Corriere della Sera, 4 agosto 2017
Vittorio Emanuele e Hamer. «È responsabile della sua morte»
Forse quello di Dirk Hamer resterà un «delitto senza castigo», come ha denunciato la sorella Birgit Margot in un libro pubblicato con coraggio da Aliberti editore nel 2011, ma non è destinato a restare nella Storia senza un colpevole. Lo suggerisce la sentenza della Cassazione di Roma. Vittorio Emanuele di Savoia, nella notte tra il 17 e il 18 agosto del 1978, all’Isola di Cavallo, in Corsica, sparò con la sua carabina durante il tafferuglio sulle barche in rada che portò alla morte del giovane figlio dell’ex medico Ryke Geerd Hamer (sostenitore di una dottrina anti-cancro ispirata proprio al trauma della morte del figlio, considerata pericolosa dalla comunità scientifica: lui è scomparso il 2 luglio scorso).
L’assoluzione di Savoia, presso i tribunali francesi, in merito all’accusa di omicidio volontario, non può escludere altre responsabilità etiche o civili, anche per la confessione che il principe, intercettato nel carcere di Potenza, produsse, ricostruendo in maniera circostanziata la sua responsabilità nella tragedia che colpì la famiglia Hamer. È quello che ha stabilito ieri la Cassazione di Roma, confermando l’assoluzione dell’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro e di un collega dall’accusa di aver diffamato in un articolo del 2007 Vittorio Emanuele di Savoia.
Gli ermellini sostengono che gli accertamenti svolti dalla gendarmeria francese, la soluzione data al caso dalla Corte parigina e le intercettazioni effettuate nel carcere di Potenza nel 2006 (nel corso dell’indagine cosiddetta «Vallettopoli» del pm Woodcock, dove Savoia venne arrestato e poi assolto), costituiscono un compendio indiziario più che sufficiente «a suffragare l’opinione che Savoia sia stato assolto dal reato di omicidio volontario, ma non che sia stata esclusa ogni sua responsabilità nel tragico evento di cui egli porta, invece, un carico di responsabilità» sul piano civile ed etico.
All’isola di Cavallo, ricorda la Cassazione, furono esplosi, nel corso di un tafferuglio o litigio cui partecipò il Savoia, «al di fuori di ogni ipotesi di legittima difesa», colpi di pistola e di fucile, uno dei quali raggiunse Dirk Hamer. È stato «ritenuto pacifico che alcuni colpi furono esplosi dal Savoia, il quale fu condannato, in conseguenza, per detenzione e porto abusivo di una carabina». Una carabina da caccia, che poteva abbattere un elefante.
A legittimare una opinione critica verso il Savoia, collegandolo materialmente alla morte di Dirk Hamer, c’è poi l’intercettazione (pubblicata all’epoca dal Fatto quotidiano ) in cui si vantò di aver «fregato» la giustizia francese, grazie alla sua «batteria di avvocati», che lo fece assolvere dall’accusa di omicidio volontario: ma non è stato escluso l’omicidio colposo – sottolinea la Cassazione —, anche se Savoia ha portato avanti la tesi dell’estraneità al fatto, presentandosi a dibattimento e testimoniando sotto giuramento. Nell’intercettazione Savoia confessò di aver sparato più di un colpo di fucile con la sua carabina e che uno di essi raggiunse Dirk Hamer, dopo aver attraversato la carena dell’imbarcazione su cui si trovava il malcapitato. La rivendicazione della colpa fu accompagnata da una circostanziata conoscenza della dinamica della vicenda, conclude la Cassazione.
Ma non finiscono qui i conti con il fantasma di Dirk per l’80enne figlio di Umberto II. La procura di Roma ha infatti rinviato a giudizio Vittorio Emanuele di Savoia, a inizio 2017, contestandogli di aver falsamente accusato Birgit Margot Hamer di avere delle responsabilità della morte del fratello, pur sapendola, e chi meglio di lui?, innocente.