Corriere della Sera, 3 agosto 2017
L’affare del secolo. Neymar saluta il Barca e va al Psg, un kolossal da 550 milioni di euro
Ora che è successo davvero, ora che Neymar al Psg per la mostruosità di 222 milioni di petroldollari («e li vogliamo tutti» ha digrignato il presidente del Barça, Bartomeu) non è più una sparata agostana dei giornali ma il colpo del secolo, e soprattutto in attesa di capire come e quanto questa immensa massa di quattrini sconvolgerà forse per sempre il mercato mondiale del pallone, la domanda è: perché? Perché nel pieno della maturità professionale Neymar abbandona il Barcellona – otto trofei alzati in quattro stagioni – rinunciando alla prospettiva di diventare presto l’erede unico di Messi per accettare invece le insidie dei progetti di un club ricchissimo ma fin qui perdente?
I 30 milioni annui rispetto ai 16 attuali c’entrano, chiaro, così come i 40 che il suo formidabile babbo incasserà come cadeau per la mediazione e la promessa di diventare il rimborsatissimo testimonial dei Mondiali di Qatar 2020, ma non spiegano tutto. La vera chiave, secondo spifferi che in queste ore filtrano sempre più rumorosi dal suo ormai ex spogliatoio, sarebbe piuttosto il Pallone d’oro, il sogno di ogni giocatore che però per i sudamericani arriva a diventare un’ossessione. Ronaldo (1997, 2002), Rivaldo (1999), Ronaldinho (2005), Kakà (2007): i brasiliani sono per ora quattro e lui vuol essere il quinto. Laggiù non è un trofeo individuale, è di tutti.
Non a caso c’è chi fa notare come la situazione sia precipitata a due mesi di distanza dal rinnovo di Messi fino al 2021. Il quale, ieri, un paio d’ore dopo che il brasiliano era uscito per l’ultima volta dalla Ciutat Esportiva dopo essersi accomiatato dai compagni, su Instagram lo ha salutato così: «È stato un piacere, amico, in bocca al lupo». Risposta: «Grazie fratello, mi mancherai». Sono amici, sì, ma O Ney ha cinque anni in meno – 25 contro 30 – e sa benissimo che l’ombra di Leo rischia di oscurarlo per sempre: non puoi vincere il Pallone d’oro se non sei nemmeno il migliore della squadra, meglio quindi essere il primo altrove. A Parigi appunto. E per di più, ben retribuito. «Entro giovedì il Psg pagherà la clausola e per venerdì annuncerà l’acquisto» ha detto Wagner Ribeiro, agente che assiste il ragazzo insieme al padre.
Resta ora da vedere come questo fiume di denaro travolgerà il mercato. Il primo effetto è scontato, roba da primo esame di economia politica: i venditori ritoccano le quotazioni, per la legge del «più ne hai più te ne chiedo». Scenario: i prezzi s’impennano, s’allarga il baratro fra ricchissimi e non, si diffondono (ulteriormente) le perplessità in materia di fair play finanziario. Mentre la Liga ribadisce che non intende accettare il pagamento della clausola («è doping contabile») ieri l’Uefa ha emesso una nota in cui afferma che vigilerà aggiungendo però che «l’impatto di una simile operazione non può essere giudicato in anticipo perché il Psg potrebbe vendere diversi giocatori per somme importanti».
Al di là delle alchimie contabili, gli effetti di questo affare da oltre 550 milioni complessivi fra clausola, ingaggio e tasse sono già visibili: il Liverpool per Coutinho chiedeva al Barcellona 80 e ora salirà a 90-100, la Juve potrebbe arrivare a valutare Dybala 140, quotazione che se accettata sarebbe davvero difficile da rifiutare da parte del club bianconero. Messi, che qualche voce in capitolo ce l’ha, insiste per l’amico Di Maria del Psg ma dopo la vicenda Neymar sarà dura che parigini e catalani tornino a fare affari presto. Ci sarebbe anche Griezmann ma l’allenatore Valverde lo considera troppo contropiedista, mentre chiederà a Bartomeu di tornare alla carica per Verratti, ma vale il discorso di Di Maria. Insomma: tsunami, effetto domino, ognuno si scelga l’immagine che preferisce. Resta l’affare del secolo. Almeno fino al prossimo.