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 2017  agosto 03 Giovedì calendario

Un asse a tre che si spezza e dà l’ultimo colpo a un sistema troppo fermo

Come Repubblica ha scritto ieri, vi sono vari indizi che suggeriscono la prossima fine dei legami azionari fra Unicredit, Mediobanca e Generali. Se questi legami verranno sciolti entro la fine del decennio in corso, sarà cancellata quella stagione di riassetti proprietari e di consolidamenti bancari che aveva segnato, in Italia, il periodo 1994-2007 e che aveva prodotto gruppi bancari privati con alta redditività ma con organizzazione distorta. Dopo aver a lungo assicurato equilibri concertati fra il sistema delle partecipazioni statali e il gracile capitalismo privato, l’asse fra Mediobanca, le nostre maggiori banche commerciali e il solo intermediario finanziario italiano di respiro internazionale aveva infatti favorito, nel corso degli anni Novanta, il realizzarsi di massicce dismissioni pubbliche e l’affermarsi di una fitta trama di intrecci proprietari fra i primi dieci gruppi bancari nazionali. Tali intrecci, presidiati – oltre che dalla stessa Mediobanca – da cinque o sei grandi fondazioni bancarie e da un esiguo nucleo di leader finanziari europei, avevano prodotto un settore bancario così stabile e protetto da acquisire il quasi-monopolio nella gestione della ricchezza finanziaria delle famiglie e nel finanziamento delle imprese industriali italiane.
Nei primi anni del Duemila, questa situazione protetta aveva dilatato la redditività delle tipiche attività tradizionali del nostro settore finanziario, aveva consentito la creazione di due gruppi bancari italiani con vocazione e/o dimensione europea e aveva indotto il salto dimensionale di varie banche a proprietà cooperativa (banche popolari). La crisi finanziaria internazionale del 2007-’09 e le successive crisi dell’euro-area hanno però fatto emergere che il quasi- monopolio bancario aveva anche prodotto gravi distorsioni negli investimenti finanziari delle famiglie (un eccesso di obbligazioni bancarie), nella selezione delle imprese da finanziarie e nell’organizzazione e governance delle stesse banche. La proliferazione degli sportelli tradizionali, le altre fragilità dell’offerta e l’abnorme ammontare di crediti problematici, che tuttora condizionano il settore bancario italiano, sono anche il frutto di intrecci proprietari che hanno incentivato la autoreferenzialità del management e i rapporti clientelari. Per giunta, la presa proprietaria di Mediobanca su Generali ha accentuato la passività della nostra maggiore compagnia assicurativa, ormai in posizione marginale rispetto ai suoi passati concorrenti (Allianz e Axa).
Il lascito delle recenti crisi internazionali ed europee e la connessa evoluzione della vigilanza e della regolamentazione dei mercati finanziari, avviata nella zona euro e nell’Unione europea dal 2012, implicano che i settori italiani delle banche e delle assicurazioni potranno superare le loro attuali debolezze solo se cambieranno il loro modello di organizzazione e di governance.
È quindi necessario che l’assetto proprietario di tali settori non rimanga imprigionato nei passati intrecci proprietari. I gravi problemi bancari e le conseguenti ristrutturazioni e ricapitalizzazioni, che hanno segnato l’Italia dalla metà del 2014, hanno già eliminato gran parte della vecchia trama, condannando le fondazioni di origine bancaria a un irreversibile declino e obbligando Unicredit e Mediobanca a modificare le loro strategie e posizioni di mercato. La fine dell’asse Unicredit-Mediobanca- Generali sarebbe la logica conseguenza di questi cambiamenti e cancellerebbe quasi tutti gli intrecci residui. Pur aprendo gli assetti proprietari del settore finanziario italiano alla concorrenza, il superamento degli intrecci azionari non è però risolutivo. Data la debolezza degli investitori istituzionali italiani, i nostri gruppi bancari di grandi e medie dimensioni dovranno soddisfare standard di efficienza e di redditività adeguate per attirare investitori europei e internazionali. Per soddisfare tali standard, non basterà riprodurre la specializzazione tradizionale vigente prima del 2007-’08 o affidarsi a un settore finanziario ormai maturo qual è il risparmio gestito. Si tratta, invece, di modificare i modelli di attività bancaria entrando in nuovi segmenti dei mercati finanziari della zona euro e perseguendo le opportunità offerte dal nuovo processo europeo di Capital markets union.