la Repubblica, 4 agosto 2017
Chiude il giornale che diede voce al silenzio di Plaza de Mayo
Nei sette tragici anni della dittatura militare di Jorge Videla in Argentina (1976-1983), le madri dei desaparecidos finivano tutte nello stesso posto, a calle San Juan 141, centro storico della capitale, parallela alla grande Avenida del 25 maggio. Li c’era la redazione di un giornale in lingua inglese, il Buenos Aires Herald, e un gruppo di una dozzina di giornalisti che gli dava retta. Gli unici. Le madri di Plaza de Mayo arrivavano lì dopo aver fatto il giro di tutte le redazioni di cronaca dei giornali argentini. Nessuno voleva denunciare i sospetti sui crimini che stavano commettendo i militari e i giornalisti, davanti al caso di un nuovo scomparso, dicevano sempre: «Andate dai quei matti degli inglesi, loro pubblicano tutto».
Ed era proprio così. Grazie alla lingua straniera nella quale era scritto il giornale, alla sua diffusione limitata, e a un direttore coraggioso, Robert Cox, il Buenos Aires Herald fu l’unico quotidiano in tutta l’Argentina a parlare dei militari che di notte, con le Ford Falcon, sequestravano gli oppositori entrando nelle loro case per portarli nei lager dai quali non sarebbero mai più tornati.
Videla e gli altri generali della giunta pensarono di chiuderlo molte volte ma non lo fecero mai perché l’editore dell’Herald era americano e loro volevano avere buone relazioni con gli Stati Uniti. Però il suo direttore ricevette molte minacce, fu vittima di un attentato e dovette, con la sua famiglia, rifugiarsi in esilio ma soltanto dopo essersi trasformato in un mito per tutti quelli che s’opponevano alla dittatura militare.
Il Buenos Aires Herald, che ha chiuso dopo 140 anni all’inizio di questa settimana, era stato fondato nel 1876 per la sempre più numerosa e importante comunità britannica di Buenos Aires. Ma divenne uno dei fogli più autorevoli della capitale proprio durante la dittatura e grazie alla tenacia nell’informare sui crimini delle Forze armate.
Ad un certo punto Cox preferì lasciare il Paese soprattutto per le minacce ricevute dalla sua famiglia. Incontrò Videla che gli disse amabile: «Gli altri giornalisti hanno capito la situazione, perché voi no?». Cox rispose al generale: «Se voi rapite la gente, il nostro dovere è informare che lo state facendo».
Nel 1979 Cox venne arrestato e decise di lasciare l’Argentina ma il giornale proseguì sulla sua linea grazie a un altro giornalista coraggioso, James Neilson. Oggi, a 84 anni, Bob Cox è stato rintracciato da El País: «Sono orgoglioso di quegli anni – ha detto -, ho fatto il mio dovere. Mi ero sempre domandato come avessero fatto i nazisti a uccidere milioni di ebrei senza che la società tedesca facesse nulla. Ed ebbi la risposta in Argentina, quando dirigevo il Buenos Aires Herald, perché la verità è che la gente comune non valeva sapere quello che stava succedendo se non era coinvolta direttamente». L’Herald è rimasto in vita finché la sua proprietà è stata straniera, anche grazie alla grande indipendenza che avevano i suoi direttori. Dieci anni fa venne acquistato da un imprenditore argentino vicino all’ex presidente Cristina Kirchner che intervenne anche sulla linea editoriale, decretando l’inizio della fine.