Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  agosto 06 Domenica calendario

Iran, fuori le donne e spazio ai conservatori ecco il Rouhani 2.0

“Cherchez la femme”. All’apparenza una delle frasi più famose della lingua francese mal si sposa con la giornata di ieri a Teheran, tutta concentrata sul giuramento di Hassan Rouhani per il suo secondo mandato da presidente della Repubblica islamica d’Iran. Ma a guardar bene la ricerca di una donna, o di più donne, è una delle chiavi fondamentali per capire quello che è accaduto ieri al Parlamento iraniano. Eletto a maggio grazie al sostegno determinante dei partiti riformatori, il moderato – per gli standard locali – Rouhani aveva promesso di portare nel suo esecutivo giovani e donne: ma nelle settimane fra l’elezione e ieri la già tesa relazione fra il presidente e i conservatori è diventata ancora più complessa e le donne sono state le prime a farne le spese. Rouhani non metterà alcun nome femminile nella lista di ministri che presenterà nei prossimi giorni: il segno forse più tangibile di un governo e di un’agenda che, molto più di quanto avvenuto nel primo mandato, dovranno fare i conti con le pressioni dei conservatori. Se infatti nei suoi primi anni il presidente aveva potuto concludere un accordo, come quello sul nucleare siglato con gli Stati Uniti e i Paesi occidentali, che prometteva di portare il Paese fuori dall’isolamento, l’arrivo sulla scena di Donald Trump ha cambiato tutto: la nuova Casa Bianca ha più volte denunciato il documento e secondo molti analisti si prepara a cancellarlo. E Rouhani è stretto nell’angolo da chi lo accusa di aver ceduto al nemico americano firmando. Pochi giorni fa, ufficializzando la vittoria elettorale, la guida suprema ayatollah Ali Khamenei aveva ammonito il leader eletto a mantenere una linea dura verso l’Occidente. Un ammonimento ancora più diretto era arrivato al presidente dai conservatori nelle settimane precedenti, quando il fratello era stato arrestato con l’accusa di corruzione e liberato solo dietro pagamento di una cauzione di 7,6 milioni di euro. Le donne dunque sono il primo agnello sacrificale di un mandato che si annuncia più vicino alle istanze conservatrici del primo. E sono anche l’origine della prima polemica: la presenza ieri a Teheran dell’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea Federica Mogherini ha alimentato più di una discussione. Per l’accoglienza a colpi di selfie e scatti fotografici che le hanno riservato i membri del Parlamento. E per la scelta stessa di prendere parte all’insediamento del leader di un Paese che gode di una pessima reputazione nei diritti umani: la prima a esprimersi in termini duri è stata l’Ong Nessuno tocchi Caino, da sempre attenta al tema della pena di morte, di cui l’Iran è uno dei massimi sostenitori al mondo.