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 2017  agosto 05 Sabato calendario

Sicilia, è tempo di elezioni 5000 assunzioni in arrivo

La macchina clientelare della Dc era poderosa: agli altri partiti di governo non restavano che le briciole. E all’opposizione neppure quelle. Così in parlamento non mancava chi, impotente, schiumava rabbia. Nel gennaio del 1985 cinque deputati missini capeggiati dalla futura sindaca di Lecce Adriana Poli Bortone presentarono una proposta di legge per vietare le assunzioni in ministeri, enti pubblici, unità sanitarie locali, enti e società pubbliche nei sei mesi precedenti ogni elezione. Una specie di semestre bianco per le clientele, insomma. La legge, manco a dirlo, fu perentoriamente insabbiata. E l’andazzo è proseguito negli anni, indisturbato. La Regione siciliana, da questo punto di vista, ha sperimentato ogni possibile strada. Memorabile la stabilizzazione di 4.500 precari spuntata dal cilindro di Raffaele Lombardo giusto in tempo per la consultazione elettorale del 2012 che incoronò Crocetta. Con i candidati che alla prova di idoneità dovevano dimostrare di saper fare almeno le fotocopie. Sette anni prima era stata la volta delle assunzioni al 118, il servizio delle ambulanze. Totò Cuffaro era in lizza per la riconferma alla presidenza della Regione contro una temibile avversaria: Rita Borsellino, sorella del coraggioso magistrato assassinato dalla mafia. Alla vigilia delle elezioni l’organico della Sise, società che lo gestiva, si gonfiò all’improvviso di 2.553 unità. Da 167 che erano, le ambulanze diventarono 280 e le ore di lavoro settimanali del personale magicamente diminuirono da 36 a 30. La cosa risultò talmente smaccata da originare un’inchiesta della Corte dei conti, conclusasi in appello con una condanna al pagamento di 12 milioni e mezzo di euro appioppata per danno erariale a politici e amministratori di quella giunta regionale. Una mazzata da 730 mila euro a testa: se non fosse intervenuta a settembre del 2014 una provvidenziale riduzione del 96 per cento, che ha fatto scendere la sanzione individuale a circa 35 mila euro. Un rischio che si sarebbe facilmente evitato se ci si fosse limitati ad altrettanto efficaci promesse. Come in vista delle regionali 2001, quando in Sicilia si bandì un concorso pubblico per restauratori. Parteciparono in migliaia, vinsero in cento, ma nessuno è stato mai assunto. Negli organici della Regione, quasi 17 anni dopo, quella figura non esiste nemmeno più. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Da Remo Gaspari ad Antonio Gava, la storia della Repubblica è piena di operazioni clientelari In Sicilia, nel 2005, le ambulanze passarono da 167 a 280: più di duemila i nuovi contratti IN politica il tempismo è decisivo. A ricordarcelo, puntualmente, ecco la Regione siciliana. Di giovedì è la notizia che il locale assessorato alla Salute ha finalmente sbloccato le procedure per 5.138 assunzioni nelle aziende sanitarie e negli ospedali dell’isola. Poco importa che non siano proprio tutti posti di lavoro nuovi di zecca: in 2.044 casi si tratta di stabilizzazioni di precari, ci sono poi 1.481 persone in graduatoria che aspettavano l’assunzione (qualcuno dal 2003), e infine 1.613 nuovi ingressi per concorso. Ed è appena un dettaglio che il diluvio occupazionale piombi sull’isola assetata di lavoro appena un paio di mesi, massimo tre, prima delle elezioni regionali. Va detto che non è tutta farina del sacco del governatore Rosario Crocetta, né del suo assessore alla salute Baldassarre Gucciardi, deputato all’assemblea siciliana arrivato al Pd dalla Margherita e prima ancora dalla Dc, dirigente amministrativo della sanità pubblica trapanese in aspettativa politica dal lontano 2006. L’assunzione in pianta stabile dei 5.138 operatori sanitari isolani ha infatti pure il bollino della ministra della Salute Beatrice Lorenzin e del suo collega dell’Economia Piercarlo Padoan. Ma questo, per la verità, cambia ben poco. Potrà non piacere a Crocetta e Gucciardi, ma il copione è sempre il medesimo. Le assunzioni andavano comunque fatte, spiegheranno: negli ospedali siciliani la carenza di personale è tale che non si trova neppure chi può mettere un cerotto. E a chi chiederà perché proprio adesso, e non due o tre anni fa, o in alternativa subito dopo le elezioni, ribatteranno che è tutta colpa delle procedure, della burocrazia, dei soldi che si sono trovati soltanto ora… Il solito copione, appunto. Non succede soltanto in Sicilia, a voler essere onesti. Si tratta infatti di un’abitudine tutta italiana equamente distribuita dal Sud al Nord. Funziona da decenni, con un meccanismo perfettamente oliato, e senza che la cosa abbia mai suscitato particolare scandalo. Le cronache riportano alla mente episodi strepitosi. Uno per tutti? Correva l’anno 1981 quando il deputato radicale Mimmo Pinto cercò di inchiodare con una interrogazione il socialdemocratico Michele Di Giesi, accusandolo di assunzioni clientelari. Intervistato da Panorama circa l’insperato successo elettorale del suo partito a Bari, l’ex ministro delle Poste aveva ammesso: «Gente ne ho assunta». Precisando subito dopo: «Ma sempre meno dei miei predecessori democristiani». E non poteva sapere che il meglio sarebbe arrivato con i suoi successori Remo Gaspari e Antonio Gava. Ancora due pezzi da novanta democristiani.