Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  agosto 04 Venerdì calendario

Urbano Cairo, il diavolo santifica il Corrierone

Diavolo di un Urbano Cairo, sapevamo della sua abilità luciferina, ma non immaginavamo riuscisse in poco tempo, un annetto scarso, a ribaltare i conti di un baraccone traballante come era la Rizzoli-Corriere della Sera. Il quale da nove anni registrava solo perdite e che nei primi sei mesi del 2017 ha invece invertito la tendenza (grazie alle cure del nuovo padrone, tutte rivolte al bilancio) sfoggiando un reddito di 24 milioni di euro. Un risultato clamoroso dovuto a una amministrazione finalmente oculata e affidata a gente capace di evitare sprechi, causa principale di ogni disastro imprenditoriale e quindi anche editoriale. 
Ci complimentiamo con Cairo, sapendo che lui è l’artefice del successo. Un uomo che viaggia a fari spenti nella lunga notte buia della carta stampata e compie miracoli che ci lasciano sbigottiti. 
Quando si mise in proprio, dopo aver abbandonato la direzione della pubblicità Mondadori, acquistando la Giorgio Mondadori, ramo decisamente minore, pensammo che sarebbe stato l’inizio di un disastro epocale. Manco per niente. È accaduto il contrario. Urbano dimostrò di avere stoffa e rilanciò l’azienda con disinvolta rapidità. Non solo avviò una serie di iniziative, che a noi parevano temerarie (e anche idiote), ma incrementò le riviste popolari, le più sgangherate e apparentemente obsolete, ottenendo addirittura un trionfo. Rimanemmo a bocca aperta, increduli. Crollarono le nostre radicate convinzioni sulla morte imminente dei rotocalchi di basso livello. In effetti non avevamo capito nulla. Il filone non era esaurito. Si trattava di rivitalizzarlo riducendo i prezzi e arricchendo i prodotti con argomenti piccanti, poca o zero politica e tanta cronaca e molto gossip intelligente, non volgare ma intrigante. 
La formula egiziana (cioè di Cairo) funzionò e l’impresa spinta da un invidiabile fatturato (vendite e inserzioni soddisfacenti) crebbe a dismisura, al punto che il nostro Fenomeno si permise di acquisire addirittura La7, emittente perennemente in crisi. Anche con la tv Urbano si rivelò abile e scaltro. Le sue trasmissioni sono seguite; in pratica si fanno vedere senza suscitare ripugnanza sia d’inverno sia d’estate, allorché la Rai e Mediaset vanno in letargo, azzerando ogni sforzo cerebrale dei propri dipendenti e collaboratori. 
Qui giova fare un inciso. Il signor editore tra un giornale e un altro, ha trovato anche l’occasione e la voglia di comprarsi una società storica di calcio, il Torino. E non pochi lo criticarono dicendo chiaramente che lui non capiva un’ostia di pallone. Errore. Persino qui, forse con l’ausilio di Sanculo, ha sfondato organizzando una squadra non irresistibile, comunque importante. 
Dove vuole arrivare ’sto Urbano nato e cresciuto all’ombra di Berlusconi, del quale fu segretario per un periodo non breve? Evidentemente ha rubato il mestiere al Cavaliere e il suo intento è di superarlo. Se ce la fa, è un mostro. Oddio, ce la sta facendo. Tanto è vero che con un gioco d’azzardo egli si è addirittura impossessato del Corriere della Sera, sfidando la leggenda secondo la quale chi pone piede in via Solferino rischia la galera o, come minimo, di andare in malora. L’elenco degli sfigati che ci hanno provato e si sono rovinati è lungo. Alcuni di essi ci hanno smenato la pelle. Alla notizia che Cairo era entrato da patron nel nobile edificio, sede del foglio della borghesia italiana, pensammo che l’uomo fosse impazzito e andasse incontro a uno sfacelo: ci rimetterà le penne con tanti saluti alle proprie smodate ambizioni. Però eravamo altresì consci della sua perizia e gli concedemmo il cosiddetto beneficio di inventario. Trascorrono mesi di gestione del transatlantico e cominciamo a dubitare che l’ex ragazzo di bottega di Silvio fosse in grado di spuntarla. Combina qualche puttanata, per esempio riduce a carta da macero Sette, periodico allegato al Corriere, tuttavia onestamente si avverte che l’impresa, nel suo complesso, è in buone mani. Così è. Difatti, tirate le somme del semestre dell’anno in corso, si scopre che il Diavolo, approfittando della distrazione di Dio sulle sorti dell’editoria, ha realizzato il prodigio di guadagnare 24 milioni in sei mesi (2017) facendo funzionare la nave del Corrierone che sembrava essersi irrimediabilmente arenata. 
Congratulazioni, Cairo. Vado sul personale. L’unico rimprovero che gli muovo è di avermi fottuto 200 milioni di lire nel 2001 in occasione dell’affare Libero che poi non si concluse. Somma alla quale ero affezionato benché confessi di poter campare senza.