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 2017  agosto 08 Martedì calendario

Chiesti dodici anni di carcere per l’erede Samsung

Dodici anni di carcere per l’erede di Samsung. È questa la richiesta fatta dalla Procura sudcoreana per Lee Jae-yong, vicepresidente ed erede della famiglia fondatrice del gruppo Samsung. L’accusa principale è di corruzione.
Il vice presidente della compagnia di telefonia e figlio del presidente del gruppo Lee Kun-Hee è imputato per corruzione dinanzi alla Corte centrale distrettuale di Seul, nell’ambito dello scandalo che ha portato all’impeachment e poi all’arresto dell’ex presidente della Repubblica Park Geun-Hye. I capi di accusa vanno da “beneficiario finale” dei reati commessi nell’ambito del caso in questione, insieme ad altri quattro dirigenti della Samsung, alla corruzione di Choi Soon-Sil, confidente di Park, al fine di ottenere il sostegno del governo alle operazioni della stessa Samsung. E ancora: trasferimento illegale di beni all’estero e appropriazione indebita di beni aziendali.
Il vice presidente della Samsung Electronics ha negato anche ieri di avere mai cercato favori politici. Nel dettaglio, secondo l’accusa, il manager, arrestato a febbraio, avrebbe promesso o versato 43,3 miliardi di won (38,3 milioni di dollari) a Choi Soon-Sil, la confidente e “sciamana” di Park, al fine di ottenere il sostegno del fondo pensione pubblico al piano di riassetto infragruppo il cui scopo era di rafforzare il suo controllo sulla catena di comando. Sul totale, 20,4 miliardi di won sarebbero finiti a Mir e K Sports, fondazioni dubbie riconducibili alla stessa Choi. La difesa di Lee Jae-Yong ha invece sempre sostenuto che il vicepresidente non ha mai avuto alcun ruolo nel processo decisionale del gruppo, ma si è solo limitato ad ascoltare altri dirigenti. I suoi avvocati, in estrema sintesi, sostengono che l’accusa non ha alcun fondamento e che l’erede non ha mai cercato nulla in cambio del denaro promesso o versato.