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 2017  agosto 05 Sabato calendario

Usa vicini alla piena occupazione. Creati in luglio 209mila nuovi posti di lavoro

Un tasso di disoccupazione sceso nuovamente ai minimi da 16 anni, al 4,3% dal 4,4%, e 209.000 nuovi impieghi. Il mercato del lavoro americano in luglio ha dato nuove prove di forza, mostrando che l’espansione, ormai al nono anno consecutivo, rimane saldamente in carreggiata e che la Federal Reserve può proseguire senza eccessivi timori la sua manovra di cauta normalizzazione della politica monetaria.
I dati sono stati migliori delle attese: le nuove buste paga sono state superiori alle 180.000 ipotizzate dagli analisti, estendendo serie positiva che dura da 82 mesi. E se il tasso di disoccupazione ha più semplicemente rispettato le anticipazioni, lo ha fatto nonostante un aumento della forza lavoro, di chi ha un impiego e chi lo cerca, segno che la crescita sta forse risanando le ancora profonde ferite lasciate della recessione attirando americani finora marginalizzati. I dati hanno incluso una modesta revisione al rialzo di duemila buste paga l’andamento dei due mesi precedenti.
La media dei posti creati negli ultimi sei mesi è stata di 179.000, meno dei 187.000 dell’anno scorso. Ma il presidente Donald Trump ha commentato con ottimismo i dati «eccellenti». E ha ricevuto un’iniezione di fiducia dalla decisione di Toyota e Mazda di allearsi nella costruzione d’un nuovo impianto statunitense da 1,6 miliardi che darà lavoro a 4.000 persone e produrrà 300.000 veicoli l’anno.
La performance del mercato del lavoro è stata accompagnata da statistiche incoraggianti sulla bilancia commerciale: l’export del made in Usa, favorito dal recente generale declino del dollaro, è aumentato dell’1,2% a 194,4 miliardi, il massimo da due anni e mezzo. E ha generato una riduzione del deficit del 5,9% a 43,6 miliardi, il minimo dall’ottobre 2016 e meglio dei 45 miliardi attesi.
La spinta complessiva dell’economia ha dato fiducia alle piazze finanziarie. In Borsa l’indice Dow Jones è lievitato a nuovi record. In rialzo anche il dollaro, passato rapidamente da 1,1890 1,1757 sull’euro, mentre hanno lievemente ceduto i Treasuries sul mercato obbligazionario.
Chi assume
La creazione di lavoro è stata concentrata nei servizi, artefici dell’incremento maggiore da settembre. La ristorazione ha fatto la parte del leone, con 53.000 nuovi impieghi, uno su quattro nuovi assunti. Bene anche i servizi professionali e per le aziende, con 49.000 nuovi addetti, come l’istruzione con 15.000 nuovi impieghi e la sanità forte di aumenti di 39.000 unità, facilitati dal tramonto della controversa riforma per eliminare Obamacare da parte dei repubblicani. Questi comparti, che assieme hanno contato per il 70% delle nuove assunzioni, rappresentano tuttavia un ampio ventaglio di qualifiche e solidità. Il manifatturiero ha aggiunto 16.000 buste paga mentre hanno ristagnato le posizioni nell’energia e nel retail, che soffre la concorrenza dell’e-commerce.
Proprio la composizione della nuova occupazione – con la significativa presenza di impieghi “poveri” – aiuta forse a spiegare uno dei persistenti talloni d’Achille del lavoro e dell’economia, evidente anche a luglio: la debolezza salariale, che tiene l’inflazione sotto la desiderata e salutare soglia del 2 per cento. I salari orari sono aumentati dello lo 0,3% a 26,36 dollari, il miglior andamento da ottobre. Ma non abbastanza da schiodare i compensi dal passo annuale del 2,5%, anemico rispetto al 3,5%-4% tipico di simili fasi di espansione. Allo stesso tempo la bassa partecipazione alla forza lavoro è migliorata solo marginalmente, al 62,9% dal 62,8%, e il tasso allargato di disoccupazione e sotto-occupazione, lo U-6, è rimasto invariato all’8,6% rispetto al 7,9% della scorsa espansione.
La Fed
La Banca centrale dovrebbe così anzitutto cercare e trovare, nella performance del mercato del lavoro, conferme di fattibilità per la sua strategia di modeste e graduali riduzioni degli stimoli economici per evitare traumi. I mercati future hanno indicato maggiori probabilità di un nuovo rialzo del costo del denaro a dicembre, ma di poco oltre il 50% rispetto al 47% della vigilia. Nelle riunioni al vertice la Fed e il suo presidente Janet Yellen hanno da tempo pronosticato un’ulteriore mini-stretta di un quarto di punto percentuale entro fine anno del tasso interbancario oggi tra l’1% e l’1,25 per cento. La Fed dovrebbe nel frattempo avere la strada spianata per avviare, già da settembre, una preannunciata e progressiva riduzione del suo enorme portafoglio di asset da 4.500` miliardi – in titoli del Tesoro e obbligazioni garantite da mutui – accumulato con le politiche di Qe in risposta alla crisi del 2008.