la Repubblica, 6 agosto 2017
La fuga in moto di Ortega la pm cacciata da Maduro
L’ULTIMA vittima del neo dittatore venezuelano è quella che lui odiava di più: la procuratrice generale dello Stato, Luisa Ortega Diaz. Ieri mattina presto, agenti delle Forze di sicurezza hanno circondato il palazzo della Procura, nel centro di Caracas, impedendo a chiunque di entrare. Quando è arrivata di fronte al palazzo, Ortega ha cercato di entrare superando con gli uomini della sua scorta i cordoni dei soldati, ma è stata respinta tra grida e spintoni. «Mi hanno aggredita», ha denunciato. Mentre al capo della procura veniva impedito di raggiungere il suo ufficio, poco lontano, nel palazzo del Parlamento, dov’era riunita la nuova Costituente, i deputati di Maduro procedevano alla nomina di un nuovo procuratore generale. Il prescelto è Tarek William Saab che finora ricopriva l’incarico di “Difensore del popolo”, un’istituzione che dovrebbe servire a raccogliere denuncie di violazione dei diritti umani. Luisa Ortega Diaz, magistrato, 59 anni, è una chavista storica. La nominò capo della procura lo stesso Hugo Chávez nel 2007. Ma negli ultimi mesi, a partire dall’inizio della nuova stagione di proteste, il primo aprile, è stata la più alta funzionaria dello Stato ad opporsi a Maduro. Il primo gesto, considerato un tradimento, fu la sua denuncia contro il Tribunale supremo che aveva esautorato il Parlamento eletto nel 2015 e dominato a maggioranza assoluta dai deputati dell’opposizione. Poi prese le difese di chi protestava aprendo inchieste contro gli agenti della Guardia nazionale. Infine ha denunciato come illegittima l’elezione della Costituente e chiesto l’apertura di un procedimento giudiziario per i brogli rivelati dalla società di supporto tecnologico del voto, la SmartMatic. Ieri la Costituente ha sequestrato i suoi beni personali e ordinato che gli venga proibito di lasciare il Paese. Contro di lei è stato anche aperto un processo e potrebbe essere arrestata nelle prossime ore. «Non temo per il mio posto, temo per il Paese», ha dichiatao ieri. Tarek William Saab, 54 anni, è diventato famoso quando all’inizio delle proteste suo figlio Yibran registrò un messaggio video dove gli chiedeva di impegnarsi per fermare la repressione violenta e indagare sui morti e sulle denunce di torture nelle carceri. Ma Saab è un altro dei molto arricchiti alti funzionari del regime e a suo figlio che vive con la madre da cui è divorziato non ha mai risposto. Mentre a Caracas la dittatura procede per fatti compiuti calpestando gli avversari, l’alleanza economica del Mercosur ha votato la sospensione del Venezuela. I ministri degli esteri di Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay, fondatori del mercato comune a cui il Venezuela aveva aderito cinque anni fa, hanno votato per sospenderla all’unanimità perché con l’insediamento della Costituente «è stato rotto l’ordine democratico nel Paese».