la Repubblica, 3 agosto 2017
Kubica, scommessa vinta. «Di nuovo in F1, che gusto»
A distanza di sei anni dall’incidente che lo estromise dal campionato del 2011 (e che per poco non gli costò la vita) il pilota polacco, probabimente il più talentuoso della sua generazione – la stessa di Alonso – e certamente tra i più intelligenti, è tornato ieri mattina a guidare una monoposto in una sessione ufficiale.
L’incidente avvenne il 6 febbraio del 2011, durante il rally Ronde di Andora, in provincia di Savona. Ricoverato in fin di vita all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, Kubica fu sottoposto a un intervento di sette ore: l’inizio di un percorso lungo e accidentato durante il quale i medici sono riusciti salvargli la gamba destra e, parzialmente, il braccio destro.
Nel 2014, a sorpresa, il pilota ha annunciato la sua partecipazione al mondiale rally, e con una Citroen adattata alle sue nuove condizioni fisiche ha vinto il titolo mondiale di Wrc-2. Ma il rally non poteva bastargli, non a una persona con la sua determinazione e la sua passione per le corse (a 14 anni, da solo in Italia, dormiva in un’officina per correre con i kart) e così ha continuto a lavorare per poter tornare ad avere un’occasione in Formula 1.
Occasione che finalmente è arrivata. Ieri, con la Renault. «Questa – ha detto Kubica appena sceso dall’abitacolo – non è stata una giornata facile. Ma è stata una lezione di guida e, soprattutto, di vita». Che per lui sono cosa unica. Per capirci: la scommessa è quella di guidare una F1 con una mano sola alla pari con i migliori piloti del mondo. Ieri lo ha fatto per 140 giri, praticamente due volte la distanza coperta da Vettel domenica scorsa, e facendo segnare anche il quarto miglior tempo di giornata. Il tutto con 40 gradi di temperatura. «Rispetto a quando gareggiavo, non c’è niente di uguale ad eccezione del volante. Anzi, neanche quello».
Ora, il futuro: i tifosi – quasi diecimila arrivati dalla Polonia – lo rivogliono a bordo di una monoposto, magari proprio in Renault al posto dello scarso Palmer. «L’unico progetto che ho per il momento è quello di tornare a casa dopo i test di domani». Conoscendolo si può star certi che non tornerà mai per fare «il fenomeno da baraccone» ma solo nel caso in cui fosse «certo di essere alla pari con gli altri».
In attesa di capire meglio cosa gli riserva il futuro, resta la lezione di vita: «Negli ultimi sei anni ho attraversato diversi periodi delicati. Alla fine, la chance che ho avuto oggi mi ha insegnato che tutto può succedere: negli ultimi quattro mesi sono accadute tante cose, ho migliorato molto e sono andato avanti con la preparazione fisica come mai avevo fatto prima. Per il resto vedremo cosa accadrà».