati essenziali sull’amministrazione o non sono rilevati, o sono pubblicati ad
anni di distanza, quando servono solo allo storico. In questa situazione, gli italiani se la cavano con un misto di evasione e aggiustamenti, danno fiducia alta alle forze dell’ordine e alla scuola, bassa a sanità e giustizia. Al timone, prima un imprenditore, poi un amministratore locale avevano suscitato, in settori diversi dell’opinione pubblica, speranze che non sono state soddisfatte. Forse anche loro hanno pensato – come Mussolini – che la pubblica amministrazione è macchina troppo complessa, che essa coinvolge troppi contra
stanti interessi e che è meglio non metterci le mani, per non farsi male. Peccato, perché l’amministrazione italiana è come un anziano, afflitto da numerosi acciacchi; senza cure, non fa che peggiorare.