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 2017  agosto 05 Sabato calendario

Rajoy vieta le vacanze ai parlamentari: «Massima allerta per i blitz dei catalani»

Quando il gioco si fa duro, i duri non possono stare in villeggiatura. La sfida catalana è una cosa seria, il primo ottobre è annunciato un referendum per l’indipendenza, considerato illegale dal governo spagnolo. La guerra per ora è più legale che politica, non si combatte con gli eserciti, ma a colpi di risoluzioni del Parlamento, di veti della Corte Costituzionale e di sentenze dei tribunali. Mosse e contromosse sono studiate con finezza giuridica (quella politica è riservata a pochi). Ai due schieramenti serve fretta e mano decisa. Così, il governo locale e quello statale hanno fatto sapere ai rispettivi membri: «Ad agosto state nei paraggi». La raccomandazione è stata pubblica nel caso di Mariano Rajoy: «Non escludo un Consiglio dei ministri straordinario il 16 agosto», ha detto il premier passeggiando sulle rive del fiume Umia, nella sua Galizia. Le truppe indipendentiste sono state preallertate: «Fatevi trovare al massimo a un’ora da Barcellona» (i posti gradevoli in zona comunque non mancano).
L’esecutivo spagnolo si potrebbe riunire in fretta e furia nel caso in cui il Parlamento catalano, con un blitz procedurale, portasse in aula la legge che convoca il referendum. L’obiettivo di Rajoy a quel punto sarebbe un ricorso d’urgenza al Tribunale Costituzionale (anch’esso mobilitato), per arrivare a una sospensiva, ancor prima del voto della Camera di Barcellona. I giudici per il momento hanno bloccato una modifica del regolamento parlamentare catalano, che avrebbe consentito un’approvazione rapidissima di una legge (in questo caso, quella del referendum). La vicenda in sé appassiona solo pochi specialisti, ma il senso è che quella che per lunghi tratti a Madrid era sembrata una vicenda folkloristica, è diventato il problema principale della Spagna contemporanea. Il governo centrale insiste: «Non ci sarà nessun referendum». Il presidente catalano Carles Puigdemont ribatte: «Il primo ottobre ci saranno le urne e se vince il sì, sarà indipendenza».
Come se ne esce? Mariano Rajoy, coerentemente con il personaggio, non alimenta lo scontro, almeno non a parole. La strategia prevede di combattere a bassa intensità, per esempio minacciando i funzionari: chi mette una firma su una risoluzione illegale, commette un reato. Non sarà facile, ad esempio, per i presidi aprire le proprie scuole e convertirle in seggi di elezioni. Altro esempio: è difficile trovare un’azienda che fornisca materialmente le urne considerate fuorilegge. La guerra prevede anche che Barcellona sia stata costretta a comunicare a Madrid ogni settimana come ha speso i soldi pubblici «affinché nemmeno un euro finisca per finanziare il voto illegale». Ultimo strumento: la minaccia di sanzioni economiche contro i politici che si compromettono con il referendum. Argomento, a dar retta agli antipatici luoghi comuni, assai sensibile per i catalani. Jordi Baiget esponente, poi rimosso, del governo ribelle, ha dichiarato candidamente al quotidiano El Punt Avui: «Sono pronto ad andare in galera, ma se toccano il patrimonio di famiglia non ci sto». Un’idea di come andrà a finire già ce la si può fare: la Guardia Civil si è messa in moto in questi giorni interrogando alti funzionari della Generalitat. Il messaggio è chiaro: non mandiamo i carri armati, ma chi sgarra finisce in caserma (con il portafoglio alleggerito).