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 2017  agosto 06 Domenica calendario

Il senso di Nannarella per l’amore al Vittoriano tributo alla Magnani

“L’amore. Toglietemi tutto. La carriera, la politica, Mike Bongiorno, il festival di Sanremo. Ma l’amore no. L’amore è la pioggia, il vento, il sole e la notte. L’amore è respiro e veleno”. Così raccontava Nannarella quel sentimento che l’ha portata a piangere e a sognare, a ridere e urlare. Nella vita così sullo schermo. Ed è proprio “L’Amore”, film del ’48 diretto da Roberto Rossellini, a portare stasera il pubblico nel mondo di Anna Magnani. Ultimo appuntamento al Vittoriano con il ciclo di proiezioni dedicati all’attrice e curato da Mario Sesti.
A ricordarla oggi, anche la nipote Olivia, attrice, stessi occhi verdi della nonna, una parte nell’ultimo film di Ridley Scott. Leggerà alcune interviste rilasciate dall’artista, scomparsa nel 1973. Portata via da un tumore al pancreas. Ed è proprio la morte è uno dei temi toccati. «Morire è finire – dice la Magnani – : perché si deve finire? Un uomo dovrebbe finire quando decide di finire, quando è stanco, pago di tutto: non prima. Oddio, c’è una tale sproporzione tra la dolcezza con la quale si nasce e la fatica con la quale si muore. Nascere è quattro sgrilletti sani e gioiosi, morire è tragedia. Si dovrebbe almeno morire con la stessa dolcezza e incoscienza con la quale si nasce». E all’intervistatore: «Sa che le dico? Forse sarebbe più giusto nascere vecchi e morire bambini». Olivia, che con quella statuetta dell’Oscar vinta dalla nonna per “La rosa tatuata” (1955) giocherellava da bambina, la nonna non l’ha mai conosciuta. «Mi emoziona sempre leggere le sue parole – racconta – ma non per questioni di sangue. Semplicemente perché mi emoziona il pensiero che c’è dietro. Era una donna rigorosa, onesta, per nulla scontata. Valori in cui mi rivedo». Rigorosa, puntigliosa nello studiare la parte. Così descrivono Nannarella le sue biografie. Ma anche “gattara”, “canara” «Ho pianto una settimana quando i russi hanno mandato Laila nello spazio». E appassionata, generosa, impulsiva, vulnerabile e aggressiva negli amori come nei dolori. Tradita. «Credo che gli stati d’animo siano inspiegabili -dice a chi la intervista – Ho scelto questo mestiere perché avevo voglia di essere amata, di ricevere tutto l’amore che avevo sempre mendicato. Ecco ci risiamo è il solito complesso materno». E ne “L’Amore”, film in due episodi “Una voce umana” e “Il miracolo” – in programma stasera alle 21 al Vittoriano che all’attrice dedicata anche una mostra – c’è una sorta di addio a Roberto Rossellini. È lui a dirigerla. L’uomo tanto amato che una sera esce a portare fuori i cani, e non torna più. A separarli un volo per l’ America e un’altra donna: Ingrid Bergman. Scenate. “Esci da sotto il letto che te meno”, racconteranno i camerieri dell’Hotel Excelsior che sentono le urla. Dolore, delusione, rabbia, gelosia. Ma in quel settembre di 44 anni fa, al capezzale di Nannarella, un paio di decenni dopo, ci sarà anche Rossellini. E la ritrovata amicizia. «Se la morte mi spaventa ancora un po’ è perché vorrei che ciascuno potesse essere se stesso per poter morire in pace – leggerà ancora Olivia – Quanto a me, sono pronta. Ho lavorato molto per prepararmi. Ho lottato, ho urlato alla vita, e oggi posso sorridere alla morte».