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 2017  agosto 05 Sabato calendario

Il gigante tech europeo che sfida in solitaria i colossi dell’America

Walldorf è famosa per l’asparago bianco, si legge sulla voce Wikipedia di questa piccola sobria città. Siamo nel land tedesco del Baden-Württemberg, un’ora a sud di Francoforte, ma non siamo venuti per provare l’asparago bensì per scoprire il campione tecnologico europeo, la più grande azienda tech del continente: Sap. È il primo gruppo al mondo nel software per le imprese, con ricavi oltre i 23 miliardi di euro, 85 mila dipendenti e una valorizzazione di 110 miliardi, quasi il doppio di Volkswagen.
Conoscere il gigante Sap, nato nel 1972 da cinque ingegneri tedeschi che avevano lasciato Ibm, aiuta a capire il ritmo di un mondo dominato sempre più da aziende tecnologiche: le prime cinque al mondo per valorizzazione di Borsa sono Apple, Google, Microsoft, Facebook e Amazon. Tutte americane, tutte nate sulla West Coast tra San Francisco e Seattle. Il primo europeo nella classifica è il gruppo degli alcolici Anheuser-Busch InBev mentre di aziende tecnologiche non c’è traccia.
La domanda che accompagna il viaggio verso il quartier generale di Walldorf è: perché non sono nate altre aziende come Sap in Europa? Dei grandi gruppi che si contendono oggi la nostra attenzione (e i nostri dati, e il nostro denaro) solo Spotify, la piattaforma musicale, è un campione europeo, e in ogni caso sta per quotarsi in Borsa a New York.
La domanda diventa incalzante perché l’economia di oggi sembra premiare non più chi costruisce qualcosa, ma chi sa organizzare i dati e mettere in contatto domanda e offerta come fanno Google, Amazon o Facebook. Hans Joerg Stotz, vicepresidente di Sap, può tentare una risposta perché il suo gruppo è al tempo stesso un protagonista dell’economia digitale e un abilitatore della trasformazione. Stotz è puntuale all’appuntamento, al sesto piano dell’edificio centrale del campus dell’azienda dove lavorano circa 13 mila persone. Per spiegare il paradigma, racconta la storia di Kaeser, un’azienda tedesca che produce compressori d’aria, macchinario obbligatorio in ogni manifattura. «Ha iniziato a vendere l’aria compressa invece dei compressori. Vende l’aria, e questo è il punto chiave della tecnologia: cambia i modelli economici – dice Stotz – si passa dalla vendita del prodotto al prodotto come servizio».
Studiare e comprendere i dati sarà sufficiente all’economia europea? «Se si guarda a gruppi come Basf o Trenitalia – risponde Stotz – viene da dire che abbiamo un vantaggio in Europa, perché abbiamo una cultura di manifattura e ingegneria. Questo è vero per le grandi aziende, non per le piccole». Ecco perché è necessario che «l’Europa sia un mercato unico», con quadro legale e fiscale uniforme: altrimenti le start-up non potranno mai raggiungere una massa critica. «Siamo una economia dei dati e le auto senza guidatore non si potranno fermare ai confini nazionali», conclude.
Il quartier generale è disegnato più con teutonico funzionalismo che con lo spirito tech-chic della Silicon Valley. Michael Kleinemeier, membro del board di Sap, è entrato in azienda quando il Muro di Berlino era ancora in piedi, il primo gennaio 1989. «Eravamo pochi, per fortuna capimmo che era indispensabile crescere all’estero», dice. Sap era nel Nord America, negli Anni Novanta, con un software che funziona ed è già sul mercato: Amazon, Google e Facebook non erano ancora nate. Perché non tentò un salto nei servizi ai consumatori e non solo alle aziende? «Dal punto di vista tecnologico – ricorda Kleinemeier -, ci avevamo iniziato a pensare. Ma la domanda per i nostri prodotti era così alta che non c’era il tempo per provarci davvero».
Se il nastro corre al 2017, però, la tecnologia ha ridotto le distanze e il confine netto tra software per aziende e per i consumatori. È vero, Sap ha la leadership indiscussa nel campo delle imprese, ma tutti i clienti di qualsiasi impresa del mondo condividono i dati con Google o Facebook o Amazon. Il rischio è che l’Europa sia tagliata fuori dalla fase in cui i dati diventano valore, e così accumuli il ritardo.
Le risposte politiche, con la Commissione europea che dimostra un certo attivismo, non sono semplici e rischiano di fare danni. «La nuova Direttiva europea su dati e privacy è molto interessante – dice, sarcastico, Kleinemeier -: per esempio se tu carichi il tuo curriculum sul sito di Sap, ma non ti offriamo il posto e per sei mesi lo teniamo sui nostri server, teoricamente potremmo pagare una multa fino al 5% dei ricavi annui globali». La rincorsa avanza ma nell’Europa del 2017, forse, preferiamo ancora fingere che i dati si fermino alla frontiera.