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 2017  luglio 22 Sabato calendario

Brunori Sas: aiuto, il successo mi dà l’ansia

Ma l’hai capito che non serve a niente/ Mostrarti sorridente/ Agli occhi della gente/ E che il dolore serve/ Proprio come serve la felicità”. Dario Brunori in arte Brunori Sas è così: un po’ filosofo, un po’ psicologo, un filo guru... E proprio così intercetta perfettamente lo spirito del tempo: la canzone in questione (La verità) si è aggiudicata il premio Tenco 2017 come migliore dell’anno, il suo album A casa tutto bene va benissimo e il tour è sold out.

Nel disco analizza le paure contemporanee, individuali e sociali. Le sue saranno un po’ passate, visto il gradimento riscosso.

Sono riuscito a esorcizzare quelle che avevo prima, ne sono nate di nuove.
Tipo?
La nikefobia, termine che ho scoperto di recente. Immaginavo alludesse al terrore di indossare abbigliamento sportivo imbarazzante (scherza), invece è legata a quegli sportivi brillanti in allenamento che però in gara non rendono, spaventati dalla prospettiva di vincere. Nel mio timore della popolarità c’entra di sicuro: il successo alimenta aspettative e mi dà ansia.
Che fatica.
Sono perfezionista, cerco di dare il meglio fino a starci male, ci tengo alla considerazione altrui. Vorrei essere più “leggero”, ma è la tensione a farmi ottenere le cose che mi rendono contento. Un circolo vizioso. 
O virtuoso. Quindi è davvero convinto che il dolore serva come la felicità.
Sì. Non nel senso che ci sia bisogno di soffrire: a volte nella incessante ricerca di rimuovere la sofferenza ci si tormenta di più. Magari una sana accettazione di un momento duro può essere una rinascita.
Parla per esperienza?
Anche. A 30 anni, lasciata la Calabria, finita Economia e Commercio, stavo “bivaccando” a Roma, in vista di un domani che non arrivava mai in cui avrei inciso finalmente un disco... Mio padre aveva una ditta: mi permettevo l’adolescenza prolungata. Poi lo shock: papà è mancato all’improvviso. I miei fratelli più grandi non potevano dare una mano da subito: sono tornato in Calabria e mi sono trovato a vendere mattoni e cemento. Quello schiaffo mi ha stimolato: tamponata l’emergenza, quando loro sono venuti in azienda, ho deciso. “O adesso o mai più”, e mi sono buttato nella musica vincendo ogni apprensione.
Ancora una volta il tema della paura. Psicoanaliticamente, come si spiega che in lei ricorra spesso?
Non saprei, non sono mai andato in analisi. Preferisco altri percorsi.
Tipo?
La filosofia orientale. L’idea che tutto sia legato all’Ego e che emanciparsene porti la serenità. Se ho scelto questo mestiere, di sicuro c’è dietro un desiderio di attenzione, di riconoscimento. La sfida è non lasciarsene imprigionare.
In effetti il verso “il mondo non può crescere se non parto da me” sembra scritto dal monaco buddista Thich Nhat Hanh.
Mi sono avvicinato a quella prospettiva a 13-14 anni come parecchi grazie a Siddharta di Hermann Hesse. Fondamentale è stato Frammenti di un insegnamento sconosciuto di Petr Uspenskij su Gurdjieff. La Bhagavad Gita, Krishnamurti... Ho letto parecchio. Però non vorrei che la lista diventasse un appagamento del mio Ego per dirmi: ah, come sono spirituale! (ride)
Altro verso: “Canzoni che parlano d’amore, perché alla fine, dai, di che altro vuoi parlare?”. A dire il vero lei ne scrive pochissime.
Il mio è un condominio interiore e quel brano nasce come dialogo tra due parti di me.

A proposito: lei ha un amore?
Una storia che va avanti da poco, la stiamo coltivando, non vorrei fare passi avventati... (risata): sono 19 anni che sto con Simona, l’ho conosciuta all’università e da tempo è parte della band.
A settembre compirà 40 anni.
Non vedo l’ora! Finalmente raggiungo l’età che mi sono sempre sentito addosso. Non ho il mito della giovinezza, non tornerei mai indietro: ero uno col maglioncino e la camicia chiusa con il bottone. Un loser, un perdente. Inetto in qualsiasi sport, soprattutto nel calcio. Mi ha salvato la musica come chitarri_sta da falò in spiaggia. Che ha propiziato molte love story. Agli altri...