Vanity Fair, 12 luglio 2017
Quando finì l’era dell’oro
Faceva un caldo boia e ci facevano male i piedi. Gli invitati erano tutti seduti, arrivava ancora solo qualche «standing», quelli che alle sfilate non hanno un posto e si accalcano dietro. L’agenzia, che di solito ci spediva a distribuire volantini e informazioni minime – quelle in nostro possesso – presso gli stand di qualche fiera, stavolta ci aveva mandate alla sfilata di Versace.
Avevamo accompagnato tutti i famosi ai loro posti e aspettavamo l’inizio dello spettacolo spiando dietro un tendone nero: quasi tutte ci eravamo tolte le décolletée. Quando Gianni Versace è passato – di corsa, con dieci persone intorno, tutte agitate – io mi stavo massaggiando un alluce.
La visione di noi sfatte e fuori luogo nei nostri tailleur neri non di sartoria doveva averlo intenerito perché si è fermato e ci ha detto: «Grazie ragazze». E poi: «Guardate pure, non è un segreto». Ridendo, è corso nel backstage.on era un segreto, era una sfilata pazzesca, la prima e la più bella della mia vita.
Gianni Versace. insieme a Giorgio Armani, è stato l’uomo che ha inventato il concetto di stilista come lo conosciamo oggi. Ma mentre il secondo lo ha declinato in un modo molto milanese (il color greige. le power jacket, il lusso minimalista e clienti allergiche all’idea di apparire). Versace. calabrese di nascita, ha inventato un mondo di ori. meduse, spille, sadomaso, ma soprattutto ha fatto delle sue modelle delle star e delle star i suoi migliori amici. trasformando la moda in una immensa vetrina in cui gli abiti erano la cosa meno stupefacente (anche se i suoi lo erano) da guardare.
La sua storia è un archetipo del genere: padre commerciante di carbone, madre sarta, lui bambino che cresce tra gli spilli e i rocchetti di filo, respirando buon gusto ed esercitando la manualità. A 26 anni è il 1972 – arriva a Milano con i suoi studi in architettura e l’umiltà per fare quasi dieci anni di gavetta. La prima sfilata con il suo nome la fa alla Permanente di Milano ed è un successo. Negli anni Ottanta – che sembrano fatti apposta per il suo gusto – comincia a lavorare con i più grandi fotografi: Avedon. Meisel, Weber. Capisce che intorno alla moda va costruito un mondo glamour e va fatto vedere alla gente.
Ma non è solo marketing: lui, alle sue feste si diverte davvero, però non ama fare troppo tardi, il giorno dopo bisogna lavorare. Ama l’arte, dice che nel bello lui ci è nato, e diventa, negli anni, una specie di mecenate rinascimentale: gli piace stare con gli artisti, li ospita nelle sue case, compra le loro opere. Ama Alexander Calder e Andy Warhol (che lo ritrae in uno dei suoi multipli), colleziona statue antiche, mobili d’epoca con cui arreda le sue case: il palazzo di via Gesù a Milano. Villa Fontanelle sul lago di Como e Casa Casuarina a Miami, sul cui ingresso verrà ucciso.Anche se sempre più grande, il suo marchio è un’azienda a conduzione famigliare: lavora con i fratelli Santo e Donatella e l’allora marito di lei, Paul Beck. Adora i suoi nipoti figli di Donatella – Daniel e Allegra, che lui chiamava little princess: sarà lei, nel 2004, per i suoi 18 anni, a ereditare l’azienda di famiglia, valore stimato allora, 200 milioni di euro.Versace, in anni in cui la cosa non era affatto semplice, dichiarava senza problemi di essere omosessuale: suo compagno per quindici anni è stato l’ex modello, poi stilista Antonio D’Amico.
Ha molte muse: le iibcr modelle (Naomi Campbell, Claudia Schiffer, Linda Evangelista, Christy Turlington), ma anche Madonna – che fa fotografare da Steven Meisel per la campagna del 1995 –, Lady Diana – è suo l’abito bianco monospalla che la principessa indossa sulla copertina di Vanity Fair America del luglio 1997, ancora in edicola quando lui morirà, seguito, un mese e mezzo dopo dalla sua amica principessa – ed Elizabeth Hurley, sul cui corpo disegna il suo abito più famoso: nero e tenuto insieme solo da spille da balia. Se non ce l’avete in mente, fate una ricerca su Google: c’è una pagina di Wikipedia dedicata a lui (il vestito). Le prime file del suo funerale sembrano il front row di una delle sue sfilate: Elton John piange come un bambino e consola Diana, senza sapere che di lì a poco suonerà al suo funerale Candle in thè Wind.
Viene ucciso la mattina del 15 luglio 1997, mentre apre il cancello della sua villa di Miami. A sparare è Andrew Cunanan, tossicodipendente e ricercato per altri omicidi: una settimana dopo verrà ritrovato suicida su una house boat. Il movente dell’omicidio è ancora oggi piuttosto fumoso, quel che è certo è che con la morte di Gianni Versace si chiude un’epoca e che nessuno saprà ricreare quel mix di Magna Grecia e rock and roll che lui era riuscito a inventare. L’alone glamour attorno alla moda che porta il suo nome non è però finito. L’ultima canzone di Bruno Mars racconta di un uomo che spoglia una donna, lui abbassa la lampo sulla schiena di lei, l’abito cade ai loro piedi. La canzone si intitola Versace on the Floor.