Corriere della Sera, 6 agosto 2017
Nuove sanzioni Onu a Pyongyang. Usa: pronti alla guerra preventiva
Mentre a Manila, alla conferenza dell’Asean, il segretario di Stato Usa Rex Tillerson entra per la prima volta in una sala nella quale, insieme ai ministri degli Esteri di altre due dozzine di Stati, si troverà davanti quello della Nord Corea, Ri Yong-ho, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite approva all’unanimità nuove, pesanti sanzioni economiche contro il regime di Pyongyang per i due nuovi test missilistici compiuti in luglio. Nelle stesse ore il capo del Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, H.R. McMaster, avverte: «Siamo pronti a tutte le opzioni per contrastare la minaccia nucleare coreana, compresa quella di una guerra preventiva». La temperatura della crisi coreana continua a crescere. Dopo il collaudo di missili balistici ormai tecnicamente in grado di raggiungere il territorio degli Usa e le ripetute minacce del regime di Kim Jong-un, Tillerson aveva provato a inviare un messaggio rassicurante: «Non vogliamo imporvi un cambio di regime, non vogliamo il collasso di Kim, non siamo i vostri nemici. Ma non accettiamo di essere minacciati: parliamoci». Il regime del dittatore, però, non ha mai mostrato alcuna flessibilità e allora, a poche ore dal summit asiatico, è arrivato anche l’altolà dell’ex generale responsabile delle politiche della Casa Bianca per la sicurezza: «Il presidente Trump è stato chiaro: non tollererà più le minacce della Corea del Nord. È inaccettabile che questo Paese abbia armi nucleari che possono essere lanciate contro gli Usa».
Per McMaster i continui progressi tecnici di Pyongyang rendono impraticabile una strategia passiva di semplice contenimento: bisogna agire nella direzione della denuclearizzazione della penisola coreana. Con i negoziati, certo, ma Washington afferma di tenersi aperte tutte le strade. Come, del resto, chiedono i repubblicani in Congresso: «Se mi chiedete se stiamo preparando anche piani per una guerra preventiva per prevenire un attacco nucleare della Nord Corea, rispondo di sì» ha detto l’ex generale McMaster in un’intervista alla rete televisiva Msnbc.
McMaster ha aggiunto di rendersi conto che un attacco alla Corea del Nord potrebbe portare a una guerra devastante, capace di provocare grandi sofferenze soprattutto per la popolazione sudcoreana, ma ha aggiunto che la guerra è la soluzione estrema alla quale un Paese arriva solo quando si convince che se non agisce subirà devastazioni ancor più spaventose.
La gravità del momento è testimoniata anche dal voto di ieri del Consiglio di sicurezza. La Cina, unico interlocutore di Pyongyang che spesso ha usato il suo potere di veto per bloccare le risoluzioni del Palazzo di vetro, stavolta si è schierata con gli Usa e gli altri, rendendo totale l’isolamento di Kim Jong-un, capo di un Paese economicamente allo stremo, che ottiene valuta quasi solo con l’esportazione di carbone per 3 miliardi di dollari l’anno. Ora con le sanzioni il dittatore vedrà ridotte di un terzo queste sue vendite.
Fin qui, però, né l’isolamento politico, né le sanzioni economiche sono servite a far ragionare un leader feroce che ha addirittura fatto uccidere il fratello. In politica estera si ritenta sempre la carta diplomatica, anche quando una mediazione fallisce: benvenuta, quindi, l’occasione di Manila dove Tillerson parlerà di nuovo coi cinesi e soprattutto col suo collega russo, Lavrov, nel tentativo di riallacciare il dialogo con Mosca dopo le nuove sanzioni del Congresso e la rappresaglia di Putin sui diplomatici Usa in Russia. Nei corridoi è anche possibile un incontro informale di Tillerson con il ministro nordcoreano, ma è più probabile che Ri Yong-ho veda il suo collega di Seul.