Libero, 2 agosto 2017
Alla Raggi i conti non tornano. Un altro assessore in uscita
L’Atac sta per fallire, un altro pezzo della giunta Raggi molla le deleghe, e il Comune alza le tariffe per i bus turistici. La giunta grillina di Roma pensa a tutto pur di fare cassa: aumento del prezzo dei permessi per la Ztl, varchi ovunque, creazione di una zona C del centro storico dove il blocco del traffico dovrebbe essere quasi totale, strisce blu più care di prima. Qualunque cosa pur di ripianare i debiti e consentire ad Atac di sopravvivere rimanendo azienda pubblica, come vorrebbe l’assessore ai trasporti Linda Meleo, anche passando attraverso un concordato preventivo, che dovrebbe essere discusso a breve dal Cda.
Ma la stangata dei bus turistici in arrivo da gennaio nella Città Eterna è una mossa a dir poco tafazziana (autolesionista), che dimostra tutta l’inesperienza dei nuovi inquilini del Campidoglio. Perché Roma vive di turismo in ogni stagione dell’anno, d’estate con i 40 gradi di questi giorni e d’inverno mai troppo rigido, si nutre e attinge dalle tasche di carovane di gente in visibilio di fronte al Colosseo o a Trinità dei Monti. Aumentare le tariffe per i torpedoni significa perdere turisti, affari, soldi. Infatti, i gestori delle ditte dei pullman hanno già lasciato intendere che se si concretizzerà il piano di rincari per accedere al centro storico, a settembre partirà il boicottaggio: «Siamo pronti a bloccare la città il primo giorno di scuola», annunciano. Al posto degli abbonamenti da 3mila euro l’anno si passerà a carnet fino a 300 ingressi, per cui le società che vogliono acquistare il pacchetto più corposo, quello appunto da 300 ticket per fare circolare il proprio bus quasi ogni giorno nella Capitale, si troveranno a sborsare 35mila euro a mezzo. E solo se è di ultima generazione, cioè Euro 6, perché se il veicolo è più vecchio, paga pure di più. Un salasso che raggiungerà la cifra di oltre 52mila euro per ogni pullman nel 2020.
La crisi dell’Atac ha innescato un altro terremoto all’interno della giunta. Dopo l’addio del Dg, Bruno Rota, ieri è stato l’assessore Andrea Mazzillo a lasciare le deleghe al Patrimonio. Si tratta di uno dei fedelissimi della sindaca entrato in giunta per riempire la fondamentale casella del Bilancio e delle Partecipate lasciata vacante dopo l’addio di Marcello Minenna. Mazzillo aveva coordinato la stesura del programma per Roma del M5S e la sindaca dichiarò di averlo scelto «non solo per le sue competenze, ma anche per affermare che il Movimento mette in campo i suoi più qualificanti militanti». Insomma, uno che era nelle grazie di Virginia e che adesso è prossimo allo strappo perché «ho appreso in chat che la Raggi cerca un mio sostituto». Mazzillo, offeso, ha lasciato le deleghe al Patrimonio, ma ha tenuto quella al Bilancio anche se il clima è talmente teso da lasciare presagire un suo addio. I malumori, del resto, erano in atto già da quando lo stesso assessore aveva lamentato la presenza di troppi uomini «inviati da Milano» nella squadra di governo della Capitale e nelle società partecipate. Mazzillo criticava i troppi «pendolari che vengono a Roma tre-quattro giorni a settimana». Un riferimento all’Dg Rota, ma anche all’assessore alle Partecipate, Massimo Colomban, vicino a Davide Casaleggio.
Da ieri sera il figlio del guru è a Roma per tentare di trovare una quadra ai nuovi guai del Campidoglio e oggi illustrerà alla Stampa Estera l’apertura ai non iscritti della piattaforma Rousseau. Ma è ancora sulla giunta che dovranno concentrarsi le sue attenzioni: incassata la nomina di Paolo Simioni a capo dell’Atac, adesso è il caso Mazzillo a fare traballare il Comune di Roma targato M5S. E l’opposizione, sia il Pd che il centrodestra, si prepara a dare la spallata.