Libero, 2 agosto 2017
Il nostro governo non conta niente
Buona parte delle Organizzazioni non governative non ha sottoscritto il codice approntato dal nostro governo per disciplinare, controllare e coadiuvare le operazioni di salvataggio dei migranti. C’era da aspettarselo, ma quello che impressiona è il piglio dei dirigenti delle Ong, la maggioranza dei quali neppure si è presentata all’appuntamento con il nostro esecutivo.
Malgrado si autodefiniscano «non governativi», questi signori trattano con il governo da pari a pari e rilasciano dichiarazioni alla stampa come fossero la presidenza del Consiglio. Ritengono inaccettabile la presenza sulle loro navi di militari italiani, tanto più se armati; argomentano che le regole sono un impiccio per le operazioni di salvataggio e i controlli intollerabili. Si ritengono dei santi in servizio per l’umanità. Nessuno di essi pare consapevole di aiutare con la propria opera la tratta di clandestini e nessuno si preoccupa della sorte di costoro una volta scaricati in Italia. E i nostri politici, anziché trattarli da semplici vettori che ci riempiono di disperati dei quali poi l’Italia, e non loro, si addossa la responsabilità, accogliendoli, nutrendoli, spesandoli, mantenendoli e istruendoli, stanno tutti ad augurarsi di ricucire.
Solo il ministro dell’Interno Minniti ha avuto la forza di mandare le Ong a quel Paese, dichiarando che «chi non sottoscrive i patti è fuori dal sistema».
Una frase che scalda il cuore, ma si tradurrà in realtà? Lo si capirà tra poco, quando vedremo se la Marina saprà respingere dalle acque territoriali italiane le imbarcazioni delle Ong che non hanno sottoscritto il codice o se almeno, dopo averle fatte approdare, le sequestrerà e non consentirà loro di riprendere il mare. Ce lo auguriamo, ma ne dubitiamo. Perché la vicenda ci ha dato la riprova della debolezza del nostro esecutivo, che se non riesce a imporsi alle Ong, cosa potrà mai di fronte a Macron e alla Francia o all’Unione Europea, che dei profughi non ne vogliono sapere?
I nostri politici ci hanno illuso che l’Italia appartenga a un consesso di nazioni solidali, una grande famiglia chiamata Europa ma hanno solo perso tempo. Lo hanno fatto per sfuggire alle loro responsabilità e mascherare le loro incapacità mentre i politici degli altri Paesi, francesi e tedeschi in particolare, consapevoli che l’Europa, euro a parte, non esiste, hanno continuato a farsi i fatti loro a nostre spese e a perseguire legittimamente il proprio interesse nazionale. D’altronde non c’è da stupirsi se gli altri ci considerano una pattumiera, visto che noi stessi ci siamo candidati al ruolo in cambio di qualche sconto sui parametri di Maastricht.
Incuranti di essere alla deriva peggio di un barcone di profughi, i nostri eroi questa settimana chiuderanno i battenti e se ne andranno in ferie, non prima di aver elargito, fra ieri e oggi, le consuete regalie di fine legislatura, un miliardo e mezzo al Mezzogiorno, aumento degli stanziamenti ai comuni che ospitano immigrati, aiuti a giovani, donne, anziani e bambini. Dedicheranno l’estate a concionare di politica e prospettive future. I più seri andranno al mare, almeno faranno qualcosa di utile a se stessi. A settembre sono attesi da un numero di esami di riparazione che neppure lo studente più asino... Ius soli, legge elettorale, legge sulla fine vita, legittima difesa, vitalizi e chi più ne ha più ne metta.
Oltre ovviamente allo smaltimento immigrati e alla manovra finanziaria, che con il debito pubblico in costante aumento e i fari dell’Europa in faccia dovrebbe essere la cosa più importante.
La previsione è facile: a settembre non si farà nulla o quasi. Passerà la legge anti-tortura per imprigionare i poliziotti anziché i ladri e qualche tassa in più giusto per non fallire. Renzi giocherà la campagna elettorale dicendo che l’Italia va male perché gli italiani non gli hanno dato la delega in bianco il 4 dicembre anziché riflettere sul perché non l’hanno fatto, Berlusconi prometterà la luna forte del fatto che si stava meglio quando si stava peggio, il che non è un gran grido di battaglia, Salvini tenterà a farsi votare al Sud, Bersani e compagni cercheranno tra ospizi e centri sociali qualche nostalgico del Novecento e Grillo proverà a convincerci che Di Maio è un premier e che con la Raggi M5S c’entra poco, e che anche la sindaca poi in fondo con Roma c’entra poco. Cosa che pensiamo pure noi ma per tutt’altri motivi.